Dopo i primi annunci della signorina, la gente nei bar o davanti alle vetrine dei negozi di elettrodomestici si toglieva il cappello e rispondeva: “Buonasera a lei”. Durò poco, giusto il tempo di capire che il primo volto della tv, Nicoletta Orsomando, non poteva sentirci. Sguardo sereno, dizione perfetta, tono gentile e deciso, la prima signorina buonasera, recentemente scomparsa, fu selezionata tra molte, nel dicembre del 1953, perché si faceva capire, non ammiccava e pronunciava correttamente i nomi stranieri. Vestivamo bene dalla cintola in su, raccontò in un’intervista, “tanto le gambe per contratto non venivano riprese”, e il bianco e nero aiutava a usare la stessa camicia più volte. Inforcare gli occhiali per leggere il palinsesto e poi toglierli per guardare in camera sembrò un vezzo che fece dire a Enzo Biagi: “È il mio strip-tease preferito”. Era solo presbiopia. Nel 1979, conversando con una giornalista, si definì femminista, in una “Rai che l’emancipazione l’accompagna”, ma figurarsi se l’anticipa. Commentando la nuova tv, quella on demand, il contrario esatto della programmazione annunciata, disse “tanta offerta spegnerà il desiderio”. Desiderio che Orsomando, vestale dello schermo, come l’ha definita Pippo Baudo, accendeva con un sorriso trattenuto, stile Monna Lisa, che a rivederlo oggi, ai nostri occhi cinici, sembra dire allo spettatore annoiato: “Questa è la tv, ma se la spegni non mi offendo”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati