C’era da aspettarselo: in Israele la retorica ha assunto toni neonazisti. È caduta ogni barriera ed è stato legittimato lo spargimento di sangue. Sul canale televisivo Channel 14 il parlamentare Moshe Saada del Likud (il partito di destra del premier Benjamin Netanyahu) si è detto “interessato” ad affamare un’intera nazione. “Sì, farò morire di fame gli abitanti di Gaza, è nostro dovere”. Un cantante piuttosto famoso, Kobi Peretz, è convinto che sia stato “ordinato” di annientare gli Amaleciti, come veniva chiamata nella bibbia ebraica la popolazione nemica degli israeliti. “Non mi fa pena nessun civile a Gaza, giovane o anziano. Non provo nemmeno un briciolo di pietà”, diceva Peretz sulla prima pagina dell’edizione del fine settimana del quotidiano Yedioth Ahronoth.
Saada e Peretz sono solo due pesci piccoli, ma lo stagno è pieno di affermazioni di questo tenore e c’è qualcuno interessato a metterle in evidenza per accontentare le masse. Se in Europa un personaggio pubblico pronunciasse frasi di questo tipo sarebbe definito neonazista. La sua carriera finirebbe. In Israele dichiarazioni simili servono a vendere giornali.
Quelli che erano insulti da social media sono diventati discorsi sui mezzi d’informazione, e viene da chiedersi se c’è ancora qualcuno contrario allo sterminio di massa
Bisognerebbe chiamare questo fenomeno con il suo nome: incitamento al genocidio. Va dato atto a Saada e Peretz di aver gettato la maschera. Quelli che un tempo erano insulti da social media sono diventati discorsi normali sui mezzi d’informazione tradizionali, e questo spinge a chiedersi se c’è ancora qualcuno contrario allo sterminio di massa.
Saada e Peretz sono a favore dello sterminio di massa, mentre altri difendono solo la strategia di “ostacolare gli aiuti umanitari”, che è la stessa cosa, ma con parole più raffinate. È la stessa crudeltà, solo espressa in una forma più educata. La stesso mostruosità, ma aderente a una forma più corretta.
È vero che è importante sottolineare le tendenze neofasciste che si stanno diffondendo in tutta la società e strappare via la maschera, ma lo svelamento dà a questi discorsi illegittimi una normalità che fino a non molto tempo fa ancora non avevano. D’ora in avanti si dovrebbe dire: uccidi. Secondo Saada e Peretz è addirittura un comandamento. Resta solo da chiedersi chi dovrebbe essere ucciso e chi invece risparmiato.
Lentamente, ma inesorabilmente, i danni provocati dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 stanno venendo alla luce. Al di là delle tragedie personali e nazionali, l’attacco ha sovvertito la società israeliana. Ha distrutto, forse per sempre, qualsiasi traccia di pace e umanità, legittimando la barbarie come un nobile comandamento.
Concetti come “permesso” o “vietato” non hanno più senso quando si parla della crudeltà di Israele verso i palestinesi. È permesso uccidere decine di detenuti e lasciar morire di fame un intero popolo. Un tempo ci vergognavamo di azioni simili, adesso la perdita del senso di vergogna sta smantellando qualsiasi barriera residua.
Forse la cosa peggiore di tutte è il pensiero che un organo di stampa cinico e populista come Yedioth Ahronoth, definito “il giornale del paese”, sempre in sintonia con i lettori, abbia un tornaconto nel dare spazio a questi discorsi genocidi. Gli editori sanno che il genocidio messo in copertina non solo lo legittima, ma fa piacere al pubblico.
Il cantante Eyal Golan potrebbe essere ostracizzato per la sua condotta sessuale inappropriata, ma chi metterà al bando Kobi Peretz il jihadista? Dopo tutto, ha ragione lui. “Hanno mutilato i nostri fratelli e i nostri figli”, ha detto. Ora tocca a noi israeliani mutilare.
E non sono solo Yedioth Ahronoth e Channel 14. I discorsi d’odio si sono diffusi in tutti gli studi televisivi. Ex colonnelli, ex componenti dell’apparato della difesa partecipano a dibattiti e invocano il genocidio senza battere ciglio.
Quando un giorno gli storici cercheranno di capire cosa è successo in Israele in questi anni, troveranno quelle voci, le voci del popolo.
Questa legittimazione finirà in un mare di lacrime, le lacrime degli stessi giornali che oggi danno spazio a questi discorsi mostruosi. Provate a chiedere cosa pensa della libertà di stampa chi vuole affamare due milioni di persone, chi pensa che un bambino di quattro anni merita di morire e che una persona disabile in sedia a rotelle può essere ridotta alla fame senza problemi, e scoprirete che chi ha idee simili difende allo stesso tempo la chiusura della maggior parte dei giornali e il bavaglio ai mezzi d’informazione.
Questa tendenza a compiacere l’estrema destra diventerà un boomerang per colpire i mezzi di comunicazione che l’hanno assecondato. Peretz, Saada e persone simili non vogliono solo sangue arabo. Vogliono anche metterci tutti a tacere. ◆ gim
Questo articolo è uscito sul quotidiano israeliano Haaretz.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati