La leggo da più di vent’anni, da prima che leggessi tanti poeti il cui astro nel frattempo è sorto e poi tramontato; da prima ancora che cominciassi a scrivere poesie. Forse è per questo che oggi provo tanta commozione e tanto entusiasmo alla notizia che la poeta statunitense Louise Glück, 77 anni, ha vinto il premio Nobel per la letteratura.
Penso però che ci sia anche dell’altro. Le dodici raccolte (e due chapbook, libretti) di poesie pubblicate fino a oggi da Glück presentano un’enorme varietà di stili e tematiche: nei primi libri, come Firstborn (Primogenito, un titolo quantomai adatto), del 1968, e la rivoluzionaria raccolta The house on marshland (1975), dominavano le storie domestiche e familiari, ma la scrittura diventa affabulatoria e sempre più filosofica nei suoi lavori più recenti, come Averno (2006), dal nome dell’ingresso agli inferi nella cultura classica, e l’ultima raccolta, Faithful and virtuous night (2014).
Il dono della chiarezza
Tutte queste opere hanno tuttavia un nucleo comune di calma e lucida attenzione. Leggi un passaggio di Louise Glück e pensi: “Ah, sì, certo, è proprio così”. Glück ha lo straordinario talento letterario di rendere chiaro ciò che, fuori dal mondo della sua poesia, è molto complesso.
Ecco un esempio, nella poesia in dieci strofe Ripe peach, sul sopraggiungere della mezza età:
a peach in a wicker basket.
There was a bowl of fruit.
Fifty years. Such a long walk
from the door to the table.
(C’era / una pesca in un cesto di vimini. / C’era una ciotola di frutta. / Cinquant’anni. Che lunga passeggiata / dalla porta al tavolo). Versi nel classico stile di Glück, che distillano tempo, bellezza e ambivalenza emotiva in un singolo gesto rivelatore. Solo l’allusione letteraria tradisce la complessità che si cela dietro l’apparente disinvoltura: nessun poeta può ignorare in questi versi l’eco di “L’amore mi diede il benvenuto…” di George Herbert, anche se non serve che il lettore lo conosca perché la poesia funzioni. Un singolo gesto che è inclusivo, non esclusivo. Attraversando decenni di poesia angloamericana che oscilla tra gli eccessi dei riferimenti intellettuali e la confessione autobiografica delle proprie disgrazie, Louise Glück ha continuato a scrivere una poesia che è accessibile pur essendo sofisticatissima.
Ripe peach è stata pubblicata in The seven ages (2001), un libro che ho sempre amato moltissimo. In Come vi piace Shakespeare affida alle famose sette età di Jacques il compito di raccontare la storia della vita di un uomo; con tocco altrettanto leggero Glück confida nel fatto che l’esperienza di una donna possa fungere da modello. Così è di fatto riuscita, senza polemiche, ad assicurare a diverse generazioni di donne che le loro vite sono reali, oltre a essere una possente misura dell’umano tanto quanto lo sono quelle di qualsiasi uomo. Ha indicato con chiarezza una via attraverso il canone a chiunque si senta esclusa da quella norma, maschile e bianca, che a questo punto avremmo dovuto smettere di contestare.
Descending figure (1980) svela in parte come questo possa avvenire, per esempio nella poesia Portrait:
A child draws the outline of a body.
She draws what she can, but it is white all
she cannot fill in what she knows is there.
Within the unsupported line, she knows
that life is missing…
(Una bambina disegna la sagoma di un corpo. / Disegna quello che può, ma dappertutto è bianco, / non riesce a riempire ciò che sa essere lì. / Nel tratto privo di sostegno, sa / che a mancare è la vita…).Ritroviamo questa prova di discreto ma tenacissimo riadattamento all’esperienza vissuta in tutta l’opera di Glück. The house on marshland dà il via all’opera poetica di una vita, volta a svelare quanto straordinaria sia la vita quotidiana. Comincia così: “Even now this landscape is assembling. / The hills darken. The oxen / sleep” (Perfino adesso questo paesaggio si va componendo. / Le colline si fanno buie. I buoi / dormono). Non c’è niente di passivo, ma la sensazione che stia per succedere qualcosa:
and the seeds
distinct, gold, calling
Come here, little one
And the soul creeps out of the tree.
(e i semi / distinti, dorati, chiamano / _Vieni / Vieni, piccola. / _E l’anima striscia fuori dall’albero).
Al servizio della società
Se nella sua seconda raccolta scriveva una poesia come questa, non c’è da stupirsi che a Glück siamo stati tributati i più alti onori letterari negli Stati Uniti, a partire da due borse di studio Guggenheim. The triumph of Achilles (1985), il suo quarto libro spietato e pieno di dolore, ha vinto il premio del National book critics circle: “The city rose in a kind of splendour / as all that is wild comes to the surface” (La città sorse in una sorta di splendore / mentre tutto ciò che è selvaggio affiora in superficie), profetizzava. Glück ha continuato, e continua ancora, ad affiorare. Nel 1993 The wild iris (L’iris selvatico nella traduzione italiana), ha vinto un premio Pulitzer. Nel 1999 ha ricevuto un premio Lannan; nel 2001 il premio Bollingen; nel 2003 è diventata poeta laureata degli Stati Uniti. E quest’anno, oltre al Nobel, ha ricevuto il premio Tranströmer, assegnato in memoria del poeta svedese Tomas Tranströmer, l’ultimo poeta ad aver ricevuto un premio Nobel, nel 2011.
Naturalmente non è diventata famosa in Svezia all’improvviso. Glück condivide con Tranströmer una visione compassionevole e globale della conoscenza e del destino umani. Gran parte di ciò che alimenta il suo lavoro è approfondito in due raccolte di saggi, Proofs and theories (1994) e American originality (2017). “L’esperienza fondamentale della scrittrice è l’impotenza”, scrive in Education of a poet. La sua vita “è onorata, a mio parere, dal desiderio ardente, non rasserenata dalla sensazione di avercela fatta. Nel lavoro reale, una disciplina, un servizio”. Nonostante l’eccellenza, l’intelligenza vivace e la bellezza, la poesia di Glück non ha mai perso la capacità di porsi al servizio della società, o del lettore. ◆ gim
There was a peach in a wicker basket. There was a bowl of fruit. Fifty years. Such a long walk from the door to the table. (C’era / una pesca in un cesto di vimini. / C’era una ciotola di frutta. / Cinquant’anni. Che lunga passeggiata / dalla porta al tavolo). Versi nel classico stile di Glück, che distillano tempo, bellezza e ambivalenza emotiva in un singolo gesto rivelatore. Solo l’allusione letteraria tradisce la complessità che si cela dietro l’apparente disinvoltura: nessun poeta può ignorare in questi versi l’eco di “L’amore mi diede il benvenuto…” di George Herbert, anche se non serve che il lettore lo conosca perché la poesia funzioni. Un singolo gesto che è inclusivo, non esclusivo. Attraversando decenni di poesia angloamericana che oscilla tra gli eccessi dei riferimenti intellettuali e la confessione autobiografica delle proprie disgrazie, Louise Glück ha continuato a scrivere una poesia che è accessibile pur essendo sofisticatissima. Ripe peach è stata pubblicata in The seven ages (2001), un libro che ho sempre amato moltissimo. In Come vi piace Shakespeare affida alle famose sette età di Jacques il compito di raccontare la storia della vita di un uomo; con tocco altrettanto leggero Glück confida nel fatto che l’esperienza di una donna possa fungere da modello. Così è di fatto riuscita, senza polemiche, ad assicurare a diverse generazioni di donne che le loro vite sono reali, oltre a essere una possente misura dell’umano tanto quanto lo sono quelle di qualsiasi uomo. Ha indicato con chiarezza una via attraverso il canone a chiunque si senta esclusa da quella norma, maschile e bianca, che a questo punto avremmo dovuto smettere di contestare. Descending figure (1980) svela in parte come questo possa avvenire, per esempio nella poesia Portrait: A child draws the outline of a body. She draws what she can, but it is white all [through, she cannot fill in what she knows is there. Within the unsupported line, she knows that life is missing… (Una bambina disegna la sagoma di un corpo. / Disegna quello che può, ma dappertutto è bianco, / non riesce a riempire ciò che sa essere lì. / Nel tratto privo di sostegno, sa / che a mancare è la vita…).Ritroviamo questa prova di discreto ma tenacissimo riadattamento all’esperienza vissuta in tutta l’opera di Glück. The house on marshland dà il via all’opera poetica di una vita, volta a svelare quanto straordinaria sia la vita quotidiana. Comincia così: “Even now this landscape is assembling. / The hills darken. The oxen / sleep” (Perfino adesso questo paesaggio si va componendo. / Le colline si fanno buie. I buoi / dormono). Non c’è niente di passivo, ma la sensazione che stia per succedere qualcosa: and the seeds distinct, gold, calling Come here Come here, little one And the soul creeps out of the tree. (e i semi / distinti, dorati, chiamano / Vieni / Vieni, piccola. / E l’anima striscia fuori dall’albero). Al servizio della società Se nella sua seconda raccolta scriveva una poesia come questa, non c’è da stupirsi che a Glück siamo stati tributati i più alti onori letterari negli Stati Uniti, a partire da due borse di studio Guggenheim. The triumph of Achilles (1985), il suo quarto libro spietato e pieno di dolore, ha vinto il premio del National book critics circle: “The city rose in a kind of splendour / as all that is wild comes to the surface” (La città sorse in una sorta di splendore / mentre tutto ciò che è selvaggio affiora in superficie), profetizzava. Glück ha continuato, e continua ancora, ad affiorare. Nel 1993 The wild iris (L’iris selvatico nella traduzione italiana), ha vinto un premio Pulitzer. Nel 1999 ha ricevuto un premio Lannan; nel 2001 il premio Bollingen; nel 2003 è diventata poeta laureata degli Stati Uniti. E quest’anno, oltre al Nobel, ha ricevuto il premio Tranströmer, assegnato in memoria del poeta svedese Tomas Tranströmer, l’ultimo poeta ad aver ricevuto un premio Nobel, nel 2011. Naturalmente non è diventata famosa in Svezia all’improvviso. Glück condivide con Tranströmer una visione compassionevole e globale della conoscenza e del destino umani. Gran parte di ciò che alimenta il suo lavoro è approfondito in due raccolte di saggi, Proofs and theories (1994) e American originality (2017). “L’esperienza fondamentale della scrittrice è l’impotenza”, scrive in Education of a poet. La sua vita “è onorata, a mio parere, dal desiderio ardente, non rasserenata dalla sensazione di avercela fatta. Nel lavoro reale, una disciplina, un servizio”. Nonostante l’eccellenza, l’intelligenza vivace e la bellezza, la poesia di Glück non ha mai perso la capacità di porsi al servizio della società, o del lettore. ◆ gim
**Fiona Sampson **è una poeta britannica. In Italia è stata pubblicata la sua biografia di Mary Shelley, _La ragazza che scrisse Frankenstein _ (Utet 2018).
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1380 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati