Esercizio mattutino (evitare di farlo la sera, se no non si dorme). Si richiamino alla mente le date di nascita di figli e nipoti. Si aggiungano ottanta anni a quelle date, inutile abbondare. Dopodiché si prendano in prestito i loro occhi, si scivoli dentro le loro teste, si guardi alle loro vite future su questo pianeta con tutto l’affetto di cui si è capaci. Be’, l’esperienza è terribile. Su di loro si abbatterà molto ma molto più che le piaghe d’Egitto. Non è questione di debito pubblico o lavoro. Essi vedranno l’estinzione delle più svariate forme di vita, il pianeta brucerà, si sommeranno carestie a inondazioni, guerre di estrema ferocia a migrazioni incontenibili; senza dire che il virus odierno sarà una bazzecola al confronto con quelli che arriveranno. E non si tratterà di una serie televisiva ben fatta con personaggi ben interpretati. A vedere ogni possibile orrore sarà proprio, in carne e ossa, che so, mia nipote, nata nel 2017. E non lo posso sopportare. Anche perché, durante l’esercizio di immaginazione, è vietato aggrapparsi a un “forse”, bisogna pensare che succederà di certo. Solo dopo è permesso premettere a “certo” un “quasi”, ma per potersi tirare su e far esplodere una rabbia attiva contro chiunque, in alto e in basso, minimizzi i guasti che abbiamo fatto al pianeta e il disastro che incombe.

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Questo articolo è uscito sul numero 1400 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati