Lo sceneggiatore David Scarpa si sorprende ogni volta che torna negli studios di Hollywood. “Prima, si vedevano molte persone in giro, tutte molto indaffarate”, ricorda. “Gli studios erano come delle piccole città. Ora capita spesso di passeggiare senza incontrare nessuno. Si sente l’assenza di vita”.
Com’è già successo ai gloriosi stabilimenti del midwest, oggi le fabbriche dei sogni della California del sud vivono una fase di declino. Il 2024 è stato l’anno peggiore degli ultimi trenta per le riprese a Los Angeles, fatta eccezione per il 2020, segnato dalla pandemia. Di tutti i film e le serie tv che appassionano il pubblico nordamericano, attualmente solo un quinto è realizzato in California.
Il motivo è semplice. Hollywood deve affrontare la concorrenza agguerrita di rivali statunitensi, come Atlanta e New York, e internazionali come Australia, Regno Unito e Canada, capaci di offrire incentivi finanziari migliori. I politici della California sono accusati di essersi adagiati sugli allori per troppo tempo.
**Incentivi fiscali **
Donald Trump ha un piano, ma molti sono convinti che non sarà più efficace di quanto lo siano i famigerati dazi per la rust belt, antico cuore dell’industria pesante statunitense. Il presidente ha nominato tre attori – Mel Gibson, Sylvester Stallone e Jon Voight, 233 anni in tutto – “ambasciatori speciali”, incaricati di salvare il settore. Nel frattempo i sostenitori dell’industria cinematografica fanno pressione sul governo della California affinché introduca nuovi incentivi fiscali.
“L’amministrazione statale e quella comunale devono affrontare il tema delle agevolazioni fiscali”, aggiunge Scarpa. “In un certo senso è diventata una corsa agli armamenti: Los Angeles riuscirà a competere con l’Europa dell’est? Qui abbiamo i migliori professionisti, ma spesso i produttori cercano solo i prezzi più convenienti. Se Los Angeles vuole continuare a essere un centro nevralgico della produzione è indispensabile pensare a incentivi fiscali adeguati”.
Hollywood è sinonimo di cinema da più di un secolo e in generale la California continua a vivere un boom economico. Secondo recenti dati del Fondo monetario internazionale, il pil nominale dello stato ha raggiunto i 4.100 miliardi di dollari, superando i 4.020 miliardi del Giappone e posizionando la California al quarto posto nella classifica delle più grandi economie del pianeta, alle spalle di Stati Uniti, Cina e Germania.
Eppure, mentre i giganti della Silicon valley crescono senza sosta, Hollywood è alle prese con una crisi esistenziale. Secondo la FilmLA, organizzazione non profit che gestisce i permessi per le riprese in città e nella contea, il primo trimestre del 2025 ha fatto registrare un calo in tutte le categorie di produzione.
Nello stesso arco di tempo i giorni di riprese sono diminuiti del 22 per cento, mentre gli episodi pilota delle nuove serie tv sono stati solo tredici, record negativo nel periodo di attività della FilmLA. Nel 2024 il tasso di uso medio degli studi è stato del 63 per cento, in calo rispetto al 69 per cento del 2023. Secondo The Hollywood Reporter, il numero di giorni prenotati negli studi specializzati nella registrazione delle colonne sonore è passato da 127 nel 2022 ad appena 11 quest’anno.
La crisi colpisce tutti i tecnici che dipendono dalle produzioni, come macchinisti, elettricisti, falegnami, scenografi, fonici, costumisti e truccatori. Se le cose non miglioreranno, questi lavoratori potrebbero portare il loro talento altrove, innescando una spirale mortale per l’intero ecosistema cinematografico.
La fuga da Hollywood ha prodotto paragoni con Detroit, la motor city che con la crisi dell’industria automobilistica ha subìto un tracollo vertiginoso.
“Non penso che siamo oltre il punto di non ritorno”, spiega Philip Sokoloski, vicepresidente delle comunicazioni integrate della FilmLA. “Ma il caso di Detroit offre effettivamente un esempio di cosa succede quando non si fa abbastanza per mantenere la propria posizione dominante. La California e Los Angeles hanno conservato la leadership nel settore cinematografico per più di un secolo. Se la perderemo, sarà colpa nostra”. La California è ancora leader nel settore, ma la sua quota di mercato è ai minimi storici. “Il nostro vantaggio non è mai stato così risicato”, conclude Sokoloski.
Il governatore dello stato Gavin Newsom vorrebbe raddoppiare il budget annuale per le agevolazioni fiscali all’industria cinematografica e televisiva, portandolo da 330 a 750 milioni di dollari. Ma c’è chi si lamenta che gli incentivi sarebbero solo un regalo per i già ricchi padroni degli studios, mentre altri sostengono che sia necessario fare tutto il possibile per mantenere i posti di lavoro in California e offrire ai professionisti uno stipendio adeguato al costo della vita.
Proteggere il lavoro e i lavoratori
“Siamo arrivati al punto in cui le persone povere e della classe operaia chiedono al governo di concedere sgravi fiscali ai grandi studios per mantenere i posti di lavoro in California e permettere a tutti noi di continuare a lavorare”, spiega l’attrice Mary Flynn. “Al momento non possiamo competere con Atlanta, dove i salari sono più bassi”.
La richiesta di un intervento della politica arriva dopo una serie di anni difficili, segnati dalla fine del boom dello streaming, dalla pandemia e dagli incendi devastanti. “Siamo ancora in una crisi enorme, dunque tocca alle autorità fare il loro dovere, proteggendo il lavoro e i lavoratori. Ogni singolo politico che siede nel parlamento statale è stato eletto sulla base di questa promessa. Ora devono mantenerla”.
Prima del suo ritorno alla Casa Bianca, Trump aveva descritto Hollywood come “un posto incantevole ma problematico”, dichiarando che Gibson, Stallone e Voight sarebbero stati i suoi “occhi e orecchie” nel sistema e avrebbero contribuito a rendere il cinema “più forte e migliore che mai”. Ma Flynn non si fida molto del trio di anziani attori, e sono tanti gli esperti del settore convinti che si tratti solo di una trovata politica. Intanto il fantasma della crisi che ha colpito altre metropoli continua ad aleggiare su Los Angeles. L’economista Scott Galloway ha detto al giornalista Matthew Belloni che “Los Angeles è una versione climaticamente più attraente di Detroit”.
Belloni ribatte che “ci sono delle differenze”: “L’industria dell’intrattenimento avrà sempre un legame con Los Angeles, ma Galloway non ha torto, perché al momento la classe media che sopravvive grazie a questo settore è in difficoltà, così come è successo in Michigan. Il costo della vita a Los Angeles è fuori controllo e per molti artisti trovare lavoro non è mai stato così difficile”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati