Forse si cresce soprattutto negli intervalli e nell’estemporaneità più che nei lavori compiuti, ma non tutti gli artisti sono interessati a condividere queste prove. Se il 2025 dei libri sarà ricordato come l’anno della forma breve (basta guardare alla longlist dell’International Booker prize), di questo primo semestre della musica italiana ci porteremo la forma breve di Any Other con il suo ep Per te, che non ci sarai più (42 Records). Si apre con Distratta, forse uno dei pezzi più belli scritti dalla cantautrice, una ballata sul lasciar andare filosoficamente vicina a Joni Mitchell e Fiona Apple, che si chiude con una piccola rivoluzione sonica di respiro solare grazie a Marco Giudici, Nicholas Remondino e Giulio Stermieri.
Delle persone talentuose si dice che possono recitare anche l’elenco telefonico senza annoiare; Any Other invece qui canta in giapponese, lingua che studia da anni e che non sembra porre particolare resistenza alla riconoscibilità del suo timbro vocale, anche se sul piano della scrittura deve aver provocato una serie di accrescimenti di cui non è possibile rendere pienamente conto: torna un finale ascensionale, in cui l’apparente ripetitività del cantato crea un effetto mantra. Si torna poi all’inglese con Lazy, scelta che ricorda ancora quanta enfasi mettiamo sull’essere figlie o orfane di una lingua invece di parlare quelle vicine, a cui possiamo chiedere in prestito la rabbia, la malinconia o lo zucchero quando serve. “Potrei arrabbiarmi ma non mi serve più”, dice in Distratta: a servire qui è soprattutto il linguaggio, verbale e non. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati