C laudia López, la prima sindaca della capitale colombiana Bogotá, il 1 gennaio è arrivata in bicicletta alla festa per il suo insediamento. Iscritta al partito progressista Alianza verde, ha rinunciato alla tradizionale cerimonia a plaza de Bolívar e ha invece offerto un picnic al parco Simón Bolívar. La gente si è seduta sul grande prato, tenendo in mano ombrelli colorati per ripararsi dal sole. Il presidente Iván Duque non ha preso parte alla soleggiata cerimonia e ha mandato un messaggio, che è stato accolto dai fischi dei presenti. Mentre il conservatore Duque affronta la sua peggiore crisi di popolarità, Claudia López, 49 anni, conquista il secondo incarico più importante del panorama politico colombiano – la guida di una capitale con otto milioni di abitanti – promettendo un nuovo modo di fare politica.
Nel suo discorso inaugurale da prima cittadina, López ha dichiarato che combatterà “il razzismo, il classismo, il maschilismo e la xenofobia”: “Oggi non solo ci facciamo sentire. Facciamo anche parte di quella maggioranza che è scesa in piazza per appoggiare le legittime richieste dei giovani, delle donne, dei movimenti civili, dei gruppi indigeni, di chi rivendica la diversità sessuale e l’uguaglianza”. López si riferiva alle tre settimane di proteste contro il governo di Duque, che si sono concluse con la morte di Dilan Cruz, uno studente di 18 anni ucciso da un proiettile sparato dalla polizia.
In Colombia alcuni leader hanno risposto a una richiesta di cambiamento. Tra questi c’è la nuova sindaca della capitale, Claudia López, omosessuale e di sinistra
Il progetto di Claudia López, omosessuale, ambientalista e di sinistra (o, come si definisce lei, “una donna diversa”), si oppone radicalmente a quello di Iván Duque, alleato dell’ex presidente e oggi senatore Álvaro Uribe, l’ultimo caudillo della politica colombiana. Nel 2005, all’inizio della sua carriera politica, Claudia López aveva denunciato i legami tra politici e paramilitari, uno dei maggiori scandali che colpirono il governo Uribe, e nel 2016 si è dichiarata favorevole all’accordo di pace con le ormai sciolte Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), a cui invece Uribe si era opposto e che Duque esita a mettere in pratica.
L’elezione di Claudia López a sindaca di Bogotá è in netto contrasto con la tradizione colombiana delle dinastie politiche, in particolare quelle dell’élite liberale e conservatrice. Altre città importanti del paese hanno detto no all’uribismo: a Medellín, culla politica dell’ex presidente, il suo candidato è stato sconfitto dall’indipendente Daniel Quintero, che aveva appoggiato l’accordo di pace con le Farc. A Cali, la terza città più grande del paese, è stato eletto Jorge Iván Ospina, iscritto ai progressisti di Alianza verde. Alle presidenziali del 2018 il candidato di questo partito, Sergio Fajardo, (responsabile della trasformazione di Medellín da “città di Pablo Escobar” a quella che è stata definita una “storia di successo”), era arrivato terzo.
Durante la campagna elettorale Claudia López, che è figlia di una maestra, si è definita “incorruttibile” e ha sottolineato le sue origini umili: “Oggi per la prima volta Bogotá ha scelto la figlia di una donna comune, una di quelle donne che con amore e tenacia riescono a superare giorno dopo giorno tutte le difficoltà”. La vittoria è stata festeggiata con un bacio alla sua compagna, la senatrice Angélica Lozano. La scena si è trasformata in una delle foto simbolo delle elezioni. Prima dell’insediamento, il 16 dicembre, le due donne hanno ufficializzato la loro unione.
Claudia López ha anche ammesso che la città che governerà non è la stessa che l’ha eletta. Anche se l’economia colombiana è andata meglio di quelle della maggior parte dei vicini latinoamericani i colombiani, stanchi delle disuguaglianze, sono scesi in piazza subito dopo le elezioni regionali, che si sono tenute il 27 ottobre. La prima marcia è stata indetta dai sindacati contro la riforma fiscale, ma è stata affiancata da movimenti indigeni, afrocolombiani, femminili e lgbtq. I manifestanti hanno fatto molte richieste, come l’attuazione dell’accordo con le Farc. Le proteste sono avvenute quasi in contemporanea con quelle in Cile, che hanno costretto il governo a convocare una nuova assemblea costituente per riscrivere la costituzione. In Colombia invece le proteste si sono placate, ma l’insoddisfazione è rimasta inascoltata.
Le elezioni colombiane hanno cambiato l’assetto politico, che si è spostato verso il centro, in un paese in cui la sinistra non è forte ed è sempre stata stigmatizzata dalla guerriglia armata. Con la trasformazione delle Farc in partito e la riduzione della violenza, la Colombia è pronta ad affrontare temi che erano stati accantonati per via della guerra civile.
Nuovi leader, come Claudia López, hanno risposto a una richiesta nazionale di cambiamento. Fortunatamente per loro, a differenza del Brasile, in Colombia il cambiamento è arrivato sotto forma di diversità e apertura democratica. ◆sc
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Questo articolo è uscito sul numero 1341 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati