Grazie Donald Trump. Grazie Benjamin Netanyahu. Grazie Jared Kushner. Fermiamoci tutti un attimo ed esprimiamo la nostra gratitudine a questi tre saggi che hanno finalmente portato la pace in Medio Oriente. E, naturalmente, grazie all’esercito israeliano. Per citare Kushner, “invece di replicare la barbarie del nemico, Israele ha scelto di essere eccezionale”. C’è voluta una moderazione eccezionale per non radere al suolo ogni edificio e distruggere tutte le terre coltivabili di Gaza. Si stima invece che solo il 90 per cento delle case sia stato danneggiato o distrutto. Sono scomparsi anche il 97 per cento degli alberi coltivati, il 95 per cento degli arbusti e l’82 per cento delle colture annuali. C’è voluta un’umanità eccezionale per non uccidere ogni bambino di Gaza. Invece ne sono morti solo ventimila, mentre un numero imprecisato giace sotto 50 milioni di tonnellate di macerie. Queste rovine tossiche ospitano la più grande popolazione di bambini amputati del mondo. Quindi, di nuovo: grazie.

Che dite, sono abbastanza riconoscente? Perché, a giudicare dalla copertura mediatica del presunto accordo di pace, questa è la gratitudine che ci si aspetta da parte dei palestinesi. Secondo alcuni dovremmo essere riconoscenti per il fatto che la Striscia di Gaza non è stata completamente distrutta. Dovremmo ignorare i sempre più numerosi attacchi dei coloni in Cisgiordania, come se fosse un’altra faccenda. Dovremmo ignorare il fatto che Israele continua a imprigionare arbitrariamente palestinesi come Layan Nasir senza accuse e senza prove. Secondo loro dovremmo festeggiare perché la guerra è finita. Dovremmo credere che questa sia la strada che porta alla pace.

Il genocidio non si è fermato. È vero, c’è il cessate il fuoco, ma è un cessate il fuoco in stile israeliano, un po’ come quello in Libano, in cui l’esercito di Tel Aviv è ancora autorizzato a sparare

Non fraintendetemi, naturalmente sono contenta che sia in corso un cessate il fuoco. Sono felice che nella Striscia stanno entrando più aiuti, anche se Israele minaccia di limitarli.

Io, però, non celebro la fine della guerra, perché non è stata una guerra. In una guerra i bambini non sono colpiti alla testa dai cecchini. Nelle guerre di solito non si prendono di mira le pazienti dei reparti di maternità. In una guerra non si rende un luogo deliberatamente inabitabile. No, questa non era una guerra. Come hanno concluso decine di esperti di diritto internazionale, era un genocidio.

I genocidi non avvengono dall’oggi al domani; normalmente la disumanizzazione è un passaggio preparatorio fondamentale. Mentre l’umanizzazione è il pilastro per una pace duratura e la giustizia. Non può esserci un percorso verso la pace finché i palestinesi saranno disumanizzati.

Negli ultimi due anni, però, sempre più persone si sono informate sulla guerra secolare alla Palestina. Negli Stati Uniti il sostegno a Israele è ai minimi storici. I palestinesi sono stati umanizzati da chi non riesce ad accettare l’idea che bruciare vivi civili sfollati in presunte zone sicure e uccidere operatori sanitari sia solo un aspetto sfortunato della guerra. Tra i leader, i politici e i mezzi d’informazione, invece, la disumanizzazione dei palestinesi si è intensificata.

E il genocidio non si è fermato. È vero, c’è il cessate il fuoco, ma è evidente che è un cessate il fuoco in stile israeliano, un po’ come quello in Libano, in cui l’esercito di Tel Aviv è ancora autorizzato a sparare. Il 14 ottobre almeno cinque palestinesi sono stati uccisi in un attacco israeliano sulla città di Gaza. Tel Aviv ha detto che i soldati hanno sparato contro dei “sospetti” che stavano “attraversando la linea gialla”, la linea sulla quale si è ritirato l’esercito in base all’accordo per la tregua. I soldati israeliani hanno dichiarato di aver ricevuto l’ordine di sparare a chiunque entrasse in quelle che i militari hanno definito “zone vietate”, anche a chi apparentemente non rappresenta una minaccia. “C’è una linea immaginaria e ci dicono che tutti gli abitanti d Gaza sanno di non poterla superare”, ha detto a luglio un soldato a Sky News. ”Ma come fanno a saperlo?”.

Di nuovo, sono contenta che il ritmo delle uccisioni sia rallentato. Ma non dobbiamo essere ingenui. C’è un motivo se Gaza è stata resa invivibile; c’è un motivo se gli attacchi dei coloni in Cisgiordania si sono intensificati. Quando il primo ministro israeliano parla di pace nella regione, la pace a cui pensa consiste nel poter finalmente ignorare l’esistenza dei palestinesi. Una pace in cui i palestinesi sono stati espulsi dalla loro terra.

A maggio il quotidiano israeliano Maariv ha riferito che alla commissione affari esteri e sicurezza del parlamento Netanyahu ha detto: “Stiamo distruggendo sempre più case. Non hanno nessun posto dove tornare. L’unico risultato prevedibile sarà il desiderio dei gazawi di emigrare”. Netanyahu ha fatto spesso riferimento a un trasferimento di massa della popolazione, il cosiddetto piano Trump. Questa è la pace a cui Israele e gli Stati Uniti stanno lavorando. ◆ fdl

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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Questo articolo è uscito sul numero 1637 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati