Mentre gli Stati Uniti venivano travolti dal processo per impeachment dell’allora presidente Bill Clinton, nel 1999 Sofia Coppola esordiva al cinema con un’opera caratterizzata già da quello stile che la renderà riconoscibile per tutti gli anni a venire: Il giardino delle vergini suicide.

Tratto dall’omonimo romanzo di Jeffrey Eugenides, il film mette in scena la faticosa adolescenza delle sorelle Lisbon: Therese (17 anni), Mary (16), Bonnie (15), Lux (14, interpretata da Kirsten Dunst) e Cecilia (13). Siamo a Detroit, in Michigan, nel 1974. La città delle auto, già alle prese con un declino dell’industria automobilistica che esploderà trent’anni dopo, è colpita da una malattia che attacca gli olmi. In un’atmosfera ovattata dalle tinte oniriche si consuma la giovinezza di queste cinque sorelle belle, bionde, inafferrabili. Il padre (James Woods), un professore di matematica un po’ stralunato, lascia che sia la madre (Kathleen Turner) a dettare le regole della casa, rigidissime: niente uscite, niente ragazzi, solo preghiere e buone maniere. Dopo tentativi inutili di reagire, le sorelle si lasciano logorare poco a poco da questa vita segnata dai divieti. A raccontare la loro storia sono quattro compagni di scuola, che continueranno a coltivare la memoria delle sorelle, ormai mitiche, attraverso foto e ricordi che pian piano sfumano.

Il film è girato con movimenti di macchina lenti che seguono il ritmo delle giornate lunghe e vuote delle Lisbon. Ad accompagnare questo tempo che si trascina la colonna sonora originale degli Air, che per il video ufficiale del singolo Playground love usano alcune scene del film. L’attenzione ai particolari, agli oggetti di scena così come alle inquadrature, propone un universo femminile che pulsa nonostante la costante castrazione materna.

A venticinque anni dall’uscita del film, che per alcuni è stato un conforto ai drammi dell’adolescenza, per altri l’esordio folgorante di una figlia d’arte che ha tirato fuori una voce tutta sua, la casa editrice Mack pubblica un volume che raccoglie le foto di scena ed è curato dalla stessa Coppola. A sorprendere, anche se forse in realtà non fa che ribadirne l’accuratezza e il desiderio di creare un’estetica eterea e sognante, piena di malinconia, è pensare che la regista, che all’epoca aveva 28 anni, abbia deciso di affidare il racconto del set a un’autrice che ha segnato in maniera indelebile il panorama della fotografia contemporanea: Corinne Day.

Nata a Londra nel 1962 e morta nel 2010, Day ha traghettato la fotografia di moda fuori dalla pomposità glamour degli anni ottanta con un approccio più documentaristico, contribuendo a creare quella che sarà definita estetica grunge. Non più foto patinate e modelle extraterrestri, ma una semplicità che le viene da un’esperienza diretta. Day infatti è una modella, conosce il dietro le quinte e comincia a fotografare le sue colleghe in maniera spontanea, senza pretese, suscitando l’interesse dell’art director della rivista londinese The Face. È qui che, nel 1990, pubblica le fotografie di Kate Moss per un editoriale intitolato La terza estate dell’amore. La modella, di appena 17 anni, occupa la copertina con una faccia pulita e sorridente e sulla testa un copricapo indiano.

Nell’introduzione al libro Sofia Coppola racconta di aver scoperto Corinne Day proprio grazie a The Face. “Le sue foto non assomigliavano alle immagini patinate della moda anni ottanta con cui ero cresciuta: ragazze alte con spalline imbottite, luci intense, trucco e capelli voluminosi”, scrive. “Mi sentivo vicina a queste ragazze semplici e minute e adoravo vedere i momenti intermedi, le foto che solitamente venivano escluse dalla selezione finale. Momenti che sembravano reali, non posati, con una naturalezza rilassata che non avevo mai visto prima nella fotografia di moda. Sembrava di essere lì con loro, di conoscerle, o di volerle conoscere”. Il volume è stato realizzato a partire dai negativi originali della fotografa e contiene anche nuovi testi della regista e di Eugenides.

Nella sua breve vita, Corinne Day è stata capace di mostrare grande originalità e visione, attraverso immagini sincere e piene di vita. Il suo primo libro, Diary, era una raccolta di esperienze intime e personali. May the circle remain unbroken, uscito postumo nel 2013, raccoglie invece materiali inediti. Ora The virgin suicides fa riaffiorare il suo sguardo, ci porta in un universo fatto di vestiti a fiori e mele caramellate, con una Kirsten Dunst che danza e mangia un panino nella luce morbida della giovinezza.

Tutte le foto di questo articolo fanno parte del libro The virgin suicides, pubblicato da Mack in occasione del 25° anniversario dall’uscita del film e sono proprietà del Corinne Day estate.

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