Il 6 ottobre i paesi membri del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione che prevede l’istituzione di un meccanismo d’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani commesse in Afghanistan.

Sottolineando il “deterioramento” della situazione dei diritti umani nel paese, la risoluzione istituisce “un meccanismo d’inchiesta permanente e indipendente incaricato di raccogliere, conservare e analizzare le prove di gravi crimini e violazioni del diritto internazionale”.

Presentata dalla Danimarca a nome dell’Unione europea, la risoluzione è stata adottata senza votazione dai 47 paesi membri.

“A quattro anni dal ritorno al potere dei taliban, la situazione dei diritti umani continua a peggiorare, come anche la crisi umanitaria in corso”, ha dichiarato l’ambasciatore danese Ib Petersen.

La risoluzione esprime “grande preoccupazione per il mancato rispetto del principio di responsabilità e per l’impunità di cui godono i responsabili delle violazioni dei diritti umani in Afghanistan”.

Denuncia in particolare “l’istituzionalizzazione di un sistema di discriminazione, segregazione, mancato rispetto della dignità umana ed esclusione delle donne e delle ragazze”.

L’ambasciatore colombiano Gustavo Gallón ha ricordato che le donne e le ragazze afgane sono vittime di una repressione “che mira a escluderle del tutto dalla vita pubblica”.

“Ma è l’intera popolazione afgana a pagare le conseguenze di un contesto in cui prevalgono violenza, repressione e fame”, ha aggiunto.

La Cina, che fa parte del Consiglio per i diritti umani, si è dissociata dalla risoluzione, sostenendo che non tenga conto “dei passi avanti compiuti nel paese”.

In Afghanistan le donne non possono esercitare molte professioni e viaggiare senza un accompagnatore. Inoltre, non possono studiare dopo i dodici anni, passeggiare nei parchi e frequentare palestre.