Il 16 aprile l’Unione europea (Ue) ha individuato sette “paesi d’origine sicuri”, limitando di fatto le possibilità di asilo per i loro cittadini, una decisione accolta con favore dal governo italiano ma contestata da molte ong.
La Commissione europea ha presentato una lista di sette paesi che considera “sicuri”, i cui cittadini non possono quindi essere considerati a priori dei rifugiati.
L’obiettivo della lista, che comprende Kosovo, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Marocco e Tunisia, è accelerare l’esame delle richieste d’asilo dei cittadini di quei sette paesi, e possibilmente il loro rimpatrio.
Secondo la Commissione, anche la maggior parte dei paesi candidati all’adesione all’Ue “soddisfa i criteri per essere designato paese sicuro”.
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Vari stati europei hanno già una loro lista dei paesi considerati sicuri, ma finora non c’era una lista comune europea. Secondo alcuni funzionari, questo incoraggiava i richiedenti asilo a rivolgersi agli stati con i criteri meno stringenti.
La lista presentata il 16 aprile è “dinamica” e può essere ampliata o ristretta in qualunque momento, ha precisato la Commissione.
Ci sono state forti polemiche per l’inserimento nella lista della Tunisia, che le Nazioni Unite hanno di recente accusato di perseguitare gli oppositori.
La Commissione ha riconosciuto che politici, attivisti, giornalisti e avvocati sono stati arrestati nel paese, sottolineando però che “la repressione non ha raggiunto livelli tali da essere definita sistematica”.
“Si tratta di una flagrante violazione del diritto umano fondamentale d’asilo”, ha dichiarato all’Afp Romdhane Ben Amor, del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes).
Per entrare in vigore, la proposta della Commissione dovrà essere approvata dal parlamento europeo e dagli stati membri.
Roma ha definito la presentazione della lista “un grande successo del governo italiano”.
Sotto pressione per inasprire la sua politica migratoria, il mese scorso Bruxelles aveva già presentato delle misure per accelerare le espulsioni degli immigrati irregolari. In particolare, la Commissione aveva proposto di definire un quadro giuridico per la creazione di centri per i migranti al di fuori dei confini nazionali, i cosiddetti “hub di rimpatrio”.