L’idea di riunire i leader europei in una capitale dove l’aeroporto è stato chiuso ripetutamente per la comparsa di droni non identificati ha sicuramente fatto tremare i responsabili della sicurezza. Per aiutare la Danimarca e mettere in sicurezza il suo spazio aereo Francia, Regno Unito e Germania hanno inviato elicotteri antidrone e sistemi di disturbo radio.

Gli “intrusi” di Copenaghen, alla fine, erano solo piccoli droni di quelli che si trovano facilmente in commercio, molto diversi dagli Shahed o dai Geran russi, che hanno le dimensioni di piccoli aerei e di recente hanno sorvolato lo spazio aereo di Polonia e Romania. Il problema è che i sistemi di difesa non sono impostati per affrontare le intrusioni dei droni commerciali. Questo significa che con una spesa minima in un paese europeo moderno si può seminare il panico.

È questo il clima in cui il primo ottobre si sono riuniti i 27 capi di stato e di governo dell’Unione europea, raggiunti il 2 ottobre dal resto dei leader del continente per un vertice della Comunità politica europea, composta da 47 stati tra cui il Regno Unito e l’Ucraina. Buona parte del programma sarà dedicata al minaccioso vicino Vladimir Putin.

La premier danese Mette Fredriksen ha dettato il tono dell’incontro denunciando la “guerra ibrida” russa, cioò l’uso mezzi non convenzionali, intrusioni di droni, attacchi informatici, sabotaggi e disinformazione. Secondo Fredriksen è la situazione più pericolosa vissuta dall’Europa dopo la seconda guerra mondiale. “È solo l’inizio”, ha aggiunto invitando i colleghi europei a prepararsi meglio.

Il fatto che l’appello alla mobilitazione arrivi dalla Danimarca è significativo. Copenaghen, infatti, si è tradizionalmente tenuta lontana dalle questioni legate alla difesa europea, al punto da far inserire le sue riserve anche nei trattati comunitari. Dopo l’invasione dell’Ucraina, però, ha cambiato rotta.

E lo ha fatto anche per un altro motivo: l’ostilità mostrata da Donald Trump all’inizio dell’anno, quando il presidente degli Stati Uniti ha minacciato la Danimarca per farle cedere la Groenlandia, un territorio dipendente da Copenaghen. Per un paese che fa parte dell’Alleanza atlantica si è trattato di un fatto sconvolgente.

Né esagerati né passivi

La vicenda dei droni preoccupa un po’ tutti, tanto che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proposto la creazione di una “barriera antidroni” in Europa orientale, basata su sensori e sistemi di difesa piazzati lungo la frontiera con la Russia e la Bielorussia.

Ma gli esperti sottolineano i potenziali problemi di una nuova “linea Maginot” (un riferimento alle fortificazioni della Francia orientale nel 1940, che non riuscirono a fermare l’avanzata dell’esercito tedesco), la cui efficacia in uno spazio così vasto appare poco probabile. Neanche il miglior sistema del mondo, l’israeliano Iron dome (Cupola di ferro), che deve proteggere uno spazio molto più piccolo, riesce a intercettare ogni minaccia.

Gli europei dovranno trovare un equilibrio tra il rischio di una reazione esagerata alle intrusioni (che sono prima di tutto psicologiche e destinate a seminare il panico nell’opinione pubblica spingendola ad abbandonare l’Ucraina) e la passività, estremamente pericolosa nel clima di contrapposizione crescente con una Russia che non sta riuscendo a raggiungere i suoi obiettivi.

Il vantaggio di Putin è che può decidere da solo, mentre i 27 non sempre si trovano d’accordo, soprattutto quando alcuni restano tra i migliori amici di Mosca. È il prezzo da pagare per un’alleanza tra democrazie. Putin sa bene come approfittare delle contraddizioni e delle debolezze dei suoi avversari.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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