Trump-Europa uno a uno, palla al centro. Oggi potremmo riassumere con questa metafora calcistica il risultato delle elezioni presidenziali polacche del 1 giugno, ma sarebbe ingiusto nei confronti di molti elettori polacchi che hanno partecipato in massa a uno scrutinio democratico e che sicuramente non si riconoscono in questa sintesi brutale. D’altronde nel paese la polarizzazione, rivelatasi molto profonda, esiste da prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Eppure non possiamo ignorare questo fattore che si ripresenta a ogni votazione in Europa: l’amministrazione Trump sostiene apertamente i candidati populisti o di estrema destra, purché siano ostili al progetto europeo. Il pareggio a cui si accennava prima è il risultato delle ultime due elezioni presidenziali nel continente: in Romania, dove il liberale Nicușor Dan ha battuto il candidato di estrema destra sostenuto dalla Casa Bianca; e in Polonia, dov’è successo il contrario, con la vittoria dell’ultranazionalista Karol Nawrocki contro il politico liberale.
Il sostegno di Washington è stato inequivocabile. La settimana scorsa la segretaria per la sicurezza nazionale Kristi Noem ha partecipato a un raduno dei conservatori polacchi e ha manifestato il suo appoggio nei confronti di Nawrocki, attaccando il rivale Rafał Trzaskowski.
La logica è semplice: Trump detesta l’Unione europea e sosterrà tutte le forze che la contrastano o vogliono indebolirla. A Berlino, dove mi trovo in questi giorni, si ricordano ancora con amarezza l’incontro tra il vicepresidente JD Vance e la leader del partito di estrema destra AfD in occasione della visita di Vance a Monaco, in piena campagna elettorale tedesca. In quell’occasione il vicepresidente si era rifiutato d’incontrare l’allora cancelliere Olaf Scholz.
Svuotare il progetto europeo del proprio significato è da anni l’obiettivo del principale alleato di Trump in Europa, Viktor Orbán, primo ministro ungherese che ha riassunto la sua posizione con lo slogan “Oggi Washington, domani Bruxelles”. Orbán ha parlato di una “vittoria fantastica” di Nawrocki, mentre Marine Le Pen ha accolto con entusiasmo il “rifiuto dell’oligarchia di Bruxelles”.
Il partito Diritto e giustizia (Pis), vincitore delle presidenziali in Polonia, ha governato tra il 2015 e il 2023, un periodo durante il quale è entrato regolarmente in rotta di collisione con Bruxelles. Insieme all’Ungheria, la Polonia conservatrice costituisce l’asse dell’“illiberalismo” che attacca i giudici, i mezzi d’informazione, i diritti delle donne e la comunità lgbt+.
Il primo ministro polacco Donald Tusk, liberale e filoeuropeo, sarà costretto ad accettare una “coabitazione” alla francese con un presidente che ha il potere di rifiutarsi di promulgare le leggi del parlamento. Nawrocki ne approfitterà sicuramente, anche perché il Pis intende screditare la coalizione liberale al governo per poterla battere alle prossime legislative.
A farne le spese sarà l’influenza della Polonia negli affari europei, che finora è cresciuta costantemente, soprattutto all’interno del cosiddetto triangolo di Weimar con la Francia e la Germania.
Tutto questo avvantaggia chiaramente Trump. L’Unione europea è il simbolo di ciò che il presidente detesta: la regolamentazione del digitale, un’alleanza militare di “approfittatori” e un’idea del mondo basata sullo stato di diritto, laddove Trump riconosce solo i rapporti di forza. E dunque, per il momento, il risultato è un pareggio. Ma la partita non è ancora finita.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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