In Vaticano i prossimi giorni saranno caratterizzati da un’organizzazione meticolosa, che non lascerà spazio all’improvvisazione. L’ultima revisione significativa del protocollo da seguire dopo la morte di un pontefice risale all’Universi dominici gregis, messa a punto da Giovanni Paolo II nel 1996.

Il documento è stato modificato in alcuni punti da due lettere apostoliche firmate da Benedetto XVI nel 2007 e nel 2013, che saranno applicate per la prima volta nei prossimi giorni. Papa Francesco, da parte sua, ha modificato nel 2024 il rito funebre, semplificandolo.

La curia sarà inizialmente impegnata con l’organizzazione delle esequie, prima di concentrarsi sulla comunità dei fedeli e sul futuro della chiesa, con l’elezione del successore.

La morte del pontefice apre un periodo di lutto di nove giorni. A gestire questa fase sarà il camerlengo, una sorta di amministratore dei beni materiali e delle questioni finanziarie urgenti durante la sede vacante. Dal 2019 questa funzione è ricoperta dal cardinale statunitense Kevin Farrell. Spetta a lui constatare ufficialmente il decesso del papa, per poi diffondere la notizia al mondo intero.

Nel frattempo il camerlengo informa anche il decano del collegio cardinalizio, l’italiano Giovanni Battista Re, che convoca i cardinali in due assemblee: una generale e una particolare. La prima riunisce tutti i cardinali, compresi quelli che non potranno partecipare al voto per il nuovo papa perché hanno superato gli 80 anni di età. Nella seconda siedono invece il camerlengo e tre cardinali sorteggiati – e sostituiti ogni tre giorni con la stessa procedura – incaricati di gestire gli affari ordinari.

È però nell’ambito della congregazione generale che saranno prese le decisioni più importanti. In primo luogo, il giorno, l’ora e le modalità con cui il corpo del papa sarà esposto ai fedeli nella basilica di San Pietro per l’ultimo saluto. Il feretro sarà presentato direttamente in una bara, senza né pastorale né oggetti simbolici.

In seguito, viene stabilita la data dei funerali, che dovranno svolgersi tra il quarto e il sesto giorno dopo la morte – dunque tra il 25 e il 27 aprile – sempre a San Pietro. Infine, si decide il giorno e l’ora di inizio del conclave. I cardinali elettori già presenti a Roma dovranno attendere quindici giorni, per permettere a tutti gli altri di raggiungere la città.

Tuttavia una norma introdotta nel 2013 permette di anticiparne l’apertura, a condizione che tutti i cardinali siano già presenti e che l’assemblea sia a favore. In ogni caso, il voto deve cominciare entro un massimo di venti giorni.

Il segreto del voto

La costituzione apostolica prevede un massimo teorico di 120 cardinali elettori. Ma sotto il pontificato di Francesco i cardinali con meno di 80 anni sono 135: un numero che potrebbe creare complicazioni logistiche. Durante il conclave, infatti, i cardinali devono restare chiusi nella residenza di Santa Marta e non possono uscire, e i posti letto disponibili sono 129.

Una volta arrivati e sistemati, i cardinali entrano ufficialmente in conclave. Il Vaticano è geloso del suo segreto: le porte vengono chiuse, i luoghi sigillati. Migliaia di fedeli e turisti dovranno aspettare in piazza San Pietro per giorni. Ai cardinali è vietata qualsiasi comunicazione con l’esterno, sia per telefono sia per iscritto. Anche il personale di supporto deve giurare riservatezza: la violazione del segreto del conclave comporta l’automatica scomunica.

La costituzione apostolica è chiara: “A tutti coloro che non sono designati nel seguente numero e che, pur trovandosi legittimamente in Vaticano (…), dovessero incontrare fortuitamente uno dei cardinali elettori durante l’elezione, è assolutamente vietato intrattenere conversazioni, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, per qualsiasi motivo”. Due medici restano sempre a disposizione per eventuali urgenze.

Fino alla fumata bianca

Il voto vero e proprio avviene nella cappella Sistina, sotto gli affreschi del Giudizio universale e dei profeti dell’Antico Testamento dipinti da Michelangelo. Si prosegue finché un candidato non ottiene i due terzi dei voti, con due scrutini al mattino e due al pomeriggio.

Il voto, un tempo a mano alzata, oggi è segreto e si svolge con schede depositate in un’urna. Se il numero delle schede non corrisponde a quello degli elettori, tutto viene annullato e si ripete immediatamente.

Dopo tre giorni senza risultato, il voto viene sospeso per lasciare spazio alla preghiera – e, verosimilmente, anche alle trattative, nonostante siano formalmente vietati accordi preventivi o impegni da rispettare in caso di elezione di uno dei partecipanti.

Ogni giornata senza elezione si conclude con la celebre fumata nera. Fino a quando l’elezione non si conclude positivamente, e il fumo bianco annuncia al mondo intero che la chiesa ha un nuovo papa.

Anche in quel momento, entra in gioco un rituale preciso. Il decano si avvicina al nuovo eletto e gli chiede: “Accetti la tua elezione canonica a sommo pontefice?”.

Dopo il sì, il nuovo papa sceglie un nome, che viene annunciato ai fedeli dalla loggia della basilica di San Pietro, prima che si affacci per impartire la benedizione apostolica urbi et orbi.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it