Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Raphaël, 43 anni.
Il primo giorno
“Mi sento un po’ solo. Sono appena uscito da una relazione breve finita male, una rottura improvvisa. Mi iscrivo a un sito di incontri per conoscere nuove persone. E qui incontro Linda, che parla di montagna e di cioccolato. Capita a proposito, perché mi piacciono lo sci e i dolci. Ho una passione per gli scambi epistolari, quindi ci scriviamo molto. Non mi piace il tono burocratico di questi siti, il ‘Cosa fai nella vita? Dove abiti? Hai degli hobby?’, ho bisogno di autenticità. Ci scriviamo ma non ci vediamo, un po’ come succedeva quand’eravamo ragazzi con gli amici di penna che vivevano all’estero. Dopo un mese e decine di messaggi, decido di mettere fine a questa amicizia epistolare: ‘E se cenassimo insieme?’. ‘Perché no, è una buona idea’, risponde Linda.
Passo ore a cercare il ristorante giusto per l’occasione, non troppo lontano da casa sua. Anche se la serata dovesse andare male, almeno mangeremo bene. Alla fine trovo una trattoria in un paesino, con il camino e una cucina fantasiosa, metto il mio maglione grigio con il collo decorato, con quello mi sento a mio agio. Devo fare un’ora e mezzo di strada, ho il tempo di ascoltare musica a tutto volume e farmi coraggio. Ci vado con la convinzione di rimanere deluso, non credo alle foto su internet, lo schermo nasconde le imperfezioni. Ma è una bella serata e la Luna piena si riflette nei laghetti circostanti.
Arrivo come sempre puntuale. Parcheggio vicino alla sua Twingo nera. Tutto succede quando lei esce dalla macchina, come una Venere di Botticelli che emerge dalle acque. Non mi rendo neanche conto che sta piovendo. È alta, snella, elegante, truccata, profumata, è una donna molto bella. Nel ristorante le persone si girano al suo passaggio, ma lei è fragile, timida, inconsapevole del suo fascino.
Non fa in tempo a sedersi e per me la cosa è già evidente: è lei! La nostra conversazione è interrotta da diversi silenzi, non per noia, no, ci guardiamo con un sorriso un po’ ebete. Non so neanche se ci sono persone intorno a noi, a parte forse i camerieri divertiti dal nostro colpo di fulmine. Nella sala le luci cominciano a spegnersi, dobbiamo andare via. Nel parcheggio mi propone un caffè da lei prima di tornare a casa.
Scopro una piccola casa moderna, con l’arredamento comodo ed essenziale di una madre divorziata con due figli. Il momento è più rilassato, parliamo delle ferite della nostra giovinezza, della famiglia, di cose che non avevo mai detto a nessuno. Sono le tre del mattino, il giorno dopo lei deve andare a scuola – è un’insegnante – e io devo fare ancora cento chilometri per tornare a casa.
Sulla porta rimaniamo in silenzio, ma vado via con l’impressione di aver trovato la donna della mia vita. Sulla strada del ritorno devo fermarmi all’uscita di un villaggio, vicino a un vecchio albero, per respirare nella notte, cercare dell’aria, toccare le cose intorno a me. All’improvviso il mondo sembra diverso, mi rendo conto che malgrado i miei quarant’anni e le mie tante storie, lei è il mio primo amore”.
L’ultimo giorno
“È il giorno del mio compleanno. È un giorno che mi piace, che dedico a me, in cui cerco di stare bene. Ho previsto di passare la serata con Linda, è meraviglioso. Vado in una grande pasticceria a comprare un dolce, Linda è una donna formidabile e merita tutti i miei sforzi. Ceniamo da lei, le regalo un libro, lei mi regala un romanzo sul senso della vita. Il vino è buono, la conversazione anche. Va tutto bene.
Alla fine della serata avverto una leggera e vaga tensione. Per evitare problemi le propongo di dormire sul divano. ‘Ma scherzi!’, mi risponde. Andiamo a dormire. Nel suo letto mi avvicino. ‘Non provo più nulla per te’, mi dice all’improvviso con un tono calmo e monocorde. Come se stessimo parlando del più e del meno. Sei parole e basta, è finita.
Rimango bloccato, sbigottito. Non so cosa dire. Non so combattere, protestare o semplicemente andarmene. Nel letto mi giro dall’altro lato, passo la notte in bianco, piango un po’, non voglio ferirla, farle pesare le conseguenze della sua decisione. ‘So che ti sto facendo del male’, mormora. Alla fine si addormenta, io mi alzo una volta, due volte, scendo in salotto, preparo le mie cose. Ma non voglio andare via alle 4 del mattino, così, senza dire niente. Cerco un pezzo di carta per scriverle un biglietto, ma non trovo né le parole né la carta. Così mi ritrovo bloccato tutta la notte, a rigirarmi tra le lenzuola.
Finalmente suona la sveglia, vado a farmi la doccia e mi chiudo in bagno. Lei mi guarda piangendo, confusa. È il momento di andare via, quello in cui si vorrebbero dire delle frasi d’effetto, ma non mi vengono in mente, non ho nulla di grandioso da dire e balbetto solo delle cose penose. Lei mi abbraccia e io crollo, dentro di me mi sento svenire.
Mi rimetto in macchina, ma dopo qualche chilometro non ce la faccio più, mi fermo, scendo e mi metto a urlare in un campo per far uscire questo dolore acuto. Arrivo in ufficio completamente sottosopra. Perché l’ha fatto? Perché proprio il giorno del mio compleanno? Perché ha aspettato la notte e l’oscurità della camera da letto? Il suo regalo di compleanno è stato un trauma, un mondo finito che non vedrò più. Mi rendo conto che lei sarà il mio ultimo amore”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.
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