Il 25 ottobre gli ivoriani sono chiamati alle urne per eleggere il presidente in un’atmosfera tesa, vista l’esclusione dalla corsa di alcuni oppositori che avrebbero potuto dare del filo da torcere ad Alassane Ouattara, il capo dello stato in carica dal 2011 e in cerca del quarto mandato. Le autorità hanno vietato tutte le manifestazioni che non sono comizi elettorali e attuato un giro di vite che ha portato a più di settecento arresti.

Ouattara, 83 anni, è il favorito. Si candida anche grazie a una riforma costituzionale del 2016, da lui voluta, che ha azzerato il conteggio dei mandati.

I suoi sfidanti sono quattro, ma la più conosciuta è Simone Ehivet Gbabgo, 76 anni, leader del Movimento delle generazioni capaci e moglie dell’ex presidente Laurent Gbagbo. Il marito – che è stato escluso dalla corsa insieme ad altri candidati di peso come l’ex banchiere Tidjane Thiam – ha guidato a lungo il paese, anche durante la guerra civile (2002-2007) ed è stato al centro delle violenze scatenate dalla contestazione dei risultati delle elezioni presidenziali del 2010, vinte da Ouattara. Quella che gli ivoriani ricordano come la “crisi” causò circa tremila morti e si concluse con il drammatico arresto dello stesso Gbagbo e il suo trasferimento alla Corte penale internazionale (che, nel 2021, l’ha prosciolto delle accuse di crimini contro l’umanità).

Da allora Ouattara ha tenuto le redini di un paese che ha saputo imporsi come la “locomotiva dell’Africa occidentale”, scrive Mediapart. “Grazie a una solida politica di investimenti pubblici e alla crescita del settore privato, il paese ha lanciato ampi lavori di modernizzazione delle infrastrutture pubbliche, stradali ed elettriche”.

Meno debiti ma più scuole
La Banca mondiale ha avviato un progetto sperimentale in Costa d’Avorio che prevede condizioni più favorevoli per i paesi debitori disposti a investire nel settore dell’istruzione.

I numeri sono dalla parte di Ouattara: il pil è quasi triplicato, la crescita è sostenuta (più del 6 per cento all’anno) e l’indebitamento è sceso. Ma questa crescita non è inclusiva e le disuguaglianze sono marcate, fanno notare i comuni cittadini e gli esperti intervistati da Mediapart. Per esempio, l’80 per cento della ricchezza è prodotta dalle multinazionali straniere. Anche se il tasso di disoccupazione ufficiale è intorno al 2 per cento, molti diplomati non trovano sbocchi lavorativi. Più del 60 per cento degli ivoriani ha meno di 25 anni e la creazione di nuovi posti di lavoro è quindi uno degli obiettivi più urgenti.

I mezzi d’informazione internazionali non esitano a parlare di un clima preelettorale particolarmente teso, alimentato dalla disinformazione sui social media e dalle denunce contro l’esclusione degli oppositori di Ouattara dalla corsa presidenziale. Gli appelli a manifestare si scontrano con i divieti imposti dal governo. Sono stati già registrati due morti in due diversi incidenti a Bonoua (sud) e Daloa (centro-ovest).

Per contrastare la disinformazione online e la circolazione di notizie false, racconta il Financial Times, le autorità hanno affisso dei manifesti che invitano i cittadini a tenere comportamenti “responsabili” in rete. Le prime indiziate della propagazione di notizie false sono le giunte militari dei paesi vicini (Burkina Faso, Mali e Niger), allineate con la Russia. Probabilmente non disdegnerebbero un cambio di regime a Yamoussoukrou, visto che Ouattara è da sempre considerato molto vicino alla Francia e all’occidente.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it