Molti paesi in via di sviluppo devono affrontare la sfida di ripagare il proprio debito senza rinunciare agli investimenti nelle infrastrutture. Per dargli un po’ di respiro, alla fine di aprile la Banca mondiale ha annunciato la volontà di ampliare il programma “debito in cambio di sviluppo”. L’idea è alleggerire le condizioni di rimborso di un paese in modo che reinvesta parte dei risparmi ottenuti in un settore chiave. Il sistema è stato inaugurato in Costa d’Avorio nel dicembre 2024: la condizione è che le risorse liberate siano investite nelle infrastrutture scolastiche.

In concreto il governo ivoriano ha ricevuto un prestito di 400 milioni di euro a condizioni particolarmente vantaggiose. “La Banca mondiale ha fatto da garante, rassicurando il finanziatore, in questo caso una banca commerciale”, sottolinea Carl Grekou, economista del Centre d’études prospectives et d’informations internationales (Cepii). I fondi sono stati usati per riacquistare la parte più costosa del debito corrente del paese. “Restituendo in anticipo il prestito, la Costa d’Avorio riduce il peso degli interessi e del capitale da rimborsare”, spiega Grekou. Il paese ottiene un tasso d’interesse più basso e più tempo per il rimborso e per l’invio del primo pagamento.

Nel 2024 il debito pubblico ivoriano ha raggiunto il 59,2 per cento del pil. Anche se è sotto la soglia del 70 per cento fissata dall’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Uemoa), questo livello limita la capacità d’investimento del paese. Secondo la Banca mondiale, l’operazione farà risparmiare sessanta milioni di euro e nei prossimi anni dovrebbe liberare altri 330 milioni. In cambio la Costa d’Avorio si è impegnata a dedicare quaranta milioni di euro all’istruzione, che è afflitta da profonde disuguaglianze territoriali. Nelle aree rurali, in particolare, mancano le scuole. Se ne costruiranno trenta, per accogliere trentamila studenti. “Gli edifici saranno il triplo di quanto previsto prima del progetto”, spiega Nathalie Picarelli, economista della Banca mondiale.

L’accordo s’ispira a meccanismi già noti. “Da trent’anni la Francia ha attivato un sistema di ‘riduzione del debito in cambio di sviluppo’ con i partner africani”, ricorda Falilou Fall, economista dell’Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economico (Ocse): “Il sistema convertiva i rimborsi del debito in finanziamenti di progetti. In altri termini, lo stato debitore rimborsava il prestito, ma i fondi gli venivano riassegnati sotto forma di aiuti per lo sviluppo”. La Banca mondiale, tuttavia, insiste sulle specificità dell’esperienza ivoriana. A differenza di altre operazioni basate su strutture offshore o su fondi fiduciari complessi e costosi, il reperimento dei fondi in questo caso sarà interamente affidato alle istituzioni ivoriane.

In altri contesti

Di fronte al rallentamento degli aiuti occidentali le istituzioni internazionali cercano nuovi modi per sostenere i paesi poveri. “È un meccanismo che vogliamo replicare se ci saranno le condizioni”, dice Picarelli. La questione sarà discussa alla quarta conferenza internazionale sul finanziamento del debito, che si terrà a giugno a Siviglia, in Spagna. Resta da capire se lo strumento potrà essere applicato anche in altri contesti, con governi meno stabili o istituzioni più fragili.

Le ricadute sono tuttavia ancora poca cosa rispetto ai bisogni. Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), nel 2023 il debito estero dei paesi poveri ha raggiunto 11.400 miliardi di dollari, alimentando un’impennata dei costi per gli interessi. “Quando si deve sostenere il peso del debito, l’investimento pubblico è la prima cosa a essere sacrificata”, dice Fall. Per questo, secondo l’Unctad, 54 paesi – quasi la metà dei quali in Africa – hanno speso nel 2023 più soldi per i debiti che per la sanità o l’istruzione. In Costa d’Avorio gli investimenti nella scuola facilitati dal progetto “debito in cambio di sviluppo” sono solo lo 0,05 per cento del pil e il 2 per cento del bilancio dell’istruzione. “È un aiuto utile ma insufficiente rispetto a un bisogno strutturale”, osserva Grekou. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 105. Compra questo numero | Abbonati