Il 6 settembre a Grosseto, in Italia, il partito di estrema destra CasaPound ha annunciato che lancerà una piattaforma italiana per la “remigrazione”, contro “l’immigrazione di massa” e per la difesa “dell’identità nazionale” nell’ambito della sua festa nazionale. La parola remigrazione è da anni al centro degli slogan delle estreme destre europee e globali, ma di recente sta entrando anche nei discorsi dei leader politici italiani. Letteralmente vuole dire: “migrazione all’indietro”, ma di fatto indica il “ritorno forzato al paese d’origine”.

Il giornalista italiano Valerio Renzi, esperto di estrema destra e autore del libro Le radici profonde. La destra italiana e la questione culturale (Fandango 2025) spiega che il termine ha cominciato a girare nell’estrema destra francese intorno agli anni novanta, ma negli ultimi anni ha preso piede in altri paesi. In Italia in particolare se ne parla dal gennaio del 2025, in seguito a delle denunce di molestie sessuali compiute da ragazzi di origine straniera, quelli che in dialetto sono definiti maranza, e presentate da alcune turiste durante la notte di capodanno in piazza Duomo, a Milano.

“Da quel momento ne parlano tutti i mezzi d’informazione legati alla destra in Italia, i quotidiani, le tv. Nell’arco di poche settimane la parola si diffonde, anche se non è entrata ancora nei programmi dei partiti della destra istituzionale”, racconta Renzi. Ma la usa per esempio il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro di Fratelli d’Italia.

Il 26 luglio 2025 una rete di partiti di estrema destra sfila a Vienna proprio usando questo slogan, in una manifestazione convocata dagli attivisti danesi che pochi giorni prima si erano arrampicati su una moschea a Copenaghen con uno striscione per chiedere l’espulsione degli stranieri e la fine dell’islamizzazione della Danimarca.

La rete che ha partecipato alla manifestazione di Vienna è la stessa che si era incontrata a Gallarate, in Italia, il 17 maggio al Remigration global summit. “Il global forum si è svolto a Gallarate, vicino a Milano, perché gli organizzatori hanno pensato che quello sia un terreno fertile per questo tipo di propaganda. Al forum di fatto non hanno partecipato figure di spicco del panorama italiano, ma nel frattempo CasaPound ha cominciato una sua parallela campagna su questa parola, che porterà al lancio della piattaforma italiana a settembre”, spiega l’esperto.

Presentando il summit di Gallarate l’austriaco Martin Sellner, rappresentante del movimento identitario austriaco e tra gli organizzatori dell’evento, ha detto sui suoi account social: “Nei giorni scorsi i media di sinistra ci hanno aiutato a pubblicizzare questo summit e domani milioni di italiani sentiranno parlare di remigrazione”.

Tra i relatori dell’evento di maggio c’erano anche Lena Kotre del partito tedesco Alternative für Deutschland (Afd), John McLoughlin del Partito nazionale irlandese, il politologo belga Dries Van Langenhove e altri nomi legati a gruppi di pressione identitari e neofascisti. In Italia sono soprattutto gli esponenti della Lega a usare la parola remigrazione.

Al summit di Gallarate per esempio il generale Roberto Vannacci, eurodeputato e vicesegretario della Lega, ha mandato un videomessaggio in cui diceva: “Mi dispiace non poter essere fisicamente con voi per questo importante appuntamento, ma ci tengo a fare sentire la mia voce e a dare il mio pieno sostegno. Il tema che affrontate oggi è coraggioso, ma necessario. E soprattutto è stato un tema che per troppo tempo è stato assente dal dibattito: la remigrazione”.

Secondo Vannacci la remigrazione non è uno slogan, ma significa: “riaccompagnare nei paesi d’origine coloro che non rispettano le nostre leggi, che rifiutano i nostri valori e disprezzano la nostra cultura”.

Nulla di più fuorviante

Il termine è usato dai gruppi dell’estrema destra per supportare una teoria del complotto, quella della sostituzione etnica o grande sostituzione, e mascherare con un eufemismo la deportazione, cioè una pratica illegale in Europa che prevede il trasferimento forzato di persone straniere in maniera arbitraria in altri paesi. In Italia nel 2025 il termine è stato segnalato tra i neologismi dalla Treccani.

“La sua fortuna è stata la rete identitaria europea nell’area dell’Europa centrale. Ma è esplosa solo quando Donald Trump l’ha usata nella sua campagna elettorale contro Kamala Harris”, spiega Renzi. In Europa l’ideologo di questa rete è l’austriaco Sellner, di cui a settembre uscirà il libro anche in Italia con il titolo Remigrazione, una proposta con una casa editrice toscana vicina a Fratelli d’Italia.

Poi c’è stato il ruolo dell’Afd, che ha condotto una campagna elettorale su questa parola a partire dal 2023. Quell’anno in Germania la parola è stata eletta Unwort des Jahres, “non-parola dell’anno”, cioè termine più fuorviante e disumanizzante secondo il gruppo di linguisti riuniti nell’iniziativa Unwort-Aktion. “Ma in questo momento la stessa AfD sta pensando di rinunciare a quello slogan che sembra troppo divisivo e mette paura. C’è un dibattito dentro al partito su questo”, spiega Renzi.

In Francia il concetto di remigrazione è stato promosso dall’area identitaria, a cominciare da Génération identitaire (un gruppo disciolto nel 2021 dal governo francese), che ha introdotto il termine nella discussione pubblica nel 2014 con l’idea di rimandare fuori dal paese una parte degli immigrati e dei loro discendenti. Nel 2022 l’allora candidato di estrema destra alle presidenziali Éric Zemmour l’ha trasformata in proposta politica esplicita, annunciando perfino un “ministero della remigrazione” durante la campagna elettorale. Mezzi d’informazione e ricercatori francesi collegano la remigrazione alla teoria del complotto della grande sostituzione, sottolineandone l’uso propagandistico negli ambienti dell’estrema destra.

Primo partito del paese e potenzialmente forza di governo il Rassemblement national (Rn, estrema destra) di Marine Le Pen e Jordan Bardella, invece, evita di usare il termine remigrazione nella sua strategia di sdoganamento (o “de-diabolizzazione”, come viene chiamata in Francia), pur sostenendo misure restrittive sull’mmigrazione (restrizioni allo ius soli, referendum, preferenza per i cittadini francesi nell’accesso ai servizi pubblici, espulsioni di stranieri che hanno commesso reati). In più occasioni l’Rn ha preferito parlare di immigration de peuplement, “immigrazione di popolamento”, per non usare “remigrazione”.

Il termine è usato invece ampiamente dal collettivo nazionalfemminista Nemesis, che attribuisce agli immigrati e ai musulmani la responsabilità delle violenze sessuali contro le donne. “La remigrazione porta la pace” si legge sui post del collettivo su Instagram o su X e nella sua comunicazione in generale.

Che cosa propongono le destre con il temine remigrazione? L’espulsione di tutti gli irregolari, ma anche di tutti “i non assimilabili”, un punto molto vago che può essere interpretato in maniera più o meno restrittiva. “Ovviamente questo significherebbe deportazioni di massa di persone che vivono da lungo tempo nei nostri paesi”, spiega Renzi. L’idea di questi gruppi, inoltre, è di spostare in massa gli stranieri non soltanto nei paesi di origine, ma in paesi terzi con cui non hanno alcun legame.

Nei fatti per il momento sarebbe impraticabile e contrario alle leggi fondamentali nei paesi europei, ma il tentativo è spostare sempre un po’ di più l’asticella di ciò che si può discutere e si può fare nelle politiche dell’immigrazione. “Di fatto”, conclude Renzi, “è uno sdoganamento ulteriore di un approccio razzista alle politiche migratorie”.

Questo articolo è stato realizzato con il sostegno dello European media and information fund (Emif). Non riflette necessariamente le posizioni dell’Emif né dei suoi partner, la Calouste Gulbenkian foundation e lo European university institute.

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