All’inizio erano un progetto utopico fondato sugli ideali del decentramento e della trasparenza, oggi le criptovalute sembrano minacciare la lotta contro il riciclaggio di denaro sporco e la criminalità. È la conclusione di “The coin laundry” (Lavanderia a gettoni), un’inchiesta del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) che riunisce 37 mezzi d’informazione, tra cui Le Monde.
La causa principale va cercata nei problemi posti dagli exchange, gli sportelli materiali e digitali che collegano il mondo delle criptovalute al sistema finanziario tradizionale, permettendo di scambiare beni digitali con i contanti e viceversa.
Il problema delle criptovalute si basa su un paradosso: da un lato non esiste un sistema più trasparente, perché tutte le transazioni sono registrate pubblicamente sulla blockchain (un meccanismo che tiene traccia di tutti i passaggi di mano delle criptovalute); dall’altro è estremamente opaco, perché i titolari dei wallet (”portafogli”, l’equivalente di un numero di conto bancario) possono rimanere anonimi finché i fondi restano all’interno di questo sistema. L’identificazione degli utenti si basa esclusivamente sugli exchange, che dovrebbero fare da sentinelle quando il denaro entra o esce.
Ma mentre nel sistema finanziario tradizionale le banche sono tenute a verificare l’identità dei clienti e a sorvegliare i flussi finanziari sospetti, molti exchange offrono i loro servizi ai clienti senza fare la minima verifica, approfittando delle lacune della legge in determinati paesi o violando apertamente le norme in altri.
Un esempio evidente di questa situazione sono i “criptobancomat” – cioè gli sportelli automatici per scambiare le cripto con i contanti (e viceversa) in pochi secondi e senza giustificativi – oggi diffusi in tutto il mondo. In Francia vari apparecchi di questo tipo sono stati installati alcuni anni fa in negozi di alimentari a Parigi e a Lille. Ma queste installazioni sono illegali, perché realizzate da persone non identificate e non autorizzate dalle autorità francesi.
La polizia e la gendarmeria francesi hanno fatto due sequestri nel 2024, quando un’inchiesta giudiziaria ha scoperto tra gli utenti trafficanti di droga e vittime di truffe sentimentali che volevano dare dei soldi a un amante virtuale. “Questi apparecchi possono servire per fare versamenti immediati e anonimi a chiunque, anche a organizzazioni terroristiche”, avverte un esperto del settore.
Contanti a domicilio
Ma anche se in Francia il fenomeno resta marginale, numerosi paesi autorizzano o tollerano sistemi in evidente contraddizione con le basi stesse del sistema antiriciclaggio costruito negli ultimi decenni. In Ucraina, i giornalisti dell’Icij hanno visitato vari sportelli dove è facile prelevare migliaia di dollari in contanti identificandosi solo con uno pseudonimo sull’app di messaggistica Telegram. È una servizio particolarmente apprezzato dagli hacker della regione per convertire in contanti i riscatti pagati in criptovalute dalle vittime di pirateria in tutto il mondo.
Negli Stati Uniti, piattaforme come 60Sek propongono ai possessori di criptovalute un servizio di consegna di contanti attraverso un corriere nelle principali città del paese. A Dubai, molti negozi offrono di scambiare in tutta discrezione criptovalute con lingotti d’oro. Nell’emirato inoltre si possono pagare beni e servizi direttamente in criptovalute, dall’affitto di yacht all’acquisto di ville di lusso.
Mentre un tempo l’opacità finanziaria era caratteristica di sistemi complessi e costosi con sede nei paradisi fiscali, oggi questi servizi sono accessibili con un telefono e per una somma modesta. Un meccanismo che apre un’autostrada alle organizzazioni criminali e ai truffatori di ogni genere per riciclare fondi occulti.
“La massa di denaro che passa attraverso questi sportelli è assolutamente incredibile. Non sappiamo chi li usa né perché”, si preoccupa Nick Smart, responsabile della sicurezza per la Crystal, un’azienda olandese specializzata nell’analisi delle transazioni in criptovalute. Chainalysis, un’altra azienda del settore, stima che nel 2024 e nel 2025 “almeno 28 miliardi di dollari legati ad attività illecite” siano passati attraverso gli exchange.
Alla fine di ottobre, uno sportello online chiamato 001k proponeva ai clienti un‘“offerta speciale”: 10.001 dollari in contanti per l’equivalente di 9.757 dollari in criptovalute. Pamela Clegg, specialista della lotta contro il riciclaggio di denaro, vede in questa promozione improvvisa la prova che la piattaforma è “collegata a un gruppo criminale che ha bisogno di sbarazzarsi di denaro liquido”. Per le reti di trafficanti di droga in effetti le criptovalute sono un buon modo per liberarsi del contante incassato con i loro traffici, che per definizione è voluminoso, ingombrante e più difficile da trasportare dei beni digitali. Possono così convertire grandi somme nel paese di loro scelta, come Dubai, e investirle a piacimento.
“The coin laundry” (Lavanderia a gettoni) è un’inchiesta giornalistica internazionale su come le criptovalute sono usate dalle organizzazioni criminali, che approfittano delle lacune in materia di controllo e vigilanza degli intermediari. È coordinata dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij), che riunisce 37 mezzi d’informazione, tra cui Le Monde, in 35 paesi.
Anche le grandi piattaforme di cambio online non sono al riparo da questi problemi. In Francia Binance è al centro di un’indagine giudiziaria per non aver rispettato, , secondo la procura di Parigi, “i suoi obblighi di vigilanza nella lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo”. È sospettata di aver facilitato il riciclaggio di “somme provenienti da vari reati, in particolare dal traffico di stupefacenti e dalle frodi fiscali” a causa delle sue carenze sull’identificazione della clientela, il cosiddetto “Kyc” (know your customer, conosci i tuoi clienti).
Per le autorità francesi la questione è molto importante: in materia di vigilanza e di cooperazione con le autorità le piattaforme devono rispettare gli stessi standard delle attività finanziarie tradizionali. “Dobbiamo liberarci di quelle meno sicure e conservare solo le più serie, in modo da avere un settore delle criptovalute solido invece di un far west”, riassume un magistrato.
Un obiettivo però ancora lontano, soprattutto alla luce delle recenti evoluzioni di Binance, che finora era uno dei rari exchange a cooperare attivamente con la giustizia. Secondo informazioni che Le Monde e gli altri giornali partner dell’inchiesta hanno ottenuto da fonti giudiziarie in Francia, Germania, Belgio e Svizzera, la piattaforma non fornisce più tutti i dati a sua disposizione, ma si limita a rispondere alle richieste delle autorità giudiziarie su persone residenti o cittadine del paese che le sollecita. Un elemento che complica ancora di più il lavoro degli investigatori, “completamente dipendenti da queste piattaforme che dovrebbero essere dei fornitori di fiducia”, come riconosce uno di loro.
Il contesto internazionale, però, non sembra favorevole a una regolamentazione degli exchange. Negli Stati Uniti, finora all’avanguardia nelle inchieste contro le principali piattaforme, il presidente Donald Trump ha allentato i controlli rendendo meno vincolante la regolamentazione e graziando l’ex amministratore di Binance, Changpeng Zhao, condannato nel 2023 in una gigantesca vicenda di riciclaggio.
Ma se i segnali inviati dagli statunitensi rendono ancora più complicata la lotta al riciclaggio, gli investigatori devono anche fare i conti con nuove minacce. La prima è Monero, una criptovaluta in voga tra i criminali. Presentandosi come “sicura, privata, non tracciabile e in grado di preservare la riservatezza del vostro denaro”, promette di nascondere l’identità degli utenti e l’origine dei loro fondi. Caratteristiche che ne hanno decretato il divieto sulle principali piattaforme, tra cui Binance nel settembre 2024.
Il secondo nemico degli investigatori è il ricorso ai “mixer”, camere di compensazione dove un utente può scambiare una criptovaluta con un’altra dello stesso valore, “spezzando allo stesso tempo la tracciabilità” teoricamente offerta dalla blockchain. È quasi impossibile sapere chi gestisce questi mixer, che non hanno altro scopo se non rendere anonime le transazioni.
Nel giugno 2025, il parlamento francese si è interessato a questi strumenti in occasione della “legge sul narcotraffico”, estendendo la definizione penale di riciclaggio alle operazioni fatte con l’aiuto di strumenti di anonimizzazione. Di fronte all’impossibilità di poter identificare gli utenti di queste soluzioni, la giustizia potrà comunque sequestrare rapidamente i fondi in Monero o transitati attraverso questi mixer. Una magra consolazione in un momento in cui la giustizia considera una priorità la strategia di “colpire i criminali nel loro portafoglio”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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