◆ Quello che accadde a Reggio Emilia il 7 luglio 1960, la strage in cui le “ forze dell’ordine” uccisero cinque civili inermi che partecipavano alle manifestazioni di protesta contro il governo Tambroni monocolore democristiano retto con il determinante appoggio esterno dell’Msi, fu una fredda carneficina: 35 minuti di grida, spari, sirene di ambulanza e di polizia registrate per caso da un commesso recatosi al comizio sindacale con un magnetofono. Quei fatti dovrebbero essere insegnati a scuola. Invece la loro memoria è essenzialmente affidata a una canzone, all’opera di un bardo, come nei tempi antichi. Quel bardo è Fausto Amodei, torinese, che con la sua ballata Per i morti di Reggio Emilia non solo ha salvato quelle vittime dall’oblio della storia, ma ci ha regalato un inno, oggi più che mai attuale, per unire le voci e non lasciarci soli. Le canzoni non servono solo a ricordare i fatti, ma anche a ricordarci chi siamo, a sturare i tappi delle orecchie alle sirene delle nostre coscienze. Perché il fascismo e la resistenza non sono fenomeni museali, ma forze vive che operano all’interno della società e soprattutto all’interno di noi stessi. Nel nostro continuo scegliere, anche le canzoni possono aiutare a mantenerci vigili. Fausto Amodei, classe 1934, continua tuttora a tenere in allenamento la nostra coscienza con una lucidità e un senso di umanità che ravviva la speranza.
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Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati