Nel 1969, mentre metteva piede sulla Luna, secondo essere umano a farlo, Buzz Aldrin era “euforico” e aveva “la pelle d’oca”. Lo spettacolo era magnifico. Per prima cosa ha esaminato il suolo sotto gli scarponi. Poi ha fatto la pipì.

Aldrin, il primo essere umano a urinare sulla Luna (in un apposito contenitore assicurato alla vita), è solo uno di centinaia di astronauti che, mentre compivano imprese straordinarie, hanno fatto la cosa più terrena di tutte. Nei quasi sessant’anni trascorsi dal primo viaggio spaziale gli ingegneri hanno lavorato alla realizzazione di tute, shuttle e capsule in grado di agevolare questo gesto, e il lavoro prosegue: un gabinetto nuovo di zecca sta per essere installato sulla Stazione spaziale internazionale (Iss). La Nasa ha speso 23 milioni di dollari per lo Universal waste management system, probabilmente il gabinetto più costoso dell’universo e sicuramente il più avanzato tra quelli extraplanetari dell’agenzia. È più piccolo e leggero del vecchio modello e la manutenzione è più facile, un passo avanti importante considerando che gli astronauti in missione non possono chiamare l’idraulico. I tubi di metallo, realizzati con la stampante 3d, sono progettati per resistere all’acido usato per trattare l’urina, che in seguito è trasformata in acqua potabile.

angelo monne

Qui sulla Terra diamo però per scontata la caratteristica più importante del nuovo water. Non c’è un modo elegante per dirlo, quindi lo dico e basta: a differenza di quelli in uso sulla Stazione spaziale internazionale, permette di fare contemporaneamente la pipì e la cacca. Questo interessa più alle donne, che hanno più difficoltà a separare le due funzioni corporali. Da anni le astronaute si siedono sulla tazza con molta attenzione, dopo essersi scambiate consigli con le colleghe, cercando di adattarsi a un oggetto che non è stato concepito per loro.

I water spaziali sono molto diversi da quelli che abbiamo in bagno. Con i modelli più vecchi si urina in un imbuto portatile e si defeca in un oggetto che sembra la versione ridotta di un sedile tradizionale. All’interno una ventola risucchia gli escrementi, cosa molto importante in un ambiente senza gravità. L’urina diventa l’acqua potabile del giorno dopo, mentre le feci sono compresse in un contenitore rimovibile e trasferite su un veicolo speciale per i rifiuti, che brucia nell’atmosfera con la solennità di una stella cadente. La faccenda è difficile sia per gli uomini sia per le donne. Se si avvicina troppo l’imbuto al corpo, interrompendo il flusso d’aria, la pipì si raccoglie in alto. Se si perde contatto con il sedile, le feci possono sfuggire. Se si dimentica di azionare la ventola prima di cominciare, può succedere un pasticcio.

Doppia operazione

Ma l’operazione è più complicata per le donne, che in genere effettuano “la doppia operazione”, che nel gergo della Nasa indica l’espulsione simultanea di urina e feci. “Non è facile piazzare l’imbuto stando sedute”, spiega l’astronauta Jessica Meir. Le astronaute sono addestrate a usare e a riparare il gabinetto nella stessa struttura del Johnson space center di Houston in cui si esercitano nelle passeggiate spaziali, intorno a una riproduzione dell’Iss sul fondo di una piscina.

Il nuovo sistema è stato progettato tenendo conto dell’anatomia femminile, quindi è molto più di un semplice gabinetto. È il simbolo del cambiamento del programma spaziale statunitense, che nei primi vent’anni di vita aveva inviato nello spazio solo uomini.

Può sembrare assurdo che l’agenzia che più di mezzo secolo fa ha portato gli esseri umani sulla Luna non avesse ancora un dispositivo per fare le due cose insieme. Il water presente nella parte statunitense della stazione spaziale risale agli anni novanta, e imitava un modello sovietico. All’epoca tra gli astronauti statunitensi e russi c’erano pochissime donne.

Oggi, invece, la Nasa sta progettando di mandare per la prima volta una donna sulla Luna, con il programma Artemis (Artemide nella mitologia greca era la sorella di Apollo). A quanto pare, l’astronauta potrà usare il gabinetto spaziale di ultima generazione. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1381 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati