“Tutte le acque della terra morava scorrono volgendo a sud. Solo ai confini i fiumi si fondono in un singolo possente corso d’acqua. (…) Nella parte occidentale del paese tutta l’acqua si raccoglie nel fiume Thaya, mentre la metà orientale convoglia le sue acque nella Morava. Entrambi i fiumi convergono a sud in un paesaggio paludoso. L’antico nome Morava significa acquitrino”.

Così lo scrittore ceco Eduard Štorch descrisse la confluenza dei fiumi Morava e Thaya nel suo romanzo Lovci mamutů (Cacciatori di mammut). Questa regione ricca di prati, foreste alluvionali e vecchie querce isolate ricorda i paesaggi preistorici. Dalle zone umide e dagli stagni verde brillante spuntano rami di alberi marci, tra cui risplendono i boccioli gialli delle primule.

“La stagione che preferisco è la primavera. C’è molta acqua, gli anfibi escono dalle loro tane, non ci sono ancora le zanzare e crescono tappeti di fiori colorati”, racconta Filip Šálek, una guardia forestale, mentre in una mattina soleggiata attraversiamo il paesaggio di Soutok (che in ceco vuol dire confluenza). All’inizio dell’estate i prati sono verdi, a eccezione di una zona più secca dove sono cresciuti dei garofani. “Meno male che non li hanno tagliati”, dice Šálek. Una farfalla bianca svolazza su dei piccoli fiori viola dalle sfumature rosa. “Dovrebbero essercene di più. Ma siccome la maggior parte dei prati qui è completamente falciata abbiamo un problema di insetti. Speriamo che le farfalle aumentino”, dice un uomo con la maglietta a righe.

Valore culturale

Grazie alla combinazione del valore culturale e naturale del paesaggio la parte più meridionale della Moravia, dove si trova Soutok, è diventata la 27a area protetta del paese: a forma di V, si estende dai bacini idrici di Nové Mlýny nei dintorni di Pálava passando per Břeclav fino a Hodonín, e copre un’area di 120 chilometri quadrati.

“L’obiettivo è conservare questa zona non solo per la natura ma anche per la cultura, come per esempio, le forme tradizionali di agricoltura”, spiega Pavel Pešout dell’agenzia per la tutela della natura e del paesaggio.

La presenza umana in questi luoghi risale alla preistoria e si sono conservati anche monumenti del nono secolo, quando qui aveva sede il principato di Moravia. Tracce dell’antico insediamento sono visibili nella zona che ospita il castello di Pohansko.

“Sono venuta al castello per conoscere la storia della Moravia ed è davvero splendido”, dice Blanka Maňousková, una turista. Era già venuta a Soutok, ma questa è la prima volta in bicicletta, che le ha permesso di visitare gran parte della zona: “La natura è unica da queste parti e oggi ho finalmente potuto vederla bene”.

La vita del passato è testimoniata dalle fondamenta in pietra degli edifici della grande Moravia, tra cui una chiesa e una replica di un santuario pagano e una casa seminterrata, una sorta di abitazione parzialmente incorporata nel terreno.

Nel prato ci sono strisce di erba alta e di erba tagliata. Si tratta del cosiddetto sfalcio a mosaico, che aiuta la crescita di una maggiore varietà di erbe e insetti delle piante. “Oggi i prati sono integralmente falciati tutti in una volta con grandi macchinari. Ma così scompaiono le piante di cui si nutrono gli insetti”, spiega Šálek. A Soutok lo sfalcio a mosaico è praticato solo in poche zone, ma ora che è diventata area protetta dovrebbe estendersi al resto del territorio. Qui, tra i fiumi Morava e Thaya, si trova la più grande area di foreste alluvionali dell’Europa centrale, che negli ultimi anni è stata minacciata dalla siccità. Per questo a Soutok si sta costruendo una diga che fornisca più acqua del fiume Thaya alle foreste alluvionali, allungando il periodo in cui sono parzialmente sommerse.

“Durante le piene salivo su una barca insieme a un amico e navigavamo attraverso la foresta. I suoi genitori vivevano qui”, ricorda Šálek, indicando un casotto di caccia. “A volte dormivamo lì dentro e facevamo la sauna sulle rocce calde vicino allo stagno”. Šálek sta facendo delle ricerche sugli anfibi della zona e organizza escursioni per i bambini. Questo paesaggio lo conoscono in pochi.

Un nuovo scarabeo

La regione nasconde anche tesori meno evidenti delle foreste alluvionali. Sono le “zolle”, innalzamenti del terreno a cui all’inizio non si presta molta attenzione. Sono i resti delle dune di sabbia dell’era postglaciale e dei sedimenti sabbiosi dei delta dei fiumi che arrivavano qui quando la Moravia era bagnata dal mare. Questi innalzamenti sono gli unici a rimanere al di sopra del livello dell’acqua anche durante le inondazioni. E grazie al sottosuolo sabbioso asciutto offrono un ambiente speciale per tanti animali. In passato, però, su molti di questi rilievi sono stati piantati degli alberi per l’industria del legname, distruggendo alcuni habitat e le specie che ci vivevano. “Ora la Parnassius mnemosyne, una farfalla protetta, è presente solo in alcune località. L’ultima volta che ne ho fotografata una qui è stato dieci anni fa”, spiega Šálek.

Soutok è popolare tra i ciclisti per la sua distanza dalla civiltà, per il terreno pianeggiante e ovviamente per la pista ciclabile

Ci stiamo lentamente dirigendo a sud su una strada asfaltata e pianeggiante. La nostra meta è la confluenza dei due fiumi, dove il Thaya sfocia nella Morava . Qui le auto non sono ammesse, a parte quella di Šálek perché è anche un ricercatore.

Sul lato destro della strada scorre il Thaya, mentre sul quello sinistro ci sono ampi prati da cui arriva il frinire dei grilli. L’aria è satura dell’odore dell’erba. Impressiona il gran numero di rapaci: nel cielo avvistiamo un nibbio con la sua tipica coda biforcuta, mentre un gheppio è appollaiato su una balla di fieno. Ci sono anche rare aquile di mare, dalla coda bianca, aquile reali, falchi e gruccioni. Inoltre Soutok ospita cicogne bianche e nere. Una volteggia sopra gli alberi per poi posarsi in un grande nido su un vecchio albero solitario.

Questi alberi solitari, i cui rami contorti ricordano le corna di cervi e daini nella riserva locale, crescono nei prati e nelle foreste. Alcuni hanno diverse centinaia di anni e nelle loro cavità si rifugiano parecchi animali. “Querce, olmi o pioppi ospitano tante specie di coleotteri in via di estinzione”, spiega Šálek. Qui si possono vedere il coleottero gigante, il coleottero alpino e il cervo volante. Nel 2018 gli scienziati hanno scoperto su delle vecchie querce una specie nuova di scarabeo. È stata chiamata Paranovelsis moravicus.

“Gli alberi antichi funzionano come dispensa e riparo per gli uccelli. E anche i pipistrelli possono farci il nido. In quelli più giovani invece non ci sono tanti animali, perché gli uccelli non possono fare cavità in alberi sottili”, spiega la guardia forestale. Ma i vecchi alberi stanno morendo un po’ alla volta, per questo nei prati ne hanno già piantati di nuovi. Nei boschi, durante il taglio, se ne lasciano alcuni affinché possano irrobustirsi e invecchiare.

Gli oppositori

Un albero insolitamente vecchio è cresciuto vicino a un piccolo lago in mezzo al bosco. In alcuni punti dell’ampio tronco manca la corteccia e il legno chiaro ha molte cavità. “Questa è opera delle larve del cerambice della quercia”, spiega Šálek, frantumando il legno che gli si sgretola in mano. Siamo nelle foreste di Lanžhot, una riserva naturale nella zona di Soutok. La foresta in realtà ha un aspetto un po’ insolito: oltre ai vecchi alberi ad alto fusto ci sono anche tronchi morti su cui cresce il fungo Polyporus. In un qualsiasi altro bosco i forestali li avrebbero già rimossi.

Cosa ha permesso di preservare questo paesaggio, che a volte viene chiamato l’Amazzonia morava? Il territorio in precedenza apparteneva al casato di Liech­tenstein, che usava Soutok come terreno di caccia. In seguito è stato una zona di confine, come testimoniano ancora oggi i bunker. Questo paesaggio unico è stato preservato anche grazie alle frequenti inondazioni, che hanno reso l’area inadatta all’agricoltura intensiva.

Nonostante l’unicità, alcuni abitanti locali, consiglieri municipali, imprenditori e deputati nazionali si sono opposti all’area protetta sostenendo che il ministero dell’ambiente stava facendo troppa pressione e che i proprietari dei terreni non avrebbero più potuto decidere come usarli. Pešout, dell’agenzia per la tutela della natura, precisa che la maggior parte delle autorità locali e regionali concorda con l’iniziativa. “Le obiezioni sono state quasi sempre respinte, mentre altre riguardavano luoghi esterni all’area protetta”, afferma. Il tribunale ha già respinto ventidue ricorsi amministrativi su trenta presentati.

Secondo Pešout il tempo dimostrerà l’utilità dell’area protetta se sarà gestita bene. “A quel punto le persone capiranno che la sua esistenza non comporta nessuna restrizione”, afferma Pešout

L’auto sobbalza lungo una strada dritta e arriva a un piccolo incrocio. Non siamo lontani dalla nostra destinazione. Da qui dobbiamo camminare per circa un chilometro fino alla confluenza lungo passerelle in legno che attraversano un’umida foresta alluvionale. Per la strada ci superano molti ciclisti e siamo gli unici a piedi. Non c’è da stupirsi: i mezzi pubblici qui non arrivano e Lanžhot, la città più vicina, si trova a diciassette chilometri. Soutok è popolare tra i ciclisti proprio per la sua distanza dalla civiltà per il terreno pianeggiante e ovviamente per la pista ciclabile. L’intera area è accessibile: “Lo status di area paesaggistica protetta non comporta alcuna restrizione: le persone possono muoversi liberamente ovunque, la raccolta di frutti di bosco non è limitata”, spiega Pešout dissipando i timori emersi occasionalmente.

Dopo circa quindici minuti raggiungiamo la destinazione del nostro viaggio: la punta più meridionale della Moravia, dove due fiumi si uniscono. Dall’altra parte della Thaya si trova l’Austria, mentre il fiume Morava segna il confine con la Slovacchia.

Fase nuova

Di tutti i luoghi di Soutok che abbiamo visitato, questo è sorprendentemente il meno bello e interessante. All’arrivo siamo accolti da un cartello coperto di muschio che indica il confine di stato. L’area è invasa da ortiche e insetti, nei fiumi l’acqua è marrone. La punta estrema della confluenza, da cui si può osservare la fusione dei due fiumi, è un piccolo appezzamento di terra. I visitatori scattano rapidamente una foto e poi se ne vanno.

Anche Blanka Maňousková, la turista che avevamo incontrato al castello, condivide la sua sorpresa: “La confluenza fluviale mi ha un po’ deluso, non c’è molto da vedere. È chiaro quale sia la parte austriaca e quale quella slovacca. Basta vedere gli edifici sulle rispettive rive”, osserva divertita. La differenza salta agli occhi: i cottage in legno sulla riva austriaca sembrano più moderni, accoglienti e si integrano con l’ambiente circostante. Le case slovacche invece sono più vecchie, più colorate e trasandate.

C’è anche una grande escavatrice che non aggiunge bellezza al lato slovacco. “Stanno ripristinando un’ansa del fiume”, spiega Šálek. I torrenti prima si ramificavano qui, ma durante l’epoca socialista la costruzione di argini li ha imprigionati in canali di cemento. Le modifiche principali le ha subite il corso della Morava. Alcune anse dovrebbero essere ripristinate, portando i fiumi più vicini alla loro forma originale.

Alla loro confluenza finisce la Moravia. Anche il nostro viaggio finisce qui. Per questo paesaggio unico, in cui da tempo immemorabile l’attività umana si fonde con la natura, sta cominciando una nuova fase che contribuirà a preservare i prati, le zone umide e i boschi alluvionali per le persone e per le tante specie di piante e animali che ci abitano. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati