Il 20 aprile 2025, domenica di Pasqua, poche ore prima della sua morte e nonostante uno stato di salute precario, papa Francesco ha incontrato brevemente in Vaticano il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance. Per Francesco si è trattato dell’ultimo incontro con un rappresentante dell’ala conservatrice del cattolicesimo statunitense, sempre più forte e aggressiva.
Il decesso del papa, il 21 aprile, ha dato il via alla corsa per la scelta dell’uomo che guiderà un miliardo e 400mila cattolici sparsi per il mondo, ma ha anche attirato l’attenzione sul complicato rapporto tra il Vaticano e i fedeli statunitensi, la cui evoluzione culturale e teologica rispecchia la svolta a destra del paese nell’epoca del movimento Make America great again (Maga).
Rappresentati da Vance, battezzato solo nel 2019 a 35 anni, i sostenitori di questa linea conservatrice stanno riesumando pratiche antiche come la messa in latino e il velo per le donne in chiesa. Rispetto alla totalità degli statunitensi che si identificano come cattolici queste persone possono sembrare poco numerose, ma secondo diversi osservatori sono sempre più influenti. I conservatori tendono a partecipare di più alla messa domenicale e alla gestione delle attività delle parrocchie, mentre gli altri restano a casa. La loro visione del mondo si rispecchia nelle politiche dell’amministrazione Trump, che si tratti dell’introduzione dei dazi o delle deportazioni di massa degli immigrati entrati illegalmente nel paese. I cattolici conservatori stanno inoltre costruendo una rete di università e mezzi di comunicazione per educare i quadri del futuro.
“Vance fa parte di una legione di giovani che hanno seguito lo stesso percorso, dall’ateismo all’avversione radicale nei confronti della cultura liberal fino a una forma di cristianesimo ispirato a sant’Agostino”, spiega David Deane, teologo esperto di cattolicesimo e nuova destra. “I seminari cattolici sono sempre più popolati da ragazzi che la pensano così”. L’ascesa di questa corrente ha creato un rapporto insolitamente teso con un papa che ha sempre voluto mettere l’accento sulla misericordia e l’umiltà. Prima dell’incontro del 20 aprile Vance era stato impegnato in un botta e risposta piuttosto acceso con il Vaticano a proposito delle deportazioni volute da Trump.
“Per i conservatori l’elezione di papa Francesco è stata un trauma che è diventato ancora più sconvolgente quando il pontefice ha cominciato a parlare di gay, divorzio e capitalismo”, spiega Massimo Faggioli, che insegna storia della chiesa all’università di Villanova, in Pennsylvania. “La relazione si è incrinata immediatamente”. Secondo Faggioli se il successore di Francesco sarà un liberal c’è il rischio di un’ulteriore spaccatura tra il Vaticano e i cattolici statunitensi. Una possibilità ventilata dallo studioso è quella di uno “scisma liquido”: non una rottura formale ma due mondi che si ignorerebbero a vicenda. Stephen P. White, direttore del Catholic project, un progetto di ricerca dell’università cattolica di Washington, collega questa possibilità a una “anglicizzazione” del cattolicesimo, ovvero una frammentazione della chiesa su base nazionale.
Il Catholic project ha rilevato la sorprendente crescita dei conservatori in uno studio del 2022 condotto su più di 3.500 sacerdoti, in cui l’80 per cento di quelli ordinati dopo il 2020 si identificava come “conservatore/ortodosso”, mentre quelli più vicini alle idee progressiste e liberali erano quasi assenti. “Tra i preti è in atto un cambiamento radicale”, spiega White, convinto che si tratti “di un populismo che si sta diffondendo non solo negli Stati Uniti ma in gran parte del mondo occidentale”.
Dagli anni sessanta la chiesa cattolica ha oscillato tra l’adozione dei princìpi più liberali del concilio Vaticano II e il conservatorismo legato ai 35 anni di guerra fredda, incarnato da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nel 2013 la nomina di Francesco, un argentino celebrato come primo papa venuto dal “sud globale”, ha segnato una netta virata verso un approccio più pastorale che insisteva sulla flessibilità e sulla compassione a scapito della dottrina. Francesco ha conquistato le prime pagine dei giornali approvando le “benedizioni” per le coppie dello stesso sesso e parlando di divorzio e crisi climatica. Dietro le quinte, però, i conservatori statunitensi si sono progressivamente rafforzati, uniti dalla convinzione che il liberalismo, nelle sue diverse forme (politiche, sociali e teologiche) avesse ormai fatto il suo tempo. Pur ammettendo che questa dottrina aveva generato una certa ricchezza materiale, i conservatori ritenevano che avesse danneggiato le comunità e favorito la “carneficina” sociale evocata da Donald Trump durante il suo discorso inaugurale del primo mandato, nel 2017.
Rispetto alle questioni strettamente legate alla chiesa cattolica, i conservatori sostengono che l’idea di sposare la modernità e corteggiare le giovani generazioni abbia provocato uno svuotamento delle chiese e seminato la confusione. La loro proposta è costruire un mondo post-liberale radicandosi nelle tradizioni del passato.
“Molti progressisti pensano che se la chiesa riuscirà ad abbracciare il mondo moderno arresterà il proprio declino. Ma in tutti i contesti in cui la chiesa ha abbracciato il mondo moderno e i valori contemporanei, è morta”, afferma Timothy Gray, presidente dell’Augustine institute, un istituto teologico cattolico che propone un ritorno al rigore della scrittura e della tradizione ed è una delle istituzioni che guida il movimento conservatore.
L’Augustine institute produce materiale formativo e contenuti online ed è stato fondato nel 2005 a Denver. L’anno scorso ha speso venti milioni di dollari per acquistare un campus di 1.100 chilometri quadrati alla periferia di St. Louis, in precedenza usato dalla Boeing come centro di formazione per i dirigenti. L’istituto sta ancora completando la ristrutturazione, sostituendo le stampe che celebrano il miracolo dell’aviazione con i quadri che raccontano i miracoli compiuti dai santi. Per fare un paragone, due anni fa l’arcidiocesi di St. Louis ha dovuto chiudere o accorpare decine di parrocchie a causa del calo delle presenze e della carenza di preti. Dalla biblioteca dell’istituto, impreziosita da pannelli di legno intarsiati provenienti da un monastero inglese del settecento, Gray dice: “Un albero si giudica dai suoi frutti”.
Secondo i conservatori l’idea di sposare la modernità ha svuotato le chiese
Altre roccaforti del conservatorismo sono l’università francescana di Steubenville, in Ohio, e il Benedictine college di Atchison, in Kansas. L’anno scorso, all’interno del Benedictine, il giocatore della squadra di football dei Kansas City Chiefs, Harrison Butker, ha tenuto un discorso inaugurale in cui ha invitato le donne a seguire la loro “vocazione” di casalinghe, scatenando una polemica nazionale.
Molti degli studenti praticano un cattolicesimo antico e non riformato che sembrava destinato a sparire. Uno degli aspetti più sorprendenti di questa tendenza è il ritorno della tradizionale messa in latino, codificata alla fine del cinquecento e sopravvissuta fino agli anni sessanta (Francesco ne ha scoraggiato l’uso). Durante questo rituale antico, il prete parla esclusivamente in latino e volta le spalle ai fedeli in modo da guardare direttamente dio, mentre nella messa contemporanea il sacerdote è rivolto verso il popolo e dà ai fedeli la possibilità di partecipare alla celebrazione.
Rituali del passato
Tra quelli che hanno trovato un senso di mistero e trascendenza nei vecchi rituali c’è Michael Knowles, produttore di un podcast molto seguito e autore di video online che offrono commenti da una prospettiva cattolica ospitati dalla piattaforma Daily Wire, vicina al movimento Maga. “Le persone vanno a messa per cogliere un barlume di paradiso”, spiega Knowles, il cui canale YouTube ha più di 2,2 milioni di iscritti. “Se la messa si concentra su di me, se la musica diventa più informale e se i sacramenti non sono trattati con la dovuta riverenza, allora il messaggio implicito è che in realtà non c’è alcun bisogno di andare a messa”.
Brittany Hugoboom, affascinante direttrice di Evie, una rivista descritta spesso come un “Cosmopolitan conservatore”, è una estimatrice della messa in latino. Lo stesso vale per Megan Mlinarcik, madre di sei figli residente a Pittsburgh che gestisce su Facebook un gruppo dedicato alle mamme che amano la messa in latino. Mentre le chiese cattoliche vivono un declino che dura ormai da decenni, la parrocchia tradizionalista frequentata da Mlinarcik continua a conquistare fedeli. Il suo motto? “Il nostro futuro è il nostro passato”. “Molte persone ci hanno scoperti ai tempi del covid-19 e sono rimaste con noi”, racconta. La messa in latino, che ha unito i cattolici di generazioni e paesi diversi, è stata una potente forza di attrazione. “Puoi seguire una messa in latino ovunque nel mondo, è sempre la stessa”, spiega Mlinarcik.
Il loro progetto non è spaccare la chiesa, ma far tornare grande il cattolicesimo
Secondo un recente studio condotto dal Pew research center, il 19 per cento degli statunitensi (circa 53 milioni di adulti) s’identifica come cattolico, un calo rispetto al 2007 quando la percentuale era del 24 per cento. Ma dopo un declino durato decenni, la tendenza sembra essersi stabilizzata. Un dato statistico più rilevante potrebbe essere quello relativo alla frequenza in chiesa: negli anni settanta almeno metà dei cattolici partecipava alla messa settimanalmente, mentre oggi sono solo il 25 per cento, spiega Ryan Burge, professore della Eastern Illinois university che segue l’evoluzione dei dati relativi alle religioni.
Ormai da tempo i cattolici sono un indicatore delle tendenze politiche statunitensi. Nel 2020 si erano spaccati nella scelta del presidente, come ha dimostrato un vasto sondaggio condotto dall’Ap VoteCast. Alle ultime elezioni, invece, si sono schierati nettamente dalla parte di Trump, con un distacco dell’11 per cento. Un tempo motivati da cause come la lotta contro l’aborto, oggi i cattolici conservatori tendono a seguire più in generale le posizioni del movimento Maga sul presunto effetto deleterio del liberalismo e delle élite sulla civiltà occidentale, spiega Faggioli. “Il loro vero progetto non è spaccare la chiesa, ma make catholicism great again, far tornare grande il cattolicesimo”.
In generale i critici statunitensi del papa sono stati piuttosto diplomatici durante la malattia di Francesco, ma ai margini del movimento Maga qualcuno ha detto chiaramente che successore vorrebbe. Tra loro c’è il vescovo Joseph Strickland, fervente conservatore e avversario di Francesco che nel 2023 il Vaticano ha rimosso dall’incarico di guida della chiesa di Tyler, in Texas. “Naturalmente abbiamo pregato per lui”, ha dichiarato Strickland. “Ma al contempo abbiamo bisogno che il nuovo papa sia una persona molto più chiara e francamente più adeguata alla tradizione della nostra fede cattolica”.
Anche Francesco ha manifestato in più di un’occasione il suo malumore nei confronti dei conservatori statunitensi. Il ritorno di Trump al potere ha inasprito lo scontro. Nel dicembre 2024 il presidente statunitense ha nominato come ambasciatore presso la Santa Sede Brian Burch, una figura molto critica nei confronti di Francesco che in Wisconsin ha formato un gruppo chiamato CatholicVote. Durante l’ultima campagna elettorale, CatholicVote si è impegnato a favore di Trump mischiando la fede all’ideologia Maga. Nel suo libro A new catholic moment: Donald Trump and the politics of the common good (Un nuovo momento cattolico: Donald Trump e la politica del bene comune, 2020), Burch sostiene che le posizioni del presidente sul commercio e l’immigrazione sono allineate con gli insegnamenti cattolici e rafforzeranno le comunità. Francesco ha reagito nominando come arcivescovo di Washington un cardinale progressista, Robert McElroy.
Verso il conclave
Il tema dell’immigrazione è finito al centro della battaglia tra i due schieramenti. Pochi giorni dopo la cerimonia di insediamento Vance ha accusato la conferenza episcopale degli Stati Uniti di sostenere l’immigrazione clandestina permettendo agli immigrati di ottenere milioni di dollari in aiuti federali. L’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan, ha risposto definendo le parole di Vance “indecenti”.
A febbraio papa Francesco ha deciso di scrivere una lettera straordinaria per correggere Vance dopo che il vicepresidente aveva citato un argomento teologico sulle “gerarchie dell’amore” per giustificare le deportazioni imposte dall’amministrazione Trump. Nella sua missiva, il papa ha sottolineato in modo netto che la compassione non scompare al confine e non dipende dallo status legale di un migrante.
Al momento non è chiaro fino a che punto i conservatori statunitensi influiranno sul processo di scelta del nuovo papa. Durante il suo pontificato, Francesco ha riempito il collegio dei cardinali (l’assemblea che eleggerà il suo successore) di prelati liberali, ma resta il fatto che gli Stati Uniti ospitano la quarta comunità cattolica del mondo e sono un’importante fonte di introiti per il Vaticano, che attualmente attraversa un periodo di difficoltà economica.
Francesco ha voluto più volte indirizzare l’attenzione della chiesa verso la promozione della giustizia sociale ed economica anziché concentrarsi sulla difesa dei tradizionali insegnamenti morali. A Denver, padre Michael Nicosia è un pastore di St. Paul, una chiesa cattolica ecumenica che si definisce “radicalmente inclusiva” e promuove “un modo diverso di essere cattolici”. Nicosia, ex manager nel settore della pubblicità, ha frequentato il seminario a Rochester (New York) negli anni novanta, quando l’istituto era gestito da uno dei vescovi più progressisti del paese. Con grande rammarico di padre Michael, oggi l’arcidiocesi di Denver definisce i frequentatori di St. Paul “presunti” cattolici. Secondo Nicosia la forza d’attrazione dei conservatori è legata alla stessa falsa nostalgia che ha favorito i movimenti politici populisti in tutto l’occidente. “Mi sembra che in questi tempi di conflitto e cambiamento culturale molte persone trovino conforto in una chiesa che esclude e che offre risposte assolute e universali”, spiega. “La certezza è affascinante, ma è solo un’illusione”.
Denver ha un’importanza particolare per i cattolici conservatori. Nel 1993 Giovanni Paolo II aveva scelto la città del Colorado come sede della Giornata mondiale della gioventù, preferendola ai classici bastioni del cattolicesimo come Boston, New York e Chicago. L’idea di Wojtyla era quella di piantare il seme di una nuova evangelizzazione.
Quel giorno, tra i partecipanti, c’era il ventiquattrenne Tim Gray, all’epoca a capo di un gruppo giovanile di Rapid City (South Dakota). Gray ricorda ancora il frastuono dei piedi che sbattevano ritmicamente contro le gradinate del Mile High Stadium mentre l’elicottero del papa si avvicinava. “In quel momento ho pensato: ‘Le cose stanno cambiando’”, racconta. Gray era accompagnato da Charles Chaput, futuro arcivescovo di Denver e uno dei leader dei cattolici conservatori del paese. Gray è cresciuto alla periferia di Chicago in una famiglia che definisce “culturalmente cattolica”, ovvero rispettosa delle pratiche religiose ma senza grande convinzione. Al liceo il giovane Gray ha scoperto la Bibbia e dopo aver studiato all’università francescana è tornato in Colorado per contribuire alla fondazione dell’Augustine institute, partendo da una singola classe. “Sentivamo che molte istituzioni cattoliche avevano perso il contatto con le loro radici”, racconta.
Alle radici
La scuola dell’Augustine è aperta ai preti e ai leader della chiesa, con lezioni sia in presenza sia a distanza. L’istituto produce una serie di contenuti cattolici, dai manuali scolastici ai video in cui gli adolescenti spiegano come osservano la quaresima. Gran parte del materiale è disponibile su delle app per smartphone. Gray cerca di tenersi lontano dalla politica e sostiene che la missione dell’Augustine sia quella di ritrovare le radici del cattolicesimo e applicarle alla vita moderna.
Questa idea ha conquistato Madeline Joerger, 24 anni, arrivata all’istituto dopo aver conseguito una laurea al Benedictine college. Il suo desiderio è quello di insegnare in una scuola cattolica. “Abbiamo duemila anni di tradizione”, spiega la ragazza mentre pranziamo nel refettorio. “Abbiamo qualcosa da dire che va oltre il mondo moderno”. Il suo compagno di studi James Luppino, 27 anni, si considera parte di un movimento che si oppone a una cultura dominante che per molti è inadeguata. “Per molte persone la secolarizzazione del mondo moderno ha causato una perdita di senso”, spiega.
Quando il campus della Boeing è stato messo in vendita, un gruppo di finanziatori dell’Augustine institute si è attivato per raccogliere i fondi necessari ad acquistarlo. Oltre alle strutture costruite dall’azienda aeronautica e a una vasta rete di sentieri, la proprietà comprende uno château in stile francese realizzato dal proprietario originario Joseph Desloge, mercante di pellicce che ha fatto fortuna durante l’età dell’oro, alla fine dell’ottocento. Desloge aveva costruito anche una grande sala da ballo per il debutto in società della figlia, trasformata dai gestori dell’Augustine in una cappella in cui gli studenti e il personale celebrano la messa.
Nel giorno di san Patrizio, il 17 marzo, decine di persone si sono riunite per una celebrazione guidata dall’abate Gregory Mohrman, che ha ricordato ai presenti come quella festività riguardi Cristo, non il manzo sotto sale e la cultura irlandese. Mentre i fedeli cantavano gli inni e si mettevano in fila per la comunione, la luce riflessa dal fiume entrava nella sala attraverso le porte vetrate.
“Per rinnovare la chiesa non c’è bisogno di cambiare i suoi insegnamenti nel tentativo di essere popolari”, spiega Gray. “Basta basarsi su ciò che ha detto Gesù: ‘Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che a essere gettato via’. Ecco, penso che la cosa interessante di questo movimento sia proprio questa: è decisamente salato”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati