Unione europea
Tirare fuori lo smartphone, mostrare un codice e partire per le vacanze? Se le cose andranno come vuole Bruxelles, dovrebbe diventare realtà in tempo per le ferie estive, grazie a un passaporto sanitario valido in tutta Europa chiamato “certificato verde digitale”, sull’esempio del “passaporto verde” israeliano. La proposta presentata dalla Commissione europea dovrebbe essere trasformata rapidamente in un regolamento, cioè un atto giuridico vincolante per tutti gli stati europei. Il suo scopo è “agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione europea durante la pandemia di covid-19”. Dietro questa formula c’è una vecchia idea: quella di un continente senza confini, com’era prima della pandemia. Almeno per chi è stato vaccinato, ha fatto il test o è guarito dalla malattia. Quello che è stato proposto infatti non è un solo certificato, ma tre. Il passaporto verde non dovrebbe provare solo l’immunizzazione attraverso un vaccino, ma a scelta anche un test molecolare o un test rapido antigenico negativi, oppure un’infezione da covid superata. Questo perché nelle ultime settimane l’idea di un passaporto vaccinale valido in tutta l’Unione europea è stata fortemente criticata: alcuni sospettavano un velato obbligo al vaccino, altri la giudicavano del tutto irrealistica. In Europa i vaccinati sono ancora relativamente pochi, e sono soprattutto i più anziani e i malati cronici. I giovani invece, che non ce la fanno più a restare a casa e vorrebbero finalmente andarsene sulle spiagge di Corfù o farsi un giretto a Vienna, devono ancora aspettare.
La Commissione è stata cauta nella scelta dei termini. Il documento dovrebbe essere una soluzione temporanea e non sarebbe un passaporto vaccinale, ma un certificato. Il concetto che domina è “non discriminare”. I vaccinati non dovrebbero in nessun caso essere favoriti rispetto ai non vaccinati, una richiesta avanzata anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Il documento non dovrebbe più garantire che una persona è stata vaccinata, ma che presumibilmente non è in grado di trasmettere il virus.
Ogni altra ipotesi potrebbe essere controproducente. Come la stessa presidente Ursula von der Leyen ha ammesso, al momento c’è uno squilibrio che diventa sempre più chiaro per quanto riguarda i vaccini. L’Unione ha esportato vaccini in 33 stati, per un totale di 41 milioni di dosi. Tutte le richieste (più di trecento) tranne una sono state approvate. E cosa ha ottenuto in cambio? Niente, almeno non dal Regno Unito o dagli Stati Uniti, dove ai produttori è vietata l’esportazione.
La presidente della Commissione è stata chiara: “Non possiamo più spiegare alle cittadine e ai cittadini come mai le industrie farmaceutiche europee riforniscono tutto il mondo, ma in Europa dobbiamo sempre fare i conti con ritardi nelle consegne”. Von der Leyen ha addirittura minacciato un embargo verso gli stati che proibiscono le esportazioni in Europa: “Tutte le opzioni sono sul tavolo”.
Fino a un paio di mesi fa sarebbe stato impensabile che la Commissione ingaggiasse una guerra commerciale sui vaccini. Ma a Bruxelles c’è sempre più nervosismo. I paesi turistici spingono per la riapertura perché la loro economia soffre, l’inverno in lockdown ha sfibrato tutti. E secondo l’opinione pubblica l’evidente squilibrio tra la produzione di vaccini e la loro effettiva distribuzione in Europa dipende dalla Commissione, che ha negoziato i contratti.
Una splendida carota
Ci sono due ragioni per introdurre un regolamento per i passaporti verdi. Da una parte la Commissione vuole poter esercitare più pressione sugli stati. Dall’inizio della pandemia le sue raccomandazioni, basate sul principio di volontarietà, non sono state molto ascoltate. Dall’altra, la Commissione vuole creare una certezza giuridica, e in questo modo anche fiducia. “Si è scelta consapevolmente la strada dei regolamenti” per offrire uno strumento su cui le cittadine e i cittadini possano fare affidamento.
Si potrebbe dire che nella crisi di fiducia europea, la Commissione agita una splendida carota di cui tutti vogliono un pezzo: la libertà di movimento. Del resto non si tratta solo di turismo, ma anche di pendolari e frontalieri. Sono le ferie però a dettare la tabella di marcia. Secondo il portavoce di Von der Leyen i certificati dovrebbero entrare in vigore entro il 1 giugno, perché quella è la data d’inizio della stagione turistica. La Commissione invece parla della fine di giugno: a quel punto la metà degli europei adulti dovrebbe aver ricevuto il vaccino, entro la fine dell’estate dovrebbero essere il 70 per cento, e l’Unione resta fedele a questo obiettivo.
Il certificato europeo dovrebbe essere disponibile sui dispositivi mobili, ma anche poter essere stampato su carta. Il certificato vaccinale giallo dell’Organizzazione mondiale della sanità tuttavia non basta: è importante avere un codice che possa essere letto con uno scanner. In questo modo si potrà garantire che il certificato non è stato falsificato e si potranno ottenere i dati personali del portatore. Per tutelare la privacy, questi dati non saranno salvati centralmente, ma solo localmente: non dovrebbe esserci una banca dati comune europea. Inoltre dovrebbe essere prodotto il minor numero di informazioni possibile: data e produttore del vaccino, oppure il risultato del test in una forma simile a quella già richiesta per entrare in un altro paese.
La Commissione vuole incaricarsi di creare la piattaforma digitale sulla quale questi dati possano venire scambiati, ma non registrati. Gli stati invece dovranno pensare agli strumenti digitali per l’esibizione dei certificati e per renderli non falsificabili, ma potranno chiedere aiuto alla Commissione.
Alcuni stati hanno già avviato i preparativi. Ma anche se la proposta venisse accettata, il certificato non metterebbe fine al dibattito sull’opportunità di offrire dei privilegi a chi è stato vaccinato. Perché a parte i viaggi, la Commissione non ha detto niente sugli altri eventuali usi del documento, per esempio per accedere agli hotel o ai ristoranti. Gli stati europei dovranno decidere autonomamente. A seconda della situazione epidemiologica, potranno imporre condizioni supplementari, per esempio chiedendo un nuovo test all’ingresso. La Commissione sottolinea che lo scopo del certificato è permettere di tornare a viaggiare liberamente nonostante il covid-19, senza imporre niente a nessuno.
Evitare i controlli
Gli autori della proposta però lanciano un avvertimento: il regolamento “non dev’essere interpretato come un modo per agevolare o incentivare la reintroduzione di controlli al confine, che sono sempre l’ultima risorsa”. La decisione della Germania di ripristinarli alla frontiera con la Repubblica Ceca, per esempio, ha scatenato accese polemiche.
Questa volta ai governi non dovrebbe essere permesso di fare come vogliono: se sarà trovato un accordo, il certificato dovrà essere riconosciuto da tutti e 27. La proposta sarà discussa dai capi di stato e di governo al vertice europeo del 25 e 26 marzo. La Germania dovrebbe spingere per una soluzione comune. I paesi turistici, come la Grecia e l’Austria, potrebbero minacciare di procedere individualmente. E potrebbero esserci forti tensioni con l’Ungheria. Nella bozza per il regolamento, infatti, sono ammessi solo i vaccini approvati dall’Unione europea. L’Ungheria però sta somministrando anche il russo Sputnik V e il cinese Sinopharm, che finora non sono stati autorizzati dall’Agenzia europea per i medicinali. Anche su questo, gli stati dovranno decidere da soli.
Se la proposta dovesse venire accettata dagli stati e dal parlamento europeo, ciò non vuol dire che sarà possibile viaggiare senza limitazioni. Non basta creare le condizioni sul piano tecnologico, dovranno esserci anche quelle a livello epidemiologico. Il ministero della salute francese ha avvertito che in Bretagna è stata scoperta una nuova variante del virus che in base agli studi preliminari sarebbe difficile da rilevare usando i normali test molecolari. Se gli stati collaboreranno è una questione, se lo farà anche il virus è un’altra. ◆ _mp _
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Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati