“Usa! Usa!”. Il grido è scandito come da un’unica voce, aggressiva e insistente. Il frastuono mette in fuga i conigli e gli scoiattoli. Nella cittadina di Champaign, nei boschi dell’Illinois, non si vedeva niente di simile da anni. L’8 aprile al centro del campus universitario circa duemila persone prendono posto per ascoltare Charlie Kirk, un conduttore di podcast vicino a Donald Trump e idolo dei giovani del movimento Make America great again (Maga). Imprenditore e fondatore dell’organizzazione Turning point Usa, Kirk ha cinque milioni di follower sul social network X e da settimane sta girando le piccole città e le contee rurali per convincere i giovani ad abbracciare gli ideali dell’estrema destra trumpiana: cristianesimo, maschilismo e nazionalismo.

Davanti all’auditorium dell’ateneo, due gruppi si sfidano a colpi di slogan: da una parte i sostenitori di Trump che urlano “Drill, baby drill, Trump is our daddy! (Trivella, baby, trivella! Trump è il nostro paparino!); dall’altra studenti anti-Trump che urlano “No al Ku klux klan, no racist fascist Usa!”. Due società contrapposte, due mondi che si insultano senza mai parlarsi e mescolarsi.

L’Illinois tende a votare per il Partito democratico, ma l’università di Urbana-Champaign si trova in una zona dello stato rurale e moderata, quindi offre un ambiente ideale ai gruppi di destra per esaltare l’amministrazione Trump e la sua presunta battaglia in difesa della “libertà d’espressione” senza attirare troppo l’attenzione. Il campus è di fatto una città popolata da 60mila studenti.

Molti considerano Kirk un paladino della libertà di espressione, anche per via dei video su TikTok in cui discute con gli studenti che non sono d’accordo con lui. Ma l’evento dell’8 aprile sembra una messa in scena studiata a tavolino: il conduttore presenta a raffica le sue argomentazioni collaudate, prende in giro tutti quelli che lo contraddicono (e che non hanno il diritto di parlare al microfono) e interrompe le discussioni scatenando le risate e l’entusiasmo degli studenti Maga.

Nella sala, che può contenere 1.300 persone, gli studenti (soprattutto maschi) si identificano con un modello di società fortemente tradizionalista. Colby Luth, 21 anni, dice che ascolta Kirk da otto anni e apprezza le sue opinioni “cristiane e politiche”. “La gente ha paura della verità, ma io sono cresciuto in una fattoria con mia madre, che stava sempre a casa”, racconta difendendo la sua idea che le donne dovrebbero restare a casa per occuparsi della famiglia. Ireland Hieb, 24 anni, sostiene che una verità della Bibbia, il matrimonio tra uomo e donna, è ormai “un tabù”. Lauren Lindstrom, studente di biologia, ha votato per Trump per via delle sue “convinzioni cristiane”. “La sinistra è stata troppo estrema sulla transizione di genere”, continua la ragazza per poi elogiare le politiche reazionarie di Trump e la sua offensiva contro i movimenti radicali di sinistra.

Per due ore Kirk esalta “la generazione più conservatrice degli ultimi anni”, incoraggiando i presenti a sposarsi e a fare figli. Contrario al diritto all’aborto, Kirk dice che ogni donna incinta deve “assumersi la responsabilità dei suoi orgasmi”, anche se la gravidanza mette a grave rischio la sua salute. La platea applaude fragorosamente.

“Molti ragazzi sono affascinati da questo modo di pensare perché gli dà un falso senso di superiorità”, dice Riya Auralin, studente di scienze politiche che è venuta per protestare. “È una versione del maschilismo in cui si sentono obbligati a essere dominanti e aggressivi per essere rispettati. Questo messaggio, diffuso sui social e nei podcast, comincia ad attecchire anche nei campus di sinistra. Le amministrazioni spesso fanno finta di niente”.

Brandon Freiwald, un ragazzo che si definisce white trash (bianco povero) e si è arruolato nell’esercito, ha “trovato” Kirk come si trova la fede. Da un anno ascolta il suo podcast ogni giorno e si sente finalmente libero di “dire la verità”. “Gli uomini devono proteggere le donne”, dice. “Le leggi per promuovere le minoranze discriminano gli uomini bianchi”. Una prova? “Ho un professore che è nero ma vive in un quartiere migliore del mio. Il privilegio bianco non esiste. Voglio vivere senza avere paura di dirlo”. Con il suo berretto rosso, il diciottenne Bradyn Dague celebra la “politica del buon senso” insieme ad altri studenti convinti che gli eventi organizzati da Kirk hanno come obiettivo “influenzare i giovani elettori, perché sono il futuro del paese”.

Kirk usa il “noi” come se lavorasse alla Casa Bianca. Sostiene la guerra commerciale lanciata da Trump e la proposta di cancellare lo ius soli e attacca i repubblicani moderati. Dietro un aspetto elegante e gioviale, il conduttore usa modi intimidatori, denunciando continuamente la “cancel culture” e gli “isterici di sinistra”. Chiede il boicottaggio di aziende considerate troppo multiculturali e diffonde liste di nemici politici in cui ci sono molti professori universitari. Questi stratagemmi, ormai comuni per la destra statunitense, stanno ispirando anche le organizzazioni di estrema destra in Francia.

Lista nera

Da Turning point Usa è nato il sito Internet professor watchlist, in cui sono messi alla gogna i docenti accusati di diffondere idee di sinistra. Catherine Prendergast, professoressa d’inglese che ha studiato i diritti civili nella letteratura statunitense, è finita sulla lista nel 2023. “All’inizio non ci ho fatto caso. Mi sembrava stupido ma non pericoloso”, racconta Prendergast, linguista molto apprezzata dai suoi studenti. Poi sono arrivati gli attacchi personali e le lettere intimidatorie: “Quando Trump otterrà il suo secondo mandato verrete tutti licenziati, capito?”; “tesoro, non dimenticarti che Pol Pot fece fuori per primi i professori universitari”; “spero che ti trovino un cancro inoperabile che ti imputridisca il cervello”.

Stati Uniti
Il presidente contro Harvard

◆ “Sta diventando sempre più aspro lo scontro tra l’amministrazione Trump e l’università di Harvard, uno dei più prestigiosi atenei degli Stati Uniti”, scrive la Cnn. Il 6 maggio il presidente ha annunciato di aver sospeso tutte le future sovvenzioni federali ad Harvard, dopo che ad aprile aveva già bloccato 2,2 miliardi di dollari perché i dirigenti dell’ateneo si erano opposti alle sue richieste di modificare i criteri di ammissione e i programmi dei corsi. Trump sostiene che le università d’élite siano diventate troppo di sinistra e che non abbiano fatto abbastanza per arginare l’antisemitismo durante le proteste dello scorso anno contro la guerra nella Striscia di Gaza. Alan Garber, il presidente di Harvard, risponde denunciando gli attacchi del presidente alla libertà accademica e sostenendo che le sue politiche mettono a rischio la ricerca fondamentale per la crescita della società in vari campi.

◆ Anche se la maggior parte dei docenti e degli studenti considera strumentali le frasi di Trump sull’antisemitismo, in molti pensano che Harvard e altre università private abbiano un problema legato all’intolleranza. Il 1 maggio sono stati pubblicati i risultati dei rapporti commissionati dall’ateneo a due commissioni indipendenti dopo l’inizio delle proteste. “Rivelano pregiudizi molto diffusi nei confronti degli studenti sia ebrei sia musulmani”, scrive la Bbc. Garber ha chiesto scusa e si è impegnato a prendere provvedimenti per ridurre la tensione nel campus.


Davanti a queste manifestazioni di odio l’università è impotente, visto che il primo emendamento della costituzione garantisce la libertà d’espressione. I sostenitori di Trump usano questa garanzia come un’arma, ignorando le eccezioni costituzionali come quelle che riguardano la diffamazione, le minacce reali e le dichiarazioni false. “Vogliono costringerci a sottometterci”, sottolinea Prendergast, che ha deciso di andare in pensione in anticipo e trasferirsi in un altro stato (non ha voluto dire quale).

Altri due professori bersagliati dall’estrema destra insegnano ancora a Champaign. Nel suo laboratorio pieno di scatole in cui sono conservate le ossa di topi e babbuini, l’antropologo Charles C. Roseman difende il diritto a insegnare la genetica e la teoria dell’evoluzione. Ha contribuito a un articolo sulla ricerca a proposito del binarismo di genere, e per questo è finito nella lista dei professori sgraditi. “L’ho preso come un complimento. Per loro è uno spettacolo, ma è in nome di questo spettacolo che le persone finiscono nel buco nero di una prigione del Salvador”, dice riferendosi alle espulsioni di immigrati fatte dall’amministrazione Trump. Roseman ha ricevuto lettere di minacce così spesse che ha temuto contenessero antrace. “Insegnare, trasmettere e proteggere la conoscenza è diventato un gesto radicale”, commenta.

“Questi movimenti rientrano in una tradizione”, spiega Sundiata Cha-Jua, che insegna studi afroamericani e si occupa di un programma di formazione sui pregiudizi razziali per la polizia dell’Illinois. “Questo governo vuole cacciare la sinistra radicale dalle università e diffondere idee fasciste”, sostiene. “Per farlo si appoggia a movimenti come quello di Charlie Kirk, razzisti, xenofobi, militaristi e maschilisti. Questi movimenti vogliono assicurare ai bianchi un dominio che vada al di là della loro rappresentanza nella società”. Preso di mira da Turning point Usa, Cha-Jua ha ricevuto minacce e intimidazioni, tanto che oggi vive sotto protezione della polizia. L’amministrazione dell’università lo ha difeso e per motivi di sicurezza non comunica agli estranei la posizione del suo ufficio e quella delle aule dei suoi corsi.

Fino a che punto può spingersi la libertà d’espressione nei campus? Il dibattito su questi temi è riemerso di recente dopo che Mahmoud Khalil, studente palestinese della Columbia university, è stato arrestato l’8 marzo per aver manifestato contro i bombardamenti israeliani a Gaza. Detenuto in Louisiana senza che siano state formulate accuse nei suoi confronti, Khalil è diventato il simbolo della repressione dell’amministrazione Trump contro gli studenti stranieri. La Casa Bianca ha minacciato di tagliare i fondi federali per le università che non si sottomettono alla richiesta di cancellare i programmi di diversità, uguaglianza e inclusione. Alcuni docenti decidono di andarsene dagli Stati Uniti: Timothy Snyder, storico dell’Europa dell’est e della Shoah, ha lasciato il suo incarico a Yale per trasferirsi all’università di Toronto, in Canada.

Nella contromanifestazione dell’8 aprile all’università di Champaign si scandiscono slogan che invitano a resistere: “La neutralità non ci salverà dal fascismo. Cosa bisogna fare con l’estrema destra? Resistere!”. Il preside della facoltà, intanto, prende tempo: pur mantenendo i programmi di inclusione, ha lanciato una revisione interna sul vocabolario ufficiale e sui criteri di attribuzione delle borse di studio. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati