È nato un canale con soli conduttori creati dall’intelligenza artificiale (ia). La rete britannica Foxi (Sky) si occupa di musica, e l’amministratore delegato ha tenuto a sottolineare che “con l’ia Beyoncé potrà essere presentata da uno yacht ancorato in un’isola caraibica”. In attesa di idee più sorprendenti, l’obiettivo – come si può intuire – è ridurre i costi che, dal conduttore in giù, pesano sulle produzioni: troupe, set, trucco, aerei, alberghi, pasti, vertenze sindacali, straordinari. Per quanto quella delle figure professionali minacciate dall’uso massiccio dell’algoritmo sia una questione centrale, sarà altrettanto interessante valutare la resa dei mezzibusti virtuali. Io, che adoravo Luca Giurato, sarò deluso dall’assenza d’inciampi grammaticali? Lo sguardo vitreo del pupazzo digitale riuscirà a convincermi al punto da farmene dimenticare la genesi? E gli improperi che lanciamo quando il conduttore dice una castroneria o scivola nel populismo, a chi li rivolgeremo senza sembrare matti? Per il pubblico, chi conduce è legittimato – per ruolo e per pensiero – a dirigere il traffico di un dibattito, a sbagliare, a interpretare un contenuto mettendoci del proprio. E spesso è proprio quel “proprio” che cerchiamo: per applaudirlo o per disapprovarlo. Siamo pronti a un Bruno Vespa senz’anima, istruito da un prompt, che vestito di rosa lancia un servizio volteggiando sull’Isola di Pasqua? Oddio… sai che forse sì? ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1635 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati