Ad agosto a Washington si è diffusa una notizia che in teoria avrebbe dovuto far sussultare qualsiasi alto dirigente d’azienda: secondo il sito Axios, la Casa Bianca aveva creato una classifica segreta che misura il “tasso di lealtà” di 553 imprese e gruppi aziendali; ognuno è catalogato in base al livello di sostegno – basso, moderato o forte – alle politiche previste dalla legge finanziaria approvata a luglio, quella che Donald Trump ha chiamato “big beautiful bill”, grande e bellissima legge.
In un primo momento la squadra presidenziale non ha commentato la notizia, anche se in seguito la Casa Bianca ha confermato l’esistenza di un tabellone segnapunti, su cui imprese come la compagnia aerea Delta, l’azienda di consegna a domicilio Door Dash e quella di trasporto Uber pare abbiano punteggi molto alti.
Tuttavia, la cosa ancora più straordinaria è la mancanza di reazioni nel mondo degli affari, anche se il ricorso ai “tassi di lealtà” come base per le trattative politiche non è certo la norma negli Stati Uniti. Al contrario, dimostra il poco rispetto dell’amministrazione Trump per il concetto stesso di stato di diritto.
Tavole rotonde
Qualsiasi azienda dovrebbe essere preoccupata per questo. E per l’incertezza generata dalle politiche sui dazi, le deportazioni e gli sconvolgimenti profondi nelle normative voluti dalla Casa Bianca. Finora pochissimi dirigenti hanno criticato il presidente in pubblico, nonostante gli appelli disperati dei costituzionalisti. E quando di recente mi è capitato di partecipare a tavole rotonde a porte chiuse con dirigenti e investitori, ho notato poche critiche anche in privato. Lealtà e silenzio sono la nuova norma.
Perché? Se in questo momento avessi sul metaforico divano il dirigente d’azienda statunitense, indicherei almeno cinque fattori. Il primo e più evidente è la paura e l’avidità: i manager hanno il terrore d’incorrere nelle ire di Trump se dovessero andargli contro. La maggior parte, inoltre, è convinta di poter sfruttare a proprio vantaggio queste politiche, grazie alla deregolamentazione e ai legami con la Casa Bianca. Ecco perché la “lista sulla lealtà” è importante.
Un secondo fattore è lo schieramento politico. Secondo l’agenzia di sondaggi Gallup, solo l’1 per cento dei democratici approva i risultati ottenuti da Trump in questi primi mesi di mandato, mentre nel campo dei repubblicani la percentuale sale al 93 per cento, il divario più alto mai registrato dal 1979, quando fu avviata la rilevazione. Poiché i vertici delle aziende statunitensi propendono per lo schieramento repubblicano e di solito non amano politici progressisti come Alexandria Ocasio-Cortez, questo divario ha un peso.
Ci sono però altri tre fattori, più sottili. Uno è che a quanto pare le politiche “scioccanti” di Trump cominciano a non scioccare i vertici aziendali come facevano prima. Potete dare la colpa al fatto che questo è il secondo mandato di Trump e a una diffusa adesione alla tesi Taco (Trump always chickens out, Trump fa sempre marcia indietro), per cui il presidente statunitense finisce sempre per ritirare le sue minacce più temerarie. Inoltre, negli ultimi anni i manager hanno affrontato una serie di crisi un tempo inimmaginabili, da quella finanziaria alla pandemia di covid-19 fino all’invasione russa dell’Ucraina. La loro resistenza, quindi, è aumentata, e forse anche la loro indifferenza.
Un quarto fattore riguarda i cosiddetti spiriti animali, per citare John Maynard Keynes. Gli economisti hanno sempre dato per scontato che se le aziende si mostravano ottimiste in pubblico, lo erano anche gli investitori. Questo continua a essere vero: il fatto che le aziende statunitensi oggi stiano registrando guadagni oltre ogni previsione ha contribuito a spingere i mercati a livelli record. Il nesso di causalità però ora sta funzionando anche nella direzione inversa: è difficile per qualsiasi dirigente esprimere preoccupazione per i risultati o criticare Trump mentre i mercati finanziari sembrano così vorticosamente esuberanti. Siamo di fronte a un fenomeno psicologico di massa che pochi manager osano sfidare.
Ultima, ma non per importanza, c’è la questione dell’intelligenza artificiale (ia). Un gran numero di dirigenti d’azienda e investitori a quanto pare adora le politiche di Trump sull’ia, soprattutto perché la sta deregolamentando seguendo il mantra dello stimolo alla crescita. Il concetto fa presa sulle imprese statunitensi, sempre più sprezzanti nei confronti del modello europeo, ai loro occhi segnato da una crescita bassa e appesantito dalle normative.
Il boom dell’ia implica però qualcos’altro: permette agli amministratori delegati di parlare ai loro investitori delle incertezze negli affari senza dover mai pronunciare il nome Trump.
Detta in modo più diretto, l’ia è il dispositivo di distrazione definitivo, perché sta assorbendo così tanta attenzione dei manager e dell’opinione pubblica da lasciarne meno per altre questioni, per esempio gli aspetti peggiori delle politiche di Washington. Divora energia, in senso letterale e metaforico.
Lungo periodo
Magari qualcuno non sarà d’accordo con questa spiegazione in cinque punti. Qualche dirigente ama davvero le politiche di Trump ed è convinto che genereranno una crescita di lungo periodo. Ma se pensate che questo scenario in cinque parti sia anche solo per metà accurato, allora è fondamentale chiedersi cosa potrebbe far cambiare atteggiamento alle aziende. Se i mercati crollassero, se l’ia funzionasse meno come strumento di distrazione o i dazi prosciugassero gli utili, potrebbero esserci dei contraccolpi? Se l’Europa dovesse riprendersi, potrebbe far risplendere meno Trump?
In questo momento non lo sa nessuno. Tuttavia, è da pazzi pensare che i dirigenti aziendali possano innescare di qui a breve una rivolta contro il presidente. La “lista della lealtà” stilata dalla Casa Bianca ha già raggiunto il suo obiettivo. ◆ gim
© The Financial Times Limited 2025. All Rights Reserved. Il Financial Times non è responsabile dell’accuratezza e della qualità di questa traduzione.
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati