In una lettera indirizzata al commissario europeo per gli affari interni e la migrazione Magnus Brunner, venti paesi dell’Unione hanno chiesto di facilitare i rimpatri dei richiedenti asilo afgani nel loro paese di origine.

I paesi che hanno firmato la lettera sostengono che manchi un accordo con l’Afghanistan sul rimpatrio dei cittadini, ma non si esprimono sul regime dei taliban, che hanno preso il potere nel 2021, dopo il ritiro delle truppe statunitensi.

L’iniziativa è guidata dalla ministra belga per l’asilo e la migrazione Anneleen Van Bossuyt e appoggiata da altri 19 paesi europei: Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Slovacchia e Svezia. Il gruppo chiede alla Commissione europea di considerare la questione dei rimpatri come una priorità.

La proposta prevede inoltre un ruolo centrale di Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere interne, nel coordinamento e nel sostegno ai rimpatri volontari, anche attraverso programmi di reintegrazione finanziati dall’Unione europea, e chiede di dare priorità nei rimpatri forzati “dei soggetti pericolosi o criminali”.

Le Nazioni Unite continuano a raccomandare di non rimpatriare le persone in Afghanistan, ricordando che ci sono violazioni dei diritti umani “gravi e sistematiche”.

Dalla loro presa del potere nel 2021 l’unica a riconoscere legittimità al governo dei taliban è stata la Russia. Nonostante questo il governo tedesco del conservatore Friedrich Merz è stato vicino a concludere un accordo con Kabul per il rimpatrio degli afgani, che costituiscono il secondo gruppo più numeroso di richiedenti asilo in Germania. A luglio, il governo di Merz ha organizzato un volo di rimpatrio di 81 afgani.

Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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