Dieci anni fa Beeban Kidron ha incontrato quella che lei chiama “Gola profonda”, una dirigente di un’azienda tecnologica. “Tutti nella Silicon valley sanno che stiamo facendo del male ai ragazzi di oggi”, spiegava il dirigente. “Sanno che la gente prima o poi ne chiederà conto, ma al momento c’è da guadagnarci su. Nella Silicon valley se ne parla sempre, la definiscono la ‘generazione perduta’”.
Questa conversazione ha convinto Kidron a impegnarsi ancora di più per contrastare le aziende tecnologiche. “Ero arrabbiata. E tutte le volte che mi sento stanca penso: ‘Generazione perduta?’”. Con uno sguardo intenso dietro le lenti degli occhiali rotondi tartarugati, Kidron scandisce ogni parola: “Dovranno. Passare. Sul. Mio. Cadavere”. Questa convinzione ha spinto la donna, 63 anni, a condurre una battaglia per garantire maggiori tutele ai bambini su siti internet, app e servizi di messaggistica, e più di recente per difendere l’industria creativa dagli abusi dell’intelligenza artificiale.
C’incontriamo dopo che l’uscita della serie tv Adolescence su Netflix ha aumentato la preoccupazione per gli adolescenti e la cultura tossica online e ha messo in discussione l’efficacia delle leggi britanniche sulla sicurezza online. Grazie al suo lavoro, Kidron ha incontrato molti genitori preoccupati e ha assistito a “molta violenza, abusi sessuali su minori, cose orribili”.
Le chiedo se ha mai avuto la tentazione di tornare alla sua carriera passata di regista di documentari e film di successo (tra cui Che pasticcio, Bridget Jones!). Scuote la testa. “Fare politica è creativo tanto quanto fare film”. Rendersi conto del “potere smodato nelle mani delle aziende tecnologiche” – come quello di Mark Zuckerberg di Meta, Sundar Pichai di Google ed Elon Musk di X, presenti a gennaio alla cerimonia d’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti – non ha fatto altro che rafforzare la sua determinazione: “A che serve svegliarsi al mattino se non si prova a fare qualcosa che valga la pena fare?”.
Kidron sprizza energia quando mi raggiunge a un tavolo con sedili in pelle verde nel suo “posto felice”: il ristorante mediterraneo Toklas. Situato nei pressi dello Strand, grande arteria nel centro di Londra, è di passaggio nel tragitto tra la sua casa a Islington e la camera dei lord, dove ha un seggio da deputata indipendente. Decidiamo di evitare le portate principali e ordinare tutti gli antipasti. Cominciamo ad assaggiare pezzi di pane a lievitazione naturale mentre parliamo della sua decisione di cambiare lavoro una decina d’anni fa, una scelta che lei definisce “frutto del caso”.
Incuriosita dall’impatto degli smartphone sugli adolescenti, nel 2013 ha raccontato nel documentario InRealLife aspetti come il consumo di pornografia, gli stati d’ansia e il ciberbullismo. Un esperto di tecnologia le aveva fatto notare che su internet tutti gli utenti sono considerati uguali e lei aveva capito che seguendo questa logica i bambini sono trattati come adulti. “Ho cercato di parlarne con i politici. Ho discusso con alcune persone nelle aziende tecnologiche e con associazioni che si occupano di minori. La cosa non interessava a nessuno. Pensavano solo che fossi una donna di mezza età che non capiva la moda del momento”.
Un misticismo da sfatare
Kidron si affanna a precisare che non sta pensando di tornare ai giocattoli di legno, lo dice più e più volte: “Non ho paura della tecnologia. La adoro”. Ma vuole sfatare il misticismo che la circonda, rimetterla al suo posto: “È uno strumento”. La preoccupazione per i bambini nel 2012 l’ha portata a creare un’organizzazione non profit, la 5Rights. Nello stesso anno è stata nominata baronessa ed è entrata alla camera dei lord.
Non chiede di vietare gli smartphone ma di mettere vincoli alle aziende
Aver fatto la regista l’ha preparata sorprendentemente bene alla politica: in entrambi i casi serve testardaggine. “Ho fatto film in un’epoca in cui praticamente non c’erano registe”, osserva. Ci sono altre somiglianze tra i due ambiti. Le persone pensano che il cinema sia magico, ma secondo lei “serve a creare una visione collettiva. Si tratta di parlare al portafoglio e alla mente di uno studio cinematografico, a una star del cinema pagata milioni, ma anche di farti seguire da chi manovra la macchina da presa. E significa creare qualcosa dal nulla per un pubblico che puoi solo immaginare”.
Kidron è orgogliosa di aver fatto alzare l’età della maturità online da 13 a 18 anni con il suo emendamento al Data protection act, la legge britannica sulla protezione dei dati. L’emendamento, tra le altre cose, chiedeva alle aziende tecnologiche d’impostare in modo predefinito la modalità privata e di disattivare i servizi di geolocalizzazione per gli account dei minorenni; ha costretto YouTube a disattivare la riproduzione in automatico nei canali per bambini e ha obbligato TikTok a disattivare le notifiche push per gli utenti tra i 13 e i 17 anni. Cosa ancora più significativa, ha dimostrato che “si può modificare la progettazione di un sito o un’app per ragioni sociali”. Alcuni di questi provvedimenti sono stati adottati in tutto il mondo.
Questo dimostra che i governi possono fare delle richieste alle aziende, spiega. Kidron non vuole passare il pranzo “a difendere la camera dei lord perché ci sono tante cose indifendibili”. Ma dal suo punto di vista è stata collaborativa, mettendo a disposizione competenze in ambito scientifico, educativo, legale e sanitario. Il supporto dell’aula è stato fondamentale quando ha avuto contatti con aziende e ministri della cultura. I provvedimenti contenuti nella legge sulla sicurezza online del 2023 sono stati introdotti in fasi successive. Alcuni sono entrati in vigore a marzo e obbligano le aziende ad adeguarsi alle normative, oscurando per esempio i profili dei minorenni agli estranei, pena multe fino a 18 milioni di sterline (21 milioni di euro) o fino al 10 per cento dei ricavi globali. Provvedimenti ulteriori entreranno in vigore nei prossimi mesi.
Cosa ne pensa? “Non sono felice. Il governo precedente, quello conservatore, ha sbagliato a non adottatare un approccio basato sull’obbligo di tutela. Diversi funzionari, la camera dei comuni e l’autorità garante per le comunicazioni hanno indebolito la legge. Hanno pensato che dovevano equilibrare gli interessi delle aziende tecnologiche e quelli di chi usa i loro prodotti. Ma dov’è l’equilibrio tra un adolescente e una piattaforma che spende miliardi di dollari per mantenere alta la sua attenzione?”. Siamo, sostiene la deputata, nell’“epoca della negazione”, un periodo in cui potere e profitto sono sempre più concentrati nelle mani di una manciata di aziende statunitensi “che non vivono nelle nostre comunità e non ne hanno a cuore le sorti”.
Lontano dai troll
Una delle sue più grandi frustrazioni riguarda il fatto che i servizi online dicono di avere difficoltà a verificare l’età degli utenti. Se le big tech pensano di poter andare su Marte, perché non riesce a risolvere un problema semplice come questo?
Si tiene alla larga dai social media per paura di essere attaccata dai troll, anche se questo non l’ha messa al riparo da minacce, che ha denunciato alla polizia.
Quando ha cominciato a fare campagna per i diritti dei minori in rete si sentiva isolata, ma ora le cose sono cambiate, dopo che ex dipendenti delle aziende tecnologiche come Frances Haugen della Meta hanno svelato alcuni segreti del settore. Purtroppo alcune famiglie sono state distrutte da queste dinamiche. Quando le ricordo che ha lavorato con genitori che portano su di sé il peso di un dolore inimmaginabile, m’interrompe: “Purtroppo è del tutto immaginabile”. Le campagne del 5Rights per un mondo digitale sicuro per i minori sono state “generose e commoventi”, racconta, e hanno garantito ai medici legali di avere accesso alle informazioni in possesso delle aziende tecnologiche dopo la morte di un’adolescente. Gli sforzi di Ian Russell, il padre della quattordicenne Molly che si è suicidata nel 2017 dopo essere stata esposta sui social network a contenuti che rappresentavano atti di autolesionismo, ha aumentato la pressione sul governo britannico. “Mi sono trovata a cena con alcune di queste famiglie e, mentre mi guardavo attorno, mi rendevo conto di essere l’unica persona a quel tavolo che aveva ancora tutti i suoi figli. È stato difficile”.
Il settore tecnologico ha un potere enorme, dice, e le sue tattiche possono essere insidiose. “Se pensi come si comportavano le lobby a favore del tabacco o delle armi, capisci che agiscono nello stesso modo. Non ti attaccano direttamente, ma cercano di seminare dei dubbi. Finanziano ricerche che gli fanno comodo. Hanno delle relazioni poco sane con il governo”. La cameriera arriva con un’altra tornata di antipasti, fette di orata, piccoli pezzi di razza fritta e pomodori. “È un pasto completo”, dice Kidron, mentre scrive un messaggio al marito, Lee Hall, autore per il teatro e il cinema, tra le altre cose sceneggiatore del film Billy Elliot, per dire che più tardi non cenerà.
Un progetto tossico
Dare la colpa alle grandi aziende tecnologiche non assolve forse i genitori dalle loro responsabilità? Questa argomentazione è tratta parola per parola dal manuale della Silicon valley, risponde Kidron. “È come se dicessero ‘Adesso creiamo un progetto tossico, lo mettiamo in mano ai bambini e poi diciamo a te di controllarlo’. Non è colpa dei genitori”. Il rischio è permettere che a fare da mamma e da papà ai nostri figli “siano Elon Musk e Mark Zuckerberg”, aggiunge.
Kidron non chiede di vietare l’uso degli smartphone ma di mettere dei vincoli alle aziende. “La cosa su cui pubblichi i compiti, con cui chiami tua madre, che contiene l’abbonamento dell’autobus, la carta di credito, la tua macchina fotografica, che insomma racchiude ogni aspetto della tua vita, è progettata per creare dipendenza. Perché stiamo permettendo una cosa simile?”.
“Non abbiate paura di fare i genitori”, aggiunge Kidran. A casa ha imposto una regola ai suoi figli: niente bibite gassate. L’organizzazione Smartphone free childhood ha creato un movimento globale per convincere i genitori a ritardare il momento in cui danno un telefono ai figli. La settimana in cui ci siamo incontrati, la serie tv di Netflix Adolescence, che racconta la storia di un ragazzo di 13 anni accusato di aver ucciso una compagna di scuola, aveva sollevato in tutto il mondo un dibattito sulla “maschiosfera”. Jack Thorne, uno dei creatori della serie, è intervenuto pubblicamente per chiedere un’azione radicale nei confronti della tecnologia. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha dichiarato alla camera dei comuni: “È importante che tutta l’aula affronti questo problema”.
Kidron ha guardato la serie? “È fantastica”, dice, scegliendo le parole con attenzione, perché è anche frustrata: “Che fallimento per il governo in carica e per tutti gli altri. Perché dobbiamo aspettare che siano le serie tv a dirci le cose?”. C’è un doppio paradosso, sostiene: dato che le notizie sono consumate individualmente e in modo frammentato a causa della pervasività della tecnologia, la “visione collettiva” è diventata rara.
Le faccio notare che c’è il rischio di essere troppo catastrofisti riguardo agli adolescenti. Alcuni ragazzi sono interessati a misogini come Andrew Tate, è vero, ma sono più consapevoli delle politiche di genere rispetto al passato. Kidron è in parte d’accordo, ma sottolinea i rischi presenti su internet. Pochi mesi fa è stata contattata da un avvocato alle prese con i casi di ragazzi che non sapevano che strangolare una ragazza non era una cosa ammissibile. “Sono vittime anche loro, proprio come le ragazze”.
Il passato da fotografa e regista mette Kidron in un’ottima posizione per difendere le industrie culturali britanniche. Sostiene con forza la loro scelta di difendere il diritto d’autore, in un’epoca in cui le aziende d’intelligenza artificiale ne saccheggiano i contenuti. Sottolinea ancora una volta di non essere contraria alla tecnologia. “L’ia mi interessa. Sarà una parte rilevante del nostro futuro”. Ma non crede che i protagonisti del settore debbano maltrattare l’industria della creatività.
Sarebbe facile mettere in relazione l’impegno politico di Kidron con quello che le è successo quando andava a scuola: per alcuni mesi non aveva potuto parlare a causa di un problema alle corde vocali ed era stata costretta a scrivere su un taccuino per poter comunicare con gli altri. Si è sentita privata di un diritto? “E quale ragazza non avrebbe avuto questa sensazione?”, risponde. Non solo doveva stare in silenzio, ma era costretta a osservare. “Ho capito cos’è il potere, chi viene ascoltato e chi no. Se stai zitta e osservi, vedi tutte le macchinazioni”.
Suo padre, Michael Kidron, era un economista ed è stato tra i fondatori del partito di estrema sinistra Socialist workers party e lavorava con sua madre Nina alla casa editrice di sinistra Pluto press. E le hanno insegnato che, ancor più della politica, è importante l’idealismo.
Divertente, veloce, birichina
Nei mesi in cui è stata in silenzio Kidron ha sviluppato un interesse per la fotografia. In seguito ha lavorato nel negozio Photographer’s gallery di Londra, dove ha conosciuto la fotoreporter statunitense Eve Arnold. A sedici anni ha cominciato a farle da assistente. È ancora palpabile l’affetto che Kidron prova nei confronti della sua mentore “molto divertente, veloce, intelligente, birichina”, che le ha insegnato che “il lavoro non finisce finché non è finito”. Ancora oggi Kidron segue i consigli di Arnold quando fa le valigie e ci mette dentro scarpe per andare a correre e un completo elegante. È stata Arnold a suggerirle di darsi alla televisione e al cinema. Amava girare film: gli attori, le dimensioni e gli odori, le mattine presto sul set.
Riflettendo sul suo impegno politico dice: “Ogni tanto penso a questa parte della mia vita, al numero di persone che mi hanno scritto per dirmi: ‘Mi hai dato speranza’, o ‘Mi hai dato fiducia’”. Un esempio su tutti è quello di un ragazzo canadese che l’ha ringraziata per essersi battuta contro le notifiche notturne di TikTok e le ha detto: “Mi sono laureato grazie a te”. Le si spezza un po’ la voce. “Ho pensato solo: wow”.
Guarda l’orologio e si rende conto di essere mezz’ora in ritardo per il suo appuntamento successivo, proprio mentre arriva la cameriera con i nostri avanzi. La imploro di prenderli e lei afferra il sacchetto di carta marrone. “Magari altri avranno una vita più facile grazie alle campagne che conduco”, dice. “O forse avranno successo dove io ho fallito, o mi supereranno e mi guideranno. C’è sempre qualcun altro”. ◆ gim
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◆ 1961 Nasce a Londra, nel Regno Unito.
◆ 1978 Diventa assistente della fotografa statunitense Eve Arnold.
◆ 2004 Dirige il film Che pasticcio, Bridget Jones!.
◆ 2012 È nominata baronessa ed entra nella camera dei lord. Nello stesso anno fonda l’organizzazione non profit 5Rights per la tutela dei minori su internet.
◆ 2017 Presenta un emendamento alla legge britannica sulla protezione dei dati per introdurre un codice di standard di protezione a tutela dei minori.
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Questo articolo è uscito sul numero 1611 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati