**◆ **La parola mainstream è molto in uso, così in uso che se ne abusa. In genere vi si ricorre per qualsiasi prodotto culturale che non circoli solo tra quattro gatti. L’oggetto main-
stream più controverso è quello che i quattro gatti stessi hanno contribuito a mettere in circolazione per mostrarsi di sguardo lungo. Esempio: voi fate, in una stradina periferica, una cosetta lavorata con garbo, sperando che qualcuno ne dica bene; passa un fine intenditore ed esclama: ah che cosetta dirompente, bravo; il fine intenditore ne parla in giro e col tempo la cosetta diventa una cosona di successo; apriti cielo: la finezza è di quattro gatti miagolanti per viuzze solitarie, se per caso imbocca l’affollata via centrale si trivializza; così i fini intenditori decretano: la cosetta che noi stessi abbiamo mutato in cosona ora è mainstream, vale a dire roba buona solo per le masse beote. Di recente ho sentito che persino vaccinarsi è considerato da qualche fine intenditore mainstream. Peccato. Se faticate un po’ sui versi di Parini dedicati all’innesto del vaiuolo (1765), apprendete che vaccinarsi è stato un gesto individuale minoritario, uno sforzo coraggiosissimo di intelligenza contro la “mala ragione” e la “mala pietade”, entrambe diffusissime. Lo è ancora. Ci sono, nella terribile storia degli umani, parecchie cosette buone che persino se diventano di massa non sono mainstream.
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Questo articolo è uscito sul numero 1426 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati