Forse Draghi sarà ricordato, malgrado il suo vario operare, come facilitatore della destra- destra sulla via del governo. Il peana infatti va calando di tono. Ora – con l’occhio al tempo che corre, ai sondaggi, alle scadenze economicopoliticoistituzionali – le stesse persone che hanno contribuito a deporlo sulla seggiola della presidenza del consiglio si agitano in allarme, borbottano: Draghi, fa’ il Draghi, spènditi, costi quel che costi. E si lagnano perché il paese è così scassato in ogni sua manifestazione che non regge nemmeno la fortuna di avere un Draghi, anzi lo sta sperperando come fa di solito con qualsiasi altra risorsa. In effetti, ridotta all’osso, la funzione del presidente del consiglio e della sua autorevolezza pare ormai che consista nel garantire all’Europa – per ora come capo del governo e in seguito in veste di presidente della repubblica – che Salvini, Meloni e i loro aiutanti di campo sono bravi figliuoli, che al governo si comporteranno in modo educato e che comunque, se dovessero eccedere, lui, dal colle, in virtù della sua grande esperienza, saprebbe come trattarli. Potremmo insomma metterla così: ci siamo voluti spendere – uoteverittèiks – anche questo stimato signore, ma in un’Italia debole, sbracata a destra, e che a destra vuole sbracarsi sempre più senza la noia dell’interesse pubblico e per la goduria sregolata dei privati.

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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati