◆ Postapocalittico, postmoderno, postideologico, postumano eccetera. Il “post” non ci dice a che punto ci troviamo, ci dice solo che siamo “dopo” qualcosa. Per esempio, all’epoca del “postmoderno”, noi parlanti davamo per certo di trovarci dopo il “moderno”, ma per il resto eravamo in cammino, il moderno ormai indietro e noi avanti. Idem per il termine “postideologico”. Chi ne fa uso sa di essersi lasciato alle spalle le ideologie, ma non al punto di poter dire con coscienza non più falsa: mi trovo qui. Si tende in genere, con il “post”, a distanziare un “pre” consunto, e a volte la cosa riesce, a volte no. Col moderno, per esempio, non ce l’abbiamo fatta. La parola “modernità”, forse per via di una lunga tradizione di guerre con l’antico, ha resistito, s’è mantenuta vivace, e tuttora a nessuno viene in mente di insultare qualcuno dicendogli: retrogrado, stai ancora a fare il moderno, adeguati. Invece la parola “ideologia”, specie se le idee sono di sinistra, è in ginocchio. Oggi se il parlante dice: sei ideologico, vuol significare: sei ridicolo, o diventi postideologico e pragmatico o è meglio che stai zitto. Non è chiara ancora la sorte della parola “umano”, dopo l’avvento del “postumano”, area di decisive novità. Se uno dice: Pincopallino è il più umano dei nostri poeti, è un complimento o significa che Pincopallino si sta attardando ottusamente tra le rovine?
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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati