Forse – un indispensabile avverbio che ci ricorda quanto, nelle cose del mondo, il caso la faccia da padrone e le certezze siano avventate – stiamo per buttare alle ortiche l’usuratissima metafora del tunnel e della luce. Forse la finiremo di mormorare sospirosamente “uoteverittèiks”, come se non fosse una frase pronunciata da uno stimato signore ricco di dottrina in un contesto storico determinato, dentro una specifica gerarchia di valori, ma un abracadabra buono per tutte le circostanze, persino quelle atroci in cui consumi e profitti si confondono con contagio e morte. Forse, in memoria di quanto, nell’antica Roma, veniva sussurrato all’orecchio dell’imperator in trionfo – “Ricordati che sei solo un uomo” – passeremo a stipendiare disoccupati per sussurrare a chi, nei talk show, usa toni troppo celebrativi: “Ricordatevi che Draghi è solo un uomo”. Forse prenderemo atto che la corsa all’oro è finita, che i giacimenti auriferi sono stati ripartiti e picchettati, che tutti quelli che avevano interesse a sottrarre le pepite alla squadra di Conte si possono mettere finalmente tranquilli e curare le proprie future fortune elettorali e non. Forse, infine, prenderemo rassegnatamente atto che la luce in fondo al tunnel era solo un governo di destrinistra, con gli stessi savi miracolistici propositi – da realizzare però uoteverittèiks – del precedente governo di sinisdestra.

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Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati