Ci sono voluti dieci giorni di negoziati e un’ultima notte insonne, ma il 12 luglio i gruppi politici favorevoli all’indipendenza della Nuova Caledonia e quelli contrari hanno firmato un accordo sul futuro istituzionale del territorio francese d’oltremare. Il documento, intitolato “La scommessa della fiducia”, punta a formalizzare “un’organizzazione istituzionale permanente, che offra un ritorno alla stabilità e l’apertura di nuove prospettive”.
Il testo propone una soluzione audace e mai sperimentata prima, che si ferma a un passo dalla piena indipendenza dell’arcipelago senza escluderla del tutto per il futuro. In concreto prevede la creazione di uno “stato della Nuova Caledonia” all’interno della repubblica francese. Attraverso una “legge fondamentale”, l’equivalente di una costituzione integrata in quella francese, sancisce la “capacità di auto-organizzazione” della Nuova Caledonia. Quindi, con la maggioranza del parlamento locale, l’arcipelago potrà “stabilire nuovi princìpi di governo interno e di distribuzione dei poteri”, includere un “codice di cittadinanza”, modificare i simboli del paese (nome, bandiera, inno, motto) e riformare le sue istituzioni. Queste possibilità erano state respinte dai partiti fedeli alla Francia, che le vedevano come un primo passo verso l’indipendenza.
L’altra grande concessione fatta dai lealisti è la creazione di una nazionalità caledoniana che permette di conservare la nazionalità francese. Per ottenerla, servirà una presenza ininterrotta sul territorio per almeno dieci anni (cinque in caso di unione con una persona che abbia già la nazionalità). Questa misura tocca la questione scottante del diritto di voto, che nel maggio 2024 aveva provocato violenti disordini. In futuro solo le persone con questa nazionalità caledoniana potranno votare alle elezioni locali. L’accordo prevede il diritto di voto per tutti i nativi e i residenti da almeno quindici anni.
Il documento parla anche del trasferimento dei poteri sovrani. “Il parlamento della Nuova Caledonia potrà chiedere, con una maggioranza qualificata, il trasferimento dei poteri per la moneta, la difesa, la sicurezza e l’ordine pubblico, la giustizia”. Per quanto riguarda le relazioni diplomatiche, invece, “la Nuova Caledonia agirà nel rispetto degli impegni internazionali e degli interessi fondamentali della Francia”. Infine, il territorio mantiene un diritto all’autodeterminazione che potrebbe, nel breve o nel lungo termine, portarlo a scegliere per la piena indipendenza. L’accordo ridistribuirà anche i rapporti di forza all’interno del parlamento locale: attualmente composto da 54 membri, verrebbe ridefinito per includere 57 rappresentanti delle tre province. Questa ricomposizione avvantaggerebbe i lealisti, che in futuro dovrebbero godere di un’ampia maggioranza. Una situazione che di sicuro non farà piacere ad alcuni attivisti per l’indipendenza.
Prospettive future
La bozza di accordo, che richiederà una revisione della costituzione francese nei prossimi mesi, e poi un referendum in Nuova Caledonia nel febbraio 2026, comprende anche un “patto di revisione economica e finanziaria”, che elenca una serie di obiettivi: miglioramento delle finanze pubbliche, in particolare attraverso una “riduzione delle spese”, riduzione del debito garantito dallo stato, diversificazione economica. L’accordo include anche un “piano di rilancio” per il settore del nichel, essenziale per l’arcipelago ma in forte crisi. In particolare, prospetta il ritorno dei processi di lavorazione del nichel nella provincia del Nord a un anno dalla chiusura dell’impianto Kns, che dava lavoro a circa 1.300 persone. Il governo francese si è inoltre impegnato a fornire alla Nuova Caledonia un sostegno per creare un nuovo sistema energetico. Il costo dell’elettricità nell’arcipelago è una delle ragioni principali della sua scarsa competitività. Infine, Parigi ha promesso di includere il nichel della Nuova Caledonia nella “strategia di sovranità sulle materie prime” sviluppata dall’Unione europea.
Resta da vedere come questo nuovo accordo, che segue quelli raggiunti a Matignon nel 1988 e a Numea nel 1998, sarà accolto a livello locale, viste le significative concessioni fatte da entrambe le parti. “Questo compromesso non soddisferà nessuno del tutto”, ha ammesso Sonia Backès, leader dei lealisti. L’accettazione da parte dei più intransigenti è una delle principali sorprese. “Se non si vuole un periodo di instabilità e incertezza, bisogna cercare un compromesso”, spiega una fonte vicina ai negoziati, notando che anche “gli indipendentisti hanno fatto un passo molto importante accettando di passare dalla richiesta di piena sovranità a una sovranità condivisa”.
◆ Occupata dai francesi nel 1853 per farne una colonia penale, nel 1946 la Nuova Caledonia ha acquisito lo status di territorio d’oltremare. È semindipendente ed è amministrata da un alto commissario nominato da Parigi.
◆ Nel maggio 2024 erano scoppiate delle violente manifestazioni contro un progetto di riforma costituzionale che concedeva il diritto di voto alle elezioni locali a chi vive nell’arcipelago da almeno dieci anni, riducendo il peso politico della popolazione nativa.
Per convincere gli indipendentisti, l’esecutivo ha puntato anche sul fatto che “di fronte alla crescente potenza della Cina, anche la Nuova Caledonia avrebbe cercato modi per garantire la propria sicurezza”, lasciando alla Francia la competenza militare. Analogamente, “la doppia nazionalità garantisce di rimanere francesi”, con i vantaggi che comporta.
Il Front de libération nationale, kanak et socialiste dovrà giustificare la firma davanti ai suoi sostenitori, visto che la delegazione non aveva alcun mandato per siglare un documento così decisivo. Uno dei delegati, Mickael Forrest, aveva perfino dichiarato il 3 luglio: “Non ci sarà nessuna firma, anche se dovessimo restare qui per una settimana, due settimane o un mese”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati