Uno dei racconti di Gianni Rodari, Il paese senza punta, è ambientato in un paese fantastico in cui le autorità sono talmente miti che quando uno straniero raccoglie un fiore proibito, una guardia municipale vorrebbe essere schiaffeggiata. Il visitatore rifiuta di pagare quella strana multa: semmai, dice, dovrebbe essere la guardia a schiaffeggiare lui. Ma alla fine ci si chiede se la realtà sia meno assurda.

Rodari, scrittore per l’infanzia amatissimo in Italia e morto nel 1980, prendeva molto sul serio la violenza delle autorità. Quando faceva il giornalista per il quotidiano comunista L’Unità, nel 1950, seguì la vicenda di sei uomini disarmati, che protestavano per i diritti dei lavoratori, a cui la polizia aveva sparato, e una delle sue prime poesie parla di un bambino il cui padre è stato ucciso dalla polizia.

Piccole rivoluzioni

Quando pubblicò il suo capolavoro Favole al telefono, nel 1962 Rodari aveva sviluppato un approccio più sottile. “Ha inserito la politica nei suoi racconti in una maniera tale che era impossibile dire: ‘Questa è ideologia socialista’. Ma spingeva a interrogarsi su cosa succedeva nel mondo e su quanto insensate fossero a volte le persone”, dice Jack Zipes, professore di letteratura comparata all’università del Minnesota che ha studiato e tradotto Rodari.

Pubblicata in Italia da Einaudi nel 1962, Favole al telefono (Telephone tales in inglese) è una raccolta di racconti per bambini abbastanza brevi da poter essere letti durante una telefonata. Ha anche uno sfacciato risvolto politico e usa situazioni improbabili e mondi immaginari per indurre i lettori a mettere in discussione lo status quo.

Una traduzione in inglese ma parziale era uscita nel Regno Unito negli anni sessanta, mentre non arrivò mai negli Stati Uniti. Ora Favole al telefono _viene pubblicato dalla casa editrice Enchanted Lion, tradotto da Antony Shugaar e illustrato da Valerio Vidali. L’anno prossimo lo stesso editore dovrebbe pubblicare il saggio di Rodari sull’educazione e la narrazione, _La grammatica della fantasia (Einaudi 1973), tradotto da Zipes.

Resta da capire come _Favole al telefono _sarà accolto negli Stati Uniti. “Ogni singolo racconto è un piccolo atto rivoluzionario”, ha affermato la critica letteraria italiana Giulia Massini.

La copertina di Telephone tales (Enchanted Lions Books)

Claudia Bedrick, dell’Enchanted Lion, ha lavorato al libro per cinque anni e afferma che la scelta di pubblicarlo non è una dichiarazione politica. Aggiunge però che “il messaggio politico di Rodari è importante e non si pubblica Rodari senza curarsi di questo aspetto”.

Oltre che in Italia, Rodari ebbe successo anche all’estero, soprattutto in Russia e in Europa orientale, e resta l’unico scrittore italiano ad aver vinto il premio Hans Christian Andersen per la letteratura per l’infanzia. Non ha mai spopolato tra i lettori in lingua inglese, in parte per i suoi legami con il partito comunista. Ma in Italia Rodari è considerato un autore canonico. I suoi libri sono letti nelle scuole, e alcuni dei suoi versi (“Anche il chiodo ha una testa / però non ci ragiona: la stessa cosa capita / a più d’una persona”) fanno parte del patrimonio collettivo italiano. Le ristampe dei suoi libri non si contano e su di lui sono stati scritti moltissimi libri, l’ultimo dei quali, Lezioni di Fantastica (Laterza 2020), è una biografia scritta dalla storica Vanessa Roghi.

Nato in una famiglia operaia, Rodari insegnò per breve tempo in una scuola elementare. Durante la seconda guerra mondiale entrò nella resistenza, poi nel Partito comunista italiano (Pci) e nel 1947 arrivò all’Unità, il quotidiano del Pci. Quando cominciò a scrivere nella sezione dedicata ai bambini fu perché era l’unico giornalista dell’Unità ad aver mai lavorato con loro.

Il successo arrivò nel 1960, con la raccolta Filastrocche in cielo e in terra, che sarebbe stata apprezzata ben oltre il pubblico politicizzato di sinistra. Favole al telefono fu un successo immediato e nel 1971 l’editore Einaudi ne pubblicò una nuova edizione nella prestigiosa collana degli Struzzi, collocando Rodari accanto a Francis Scott Fitzgerald e Italo Calvino.

Una delle illustrazioni di Valerio Vidali (Enchanted Lions Books)

Rodari lavorò in un momento cruciale per il sistema educativo italiano, interessandosi in modo molto approfondito alla pedagogia. Negli anni sessanta le scuole italiane venivano riformate per includere i bambini delle famiglie povere o operaie. I libri di Rodari, con il loro stile accessibile e i giochi di parole costruiti intorno agli errori grammaticali, tendevano la mano ai bambini che in casa non erano abituati a un italiano formale.

“Voleva che i bambini non si sentissero intimiditi, che vedessero negli errori degli strumenti per crescere e dei momenti creativi”, ha sottolineato la sua biografa Vanessa Roghi.

Libertà di immaginare

Le sue idee sono state anche criticate. La scrittrice Paola Mastrocola ha dedicato un capitolo di uno dei suoi libri a quella che a suo avviso era stata l’influenza negativa di Rodari sulla scolarizzazione. “L’idea implicita del metodo rodariano, l’idea sotterranea (ma poi neanche tanto) era che la scuola dovesse smettere di fare cose noiose”, ha scritto. “La conseguenza è stata che di colpo abbiamo ritenuto noiose materie come la grammatica, la storia, la letteratura, e abbiamo deciso quindi di non farle più”.

Rodari era stato entusiasta dell’ideologia comunista. “Viva Marx! Viva Lenin! Via Mao Tse-Tung! Viva la Juventus!”, scriveva in una lettera del 1971 al suo editore, mettendo i capi comunisti accanto alla squadra di calcio di cui era tifoso. Tuttavia non risparmiò critiche all’Unione Sovietica. “Per noi il socialismo significa più libertà, o non ha alcun significato”, dichiarava in un articolo del 1968, criticando l’invasione della Cecoslovacchia. Il messaggio politico nei suoi libri per bambini riguardava più lo sviluppo di un atteggiamento critico nei confronti del mondo così com’è, compreso il capitalismo, che l’inculcare ideali socialisti.

“Il suo progetto politico era la libertà, l’idea che il genere umano potesse liberarsi grazie allo sviluppo di un senso critico”, ha affermato la critica Massini.

Per Rodari l’immaginazione era sempre rivoluzionaria. Era convinto che quando i lettori immaginano, smettono di dare per scontate le condizioni esistenti e imparano a pensare alle alternative. Il suo mondo, che mette insieme utopia e assurdità, rimanda tanto a quello dello scrittore statunitense Dr. Seuss quanto a quello di Antonio Gramsci.

In Inventare i numeri, una delle storie contenute in Favole al telefono, due bambini cominciano a fantasticare su numeri e misure. “Quanto pesa una lacrima?”, chiede uno. L’altro risponde: “La lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1377 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati