Nel 1972 un ipnotico giro di sassofono e un canto contagioso fecero il giro del mondo. Soul makossa di Manu Dibango era più di una canzone. Era un punto esclamativo culturale che annunciava l’ingresso del Camerun sulla scena internazionale. Il suo ritmo ha riunito mondi lontani in un groove condiviso. Eppure, in sottofondo si avvertiva un motivo più fosco, una melodia di sogni infranti e potenziale inespresso. Il Camerun, spesso definito “Africa in miniatura” per la sua ricchezza culturale, è stato un esempio di dinamismo nell’epoca postcoloniale. La sua musica non faceva eccezione e generi come il makossa _e il _bikutsi incarnavano la complessità del paese: vivace, variegato e resiliente. Il makossa, in particolare, rifletteva la lotta del Camerun per l’unità. Emerso a Douala negli anni cinquanta, fondeva ritmi locali con la rumba congolese e il jazz occidentale. A distinguere Soul makossa di Dibango non è stato solo il suo _groove _contagioso: è stata una delle canzoni più campionate della storia della musica, immortalata in tracce di Michael Jackson, Rihanna, Kanye West e altri. Un’ubiquità che, però, ha avuto un costo, perché la voce originale dietro il giro di sassofono è lentamente svanita sullo sfondo. È una potente metafora del modo in cui le esportazioni culturali del Camerun sono spesso consumate senza un riconoscimento delle loro origini.

Oltre che un’innovazione camerunese, il makossa è stato un suono pan-africano e diasporico capace di superare i confini. Emerso al culmine della produzione culturale nera degli anni sessanta e settanta, condivide legami di parentela con l’highlife ghaneano, l’afrobeat nigeriano e il jazz cubano. La sua complessità ritmica e i suoi incisi melodici hanno trovato eco in tutta l’Africa e nella diaspora, colmando senza sforzo i divari linguistici. In un periodo in cui i confini dell’epoca coloniale spesso limitavano lo scambio culturale, il makossa ha fatto irruzione come una delle più precoci iterazioni di quello che oggi definiamo il movimento dell’“Africa verso il mondo”. Ha dimostrato che la musica africana, anche quando espressa in lingue locali o radicata in tradizioni culturali specifiche, poteva trascendere le barriere geografiche e linguistiche rivendicando un posto sul palcoscenico globale.

**Identità spezzata **

Mentre il makossa fioriva, la sua rilevanza rifletteva le divisioni profonde nell’identità del Camerun. Il bilinguismo inglese-francese – una difficile eredità dell’epoca coloniale – è stato a lungo una fonte di discordie culturali e politiche. Le regioni francofone dominano il panorama politico e culturale, marginalizzando le comunità anglofone. Questo divario è emerso chiaramente con la crisi scoppiata nel 2016, quando le proteste contro l’emarginazione sistematica delle comunità anglofone sono sfociate in una serie di violenze che hanno opposto le forze governative a un gruppo di ribelli separatisti, costringendo migliaia di persone ad abbandonare le loro case e soffocando l’energia creativa camerunese. Come effetto di questa instabilità è emerso il bend-skin, un genere grezzo e dalla ritmica incalzante originario di Bangangté (una città vicina alle regioni anglofone del Camerun), diventato la voce della resistenza dal basso.

Ma il tramonto dell’influenza del makossa era già cominciato negli anni duemila con l’ascesa delle piattaforme digitali che, da un lato, hanno democratizzato l’accesso alla musica e, dall’altro, hanno facilitato la pirateria, erodendo le basi finanziarie dell’industria musicale locale. Paesi come la Nigeria e il Ghana si sono adattati rapidamente alle nuove tendenze tanto che oggi l’afrobeat e l’_hiplife _dominano le frequenze internazionali. Il Camerun si è invece indebolito. L’influenza di artisti come Petit-Pays e Grace Decca si è affievolita e musicisti più giovani come Jovi e Lady Ponce faticano a destreggiarsi in un settore competitivo che attira pochi finanziamenti.

Krys M , Yaoundé, Camerun, 2023 (Krys M, Youtube)

Certo, la crisi anglofona ha accelerato il declino, costringendo alla fuga molti artisti e soffocando la produzione culturale. Un tempo forza unificante, la musica è diventata un’altra vittima della marginalizzazione e della repressione politica. Su quei locali che un tempo vibravano di creatività è calato il silenzio e gli artisti, nell’impossibilità di esibirsi, si sono ritrovati sradicati e disillusi. L’erosione dell’infrastruttura musicale del Camerun è stata un riflesso delle sue più ampie difficoltà socioeconomiche.

Eppure, restano dei barlumi di speranza con cantanti come Krys M: il suo brano Chacun sa chance è una riflessione agrodolce su temi come l’ambizione e l’opportunità. “Ognuno ha una possibilità”, canticchia Krys. Eppure il suo successo è stato in gran parte frutto del caso e non di un’industria ben strutturata.

Douala, Camerun, 2018 (Thomas Dworzak, Magnum/Contrasto)

Guardare avanti

Il makossa continua a essere qualcosa di più di un relitto del passato. Resiste come un magazzino della storia camerunese, un archivio dei suoi sogni e delle sue insoddisfazioni. Canzoni come Amie di Bebe Manga e le ballate di Grace Decca sono una cronistoria dell’esuberanza post-indipendenza e della resilienza di un popolo di fronte alle avversità.

Crescono gli sforzi per rivitalizzare questo genere musicale, soprattutto nella diaspora. Artiste come Charlotte Dipanda lo stanno ripensando, associando elementi tradizionali a sonorità contemporanee per raggiungere un nuovo pubblico. Anche i movimenti della società civile e le piattaforme digitali stanno creando nuovi spazi dove il makossa può prosperare, evolversi e ispirare le generazioni future. Dibango se n’è andato, e con lui un pezzo dell’anima culturale del Camerun. Per rivendicare ciò che è svanito a forza di campionamenti oltre a conservare bisogna reinventare e cercare nuove voci. Il viaggio del makossa, dalla sua vivace ascesa al suo silenzioso declino, riflette i conflitti del Camerun con la sua identità e la sua resilienza. La sopravvivenza culturale non può basarsi solo sulla nostalgia, serve anche il rinnovamento. Gli artisti locali danno prova, con i ritmi pulsanti del _bend-skin _o gli inni agrodolci di Krys, di una forza creativa che non si lascia abbattere.

Questa resilienza dà speranza, alla musica e più in generale al paese. Magari la lezione definitiva di Soul makossa non ci parla di ciò che si è perso, ma di ciò che resta possibile. Nel campionare e ridare forma al suo mitico giro di sax, il mondo ha trovato qualcosa di universale.

Oggi il Camerun deve rivendicare il suo ritmo, creando un futuro in cui la musica possa tornare a essere il battito del cuore del suo popolo. La sfida non è solo ascoltare, ma creare un suono che pretenda di essere ascoltato. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati