Ad Haiti la guerra si combatte anche nei cieli. Il governo sta conducendo una battaglia feroce (e finora perdente) contro le bande criminali che da un anno controllano gran parte della capitale Port-au-Prince. Ora le autorità hanno cominciato a usare i droni, nella speranza di invertire il rapporto di forze e nonostante i timori sulle possibili violazioni dei diritti umani e sul rischio di colpire i civili in un’area urbana densamente popolata.

In realtà sono state le bande a usare per primi i droni, soprattutto per seguire i movimenti della polizia e per riprendere gli attacchi, pubblicando poi i filmati sui social media. La situazione è cambiata a marzo, quando il governo ha annunciato la creazione di un’unità anticrimine armata di droni, alcuni dei quali dedicati alla sorveglianza e altri in grado di condurre attacchi “kamikaze” con esplosivi nel corso di operazioni mirate. La polizia haitiana ha sottolineato i risultati positivi dell’uso dei droni e ha diffuso un video (di scarsa qualità) in cui si vedono i criminali in fuga da una delle loro roccaforti a Port-au-Prince.

Alla fine di maggio il noto boss Andre Johnson detto Izo è rimasto ferito in un attacco con i droni. Nelle ultime settimane la polizia ha condotto raid quotidiani in tutta la capitale. Secondo un’importante organizzazione per la difesa dei diritti umani, il Réseau national de défense de droits humains (Rnddh), le incursioni avrebbero causato trecento morti e quattrocento feriti tra gli affiliati alle bande. Le informazioni sulle vittime civili invece sono limitate, perché i soccorritori di ong come Medici senza frontiere non possono operare nei territori controllati dalle bande. Le associazioni per la difesa dei diritti umani temono che l’uso di droni-bomba violi il diritto internazionale a causa della mancanza di norme chiare.

“Secondo il diritto internazionale umanitario il ricorso intenzionale delle forze di sicurezza all’uso di armi letali è legale solo quando è l’unica soluzione per proteggere vite umane da una minaccia imminente, e solo quando tutte le altre opzioni meno pericolose (come la cattura o l’immobilizzazione) sono state sperimentate”, spiega William O’Neill, esperto di diritti umani e inviato delle Nazioni Unite ad Haiti.

Dubbi sull’efficacia

Nonostante i rischi per i civili, la popolazione della capitale ha accolto con favore l’impiego dei droni. Da mesi, infatti, gli haitiani vivono nel terrore. In molti casi i criminali sono giovani tossicodipendenti costretti a compiere azioni orribili, tra cui la decapitazione e lo stupro delle loro vittime.

“Non c’è alternativa”, dice un ex leader politico. “Non penso che abbiamo altra scelta, non c’è modo di vincere con le forze che abbiamo. Stiamo lentamente sprofondando nell’abisso”. Secondo lui le preoccupazioni internazionali sull’uso di armi letali da parte della polizia haitiana sono “semplicemente ridicole. Qui dobbiamo affrontare una rivolta. È come Fallujah”, aggiunge riferendosi alla città irachena che in passato è stata teatro di scontri violentissimi.

Nel 2024 più di 5.600 haitiani sono morti a causa della violenza delle bande e il bilancio continua ad aggravarsi. Secondo le Nazioni Unite, nei primi cinque mesi del 2025 sono state uccise circa 2.680 persone. Le violenze hanno spinto 1,3 milioni di haitiani, un decimo dell’intera popolazione del paese, a lasciare le loro case. Più di due milioni di persone soffrono la fame.

Alcuni mettono in dubbio l’efficacia a lungo termine dell’uso dei droni. Finora non sono serviti ad allontanare in modo definitivo le bande dal territorio, e il governo non ha preparato una strategia per riprendersi i quartieri sotto il loro comando. “Tornano subito e occupano di nuovo i quartieri con azioni violente per terrorizzare le comunità”, si legge in un rapporto pubblicato dall’Rnddh il 12 giugno.

Secondo gli esperti i droni possono essere estremamente efficaci nelle mani di soldati professionisti, mentre nelle aree urbane possono essere abbastanza precisi da limitare le vittime civili. Resta il fatto che il loro uso ad Haiti è circondato dalla segretezza. Le informazioni pubbliche sulle regole d’ingaggio o su chi sia autorizzato a manovrare i droni scarseggiano.

Tra i motivi di preoccupazione c’è il fatto che i politici haitiani sono accusati di avere legami con le bande criminali e varie persone del consiglio presidenziale di transizione sono corrotte. Inoltre alcuni esperti sostengono che i bersagli dei raid con i droni siano scelti dal primo ministro Alix Fils-Aimé e dal consiglio presidenziale di transizione senza alcun input delle forze di sicurezza, alimentando il dubbio che i droni siano impiegati per realizzare vendette politiche. Ad Haiti non è un segreto che da anni i politici usano le bande per aumentare il proprio potere.

Intimidire la polizia

Per questo Jake Johnston, del Centre for economic and policy research di Wash­ington, teme che la situazione peggiorerà: “In alcune aree di Port-au-Prince la polizia è una minaccia comparabile a quella delle bande”, dice Johnston, sottolineando che le Nazioni Unite hanno registrato un incremento allarmante nelle esecuzioni sommarie della polizia haitiana contro persone disarmate.

Tra l’altro non è chiaro in che modo il governo, che è a corto di risorse economiche, stia pagando per avere i droni. Alcuni rapporti suggeriscono che riceva aiuto da vari imprenditori in cambio di favori politici. A maggio i criminali hanno incendiato una concessionaria di automobili di proprietà di un uomo sospettato di fornire droni al governo.

I boss mantengono un atteggiamento sprezzante. Dopo essere sfuggito a un recente attacco con i droni, il criminale più famoso dell’isola, Jimmy Cherizier, detto Barbecue, è intervenuto sui social media per minacciare le forze di sicurezza locali.

“Ho amici e fratelli in tutto il mondo”, ha scritto. “Ho denaro in abbondanza e i droni si vendono ovunque. Anche io posso procurarmeli”.

Cherizier guida una coalizione tra bande chiamata Viv Ansanm (Vivere insieme). Pochi dubitano della credibilità delle sue minacce. La settimana scorsa tre haitiani sono stati arrestati nella vicina Repubblica Dominicana e riportati ad Haiti dopo aver cercato di comprare droni da attacco per conto delle bande criminali. ◆as

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Questo articolo è uscito sul numero 1621 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati