Enrico Letta, l’ex presidente del consiglio che ha rinunciato a un incarico universitario in Francia per tornare a guidare il Partito democratico (Pd), ha assegnato uno dei due posti di vicesegretario a una donna e ha nominato otto donne tra i sedici componenti della segreteria di partito. Poi ha convinto entrambi i capogruppo in parlamento a dimettersi in modo che due donne potessero prendere il loro posto.
L’insolita epurazione di Letta è una risposta alle proteste esplose dopo che il suo predecessore aveva scelto tutti uomini per i tre i ministeri assegnati al Pd nel governo Draghi.
L’indignazione è stata il segno di un cambio delle aspettative in un paese che negli anni settanta aveva uno dei movimenti femministi più attivi e forti d’Europa, ma che poi ha perso terreno in termini di parità tra i generi. Secondo Giusi Marchetta, scrittrice femminista, uno dei fattori che hanno determinato questo arretramento è stato la nascita della tv di Silvio Berlusconi, con la sua rappresentazione delle donne ridotte a oggetti del desiderio.
Secondo l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, dal 2010 al 2018 in Italia la disuguaglianza tra i generi è aumentata di almeno dieci punti su cento, più che in qualsiasi altro stato dell’Unione europea. L’anno scorso l’Istituto ha classificato l’Italia al 13° posto tra i 27 paesi dell’Unione, dietro alla Spagna e alla Francia. L’Italia ha registrato un aumento del numero di donne che occupano posizioni di alto livello, in gran parte grazie a norme che assegnano alle donne un certo numero di posti nei consigli d’amministrazione (33 per cento) e tra i parlamentari (40 per cento). E oggi il divario di stipendio tra uomini e donne è simile a quello di molti paesi europei.
Tocca alla politica cambiare
Tuttavia questi progressi mascherano ciò che Francesca Bettio, dell’università di Siena, teme sia un problema più serio: il limitato ingresso delle donne nel mercato del lavoro. L’Italia ha il più basso tasso di occupazione femminile dell’Unione europea, il 57 per cento. Il peggiore del mondo industrializzato fatta eccezione per Messico e Turchia.
Le donne italiane hanno anche molte più probabilità degli uomini di avere impieghi part-time o con contratti a breve termine.
Questo riflette gli atteggiamenti sociali, in particolare l’idea, diffusa al sud, che le donne dovrebbero smettere di lavorare quando aspettano il primo figlio. Ma questa mentalità è al tempo stesso la causa e l’effetto di cose che i politici potrebbero cambiare, tra cui il basso livello di assistenza all’infanzia. In Italia i posti negli asili nido, pubblici e privati, sono disponibili solo per il 26 per cento dei bambini sotto i tre anni, contro più del 50 per cento in Francia e Spagna.
Il governo Draghi sta discutendo se destinare parte dei 750 miliardi di euro del fondo dell’Unione europea per la ripresa per aumentare quei posti. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1406 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati