Ci si abitua a tutto, soprattutto quando non si ha scelta. Ma non nascondiamo la verità: un secondo lockdown sarebbe una catastrofe. Psicologicamente ed economicamente, una nuova chiusura di attività economiche, scuole, università, teatri, centri sportivi e di tutto il resto avrebbe delle conseguenze molto pesanti. Ci avevamo creduto quest’estate, ma abbiamo capito che è impossibile: convivere quasi normalmente con il virus non è un’opzione. Ma tra la vita come prima e un altro lockdown, cosa scegliere? Al di là delle misure generali prese in Belgio dal governo federale, negli ultimi giorni prevale per lo più il panico: ognuno – governatori, sindaci, rettori, manager – prende le sue misure come e quando può.
Nei campus universitari, dove si moltiplicano i contagi, spuntano dubbi kafkiani. Chiudere i bar? Così gli studenti si ritroveranno nei dormitori. Interrompere le lezioni? Vuol dire che quegli studenti torneranno a casa, rischiando di mettere in pericolo i loro genitori e nonni.
Ogni organizzazione e autorità pubblica si trova di fronte a dilemmi inverosimili. Decisioni prese ieri, e che apparivano ragionevoli, oggi sono rimesse in discussione. Per esempio l’apertura dell’anno accademico, anche con rigide misure di sicurezza, ora è additata come una delle principali cause di diffusione del virus.
Tutti portano avanti una lotta schizofrenica: cercare di bloccare in ogni modo la diffusione del virus per sopravvivere e allo stesso tempo mantenere una qualche forma di normalità economica e sociale per non impazzire.
Cosa possiamo fare in questo momento senza precedenti e così preoccupante? Costruire un argine, tutti insieme. Rispettiamo le regole di distanziamento, indossiamo la mascherina, proteggiamo le persone deboli intorno a noi, favoriamo il lavoro a distanza, evitiamo di organizzare feste con molte persone e riduciamo le interazioni sociali.
Ci sentiamo un po’ come Sisifo, che ogni volta ricomincia a scalare la montagna spingendo il suo masso. Ma non abbiamo scelta: i prossimi giorni sono fondamentali per frenare una situazione che secondo gli esperti sarà presto fuori controllo. E dobbiamo accettare le incertezze: nessuno può più garantire se queste misure saranno efficaci o se l’effetto che otterranno sarà a sua volta effimero, seguito da una terza ondata e da una nuova sfida. Ma bisogna resistere. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1380 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati