Il 30 settembre il gruppo palestinese Hamas ha cominciato a esaminare il piano di pace del presidente statunitense Donald Trump per la Striscia di Gaza, approvato pubblicamente dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che però ha avvertito che l’esercito rimarrà “nella maggior parte” del territorio.

Dopo quasi due anni di guerra, la Casa Bianca ha pubblicato una proposta in venti punti per mettere fine al conflitto.

Ma l’attuazione del piano rimane circondata da molti dubbi, dopo due fragili tregue che non hanno mai portato a una pace duratura.

Una fonte palestinese vicina ad Hamas ha affermato che il gruppo ha avviato “delle consultazioni sul piano”, che potrebbero “durare diversi giorni”.

Lo stesso giorno Trump ha però fatto sapere che Hamas avrà solo “tre o quattro giorni” per dare una risposta.

“I paesi arabi sono d’accordo, i paesi musulmani sono d’accordo, Israele è d’accordo. Stiamo solo aspettando Hamas. Se non accetterà, finirà molto male”, ha dichiarato davanti alla stampa alla Casa Bianca.

Il Qatar, uno dei tre paesi mediatori insieme agli Stati Uniti e all’Egitto, ha affermato che Hamas sta esaminando il piano “in modo responsabile”.

Netanyahu ha garantito il 29 settembre il suo “sostegno” alla proposta statunitense, al termine di un incontro con Trump alla Casa Bianca.

Ma in un video pubblicato il 30 settembre ha dato l’impressione di respingere una delle principali disposizioni del piano, affermando che l’esercito israeliano “rimarrà nella maggior parte della Striscia di Gaza”.

Il piano statunitense, che ha ricevuto l’appoggio di molti governi, prevede un cessate il fuoco immediato, la liberazione entro 72 ore di tutti gli ostaggi israeliani, il disarmo di Hamas, il ritiro graduale dell’esercito israeliano, l’invio di una forza internazionale e l’insediamento di un’autorità di transizione.

Isolato a livello internazionale e contestato dai manifestanti all’interno del suo paese, Netanyahu è anche sottoposto a forti pressioni da parte dei suoi alleati di estrema destra, contrari a mettere fine alla guerra.

Il 30 settembre il ministro delle finanze Bezalel Smotrich ha definito il piano di Trump “un clamoroso fallimento diplomatico, che dimentica la lezione del 7 ottobre”.

In base al piano statunitense, dopo la liberazione degli ostaggi Israele dovrebbe rilasciare 1.700 abitanti di Gaza arrestati a partire dall’ottobre 2023 e 250 palestinesi condannati all’ergastolo.

La Striscia di Gaza sarebbe amministrata da un’autorità di transizione, dalla quale sarebbe escluso il gruppo Hamas, posta sotto la supervisione di un “comitato di pace” presieduto da Trump e in cui avrebbe un ruolo importante l’ex primo ministro britannico Tony Blair.

Gli Stati Uniti lavorerebbero poi con “partner arabi e internazionali per istituire una Forza internazionale di stabilizzazione (Isf) da schierare a Gaza”.