Il 25 settembre diciassette persone sono morte in uno scontro tra bande rivali in una prigione a Esmeraldas, nel nordovest dell’Ecuador. È stato il secondo episodio di questo tipo in pochi giorni nel paese sudamericano.

“Lo scontro ha causato la morte di diciassette detenuti”, ha affermato l’autorità penitenziaria Snai in un comunicato.

In precedenza la polizia aveva fornito un primo bilancio di dieci morti.

Alcune immagini diffuse sui social network, e verificate dall’Afp, mostrano i corpi di una decina di uomini in terra, a torso nudo e ricoperti di sangue. Molti sono decapitati.

Centinaia di familiari dei detenuti hanno raggiunto la prigione di Esmeraldas, vicino al confine con la Colombia, per avere notizie, hanno riferito i giornalisti dell’Afp.

La prigione ha una capacità ufficiale di 1.100 detenuti, ma nel 2022 ne ospitava più di 1.400, secondo la Snai.

Il 22 settembre tredici detenuti e un agente penitenziario erano morti nelle violenze scoppiate in una prigione a Machala, nel sudovest del paese. Nell’occasione i detenuti avevano usato anche bombe e granate.

Dal 2021 gli scontri tra bande rivali nelle prigioni dell’Ecuador hanno causato più di cinquecento morti.

Le prigioni ecuadoriane sono sotto il controllo dell’esercito dal 2024, quando il presidente Daniel Noboa aveva proclamato un “conflitto armato interno” contro circa venti organizzazioni criminali legate ai principali cartelli della droga internazionali.

Negli ultimi anni l’Ecuador, un tempo considerato un’oasi di pace in America Latina, è diventato un importante centro logistico per le spedizioni di cocaina verso gli Stati Uniti e l’Europa.

Secondo i dati del governo, più del 70 per cento della cocaina prodotta in Colombia e Perù passa per i porti ecuadoriani.