Le Nazioni Unite hanno annunciato il 31 agosto che almeno undici impiegati nello Yemen sono stati arrestati dai ribelli huthi, che stanno conducendo una campagna di arresti dopo l’uccisione il 28 agosto del loro primo ministro in un raid aereo israeliano.
L’annuncio della morte del capo del governo degli huthi, Ahmad Ghaleb al Rahawi, e di vari ministri ha suscitato le ire dei ribelli, che il 31 agosto hanno minacciato d’intensificare gli attacchi contro Israele.
“Almeno undici impiegati delle Nazioni Unite sono stati arrestati a Sanaa e Hodeida”, ha affermato in un comunicato l’inviato dell’Onu per lo Yemen, Hans Grundberg, denunciando “misure del tutto arbitrarie”.
Grundberg ha anche denunciato “l’irruzione negli uffici delle Nazioni Unite e il sequestro di beni appartenenti all’organizzazione”.
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In precedenza il Programma alimentare mondiale (Pam) aveva annunciato l’arresto di uno dei suoi impiegati nella capitale Sanaa, controllata dagli huthi dal 2014.
“La detenzione arbitraria di membri del personale umanitario è inaccettabile”, ha affermato il Pam.
L’omicidio di Al Rahawi ha scatenato un’ondata di arresti nelle aree dello Yemen controllate dagli huthi.
Il 30 agosto una fonte della sicurezza yemenita aveva confermato all’Afp l’arresto a Sanaa, Amran (nord) e Dhamar (sudovest) di decine di persone “sospettate di collaborare con Israele”.
Dopo più di dieci anni di guerra civile, nello Yemen è in corso una delle crisi umanitarie più gravi del mondo, secondo le Nazioni Unite.
Il 24 agosto l’aviazione israeliana aveva bombardato le posizioni dei ribelli huthi a Sanaa, causando sei morti e 86 feriti, una settimana dopo raid simili.
Sostenendo di agire in solidarietà con gli abitanti della Striscia di Gaza, gli huthi lanciano regolarmente missili e droni verso il territorio israeliano, anche se la maggior parte viene intercettata.