L’Unione europea ha inasprito le sanzioni contro Mosca, prendendo di mira il petrolio russo, sperando che si uniscano anche gli Stati Uniti.

Questo pacchetto di sanzioni, il diciottesimo dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, è “uno dei più severi contro la Russia fino a oggi”, ha assicurato il ministro degli esteri dell’Unione europea Kaja Kallas.

Il ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot ha accolto con favore le sanzioni “senza precedenti”, che includono tra le altre cose un abbassamento del tetto massimo al prezzo delle esportazioni di greggio russo, ora fissato a poco più di 45 dollari al barile, il 15 per cento in meno rispetto al prezzo medio di mercato di un barile di petrolio russo.

Il meccanismo vieta a qualsiasi compagnia petrolifera, flotta mercantile, di vendere petrolio russo al di sopra di un certo prezzo.

L’Unione europea ha vietato tutte le importazioni di petrolio russo nel suo territorio, ma Mosca continua a esportare il suo greggio verso altri paesi, tra cui India e Cina.

“Le esportazioni di petrolio rappresentano ancora un terzo delle entrate della Russia. Dobbiamo ridurre questa fonte di reddito”, ha sottolineato la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen a giugno.

Per ridurre queste entrate da cui la Russia dipende per finanziare la sua guerra contro l’Ucraina, il G7 ha deciso alla fine del 2022 di fissare un prezzo massimo di vendita di 60 dollari al barile. Ma questo prezzo è ora considerato troppo alto, data l’attuale tendenza al ribasso del valore di mercato del petrolio.

E se questo calo dei prezzi del petrolio dovesse continuare, il nuovo meccanismo consentirebbe di seguire la tendenza, mantenendosi al 15 per cento al di sotto del prezzo medio, un sistema considerato più flessibile ed efficiente del precedente.