Il 17 giugno il Brasile ha venduto a quattro multinazionali, nel corso di un’asta contestata dagli ambientalisti, i diritti di sfruttamento di alcuni giacimenti petroliferi al largo della foce del Rio delle Amazzoni, mentre il paese sudamericano si prepara a ospitare la Cop30 a novembre.
Diciannove dei 47 blocchi messi all’asta dall’Agenzia nazionale del petrolio (Anp) sono stati venduti per un totale di 844 milioni di reais, pari a circa 153 milioni di dollari.
Se li sono aggiudicati due consorzi: il primo formato dall’azienda petrolifera statale Petrobras e da quella statunitense ExxonMobil, e il secondo dalla statunitense Chevron e dalla cinese Cnpc.
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Prima di poter avviare l’esplorazione petrolifera in questi giacimenti che si trovano in acque profonde, le aziende dovranno ottenere una serie di licenze ambientali, un processo che potrebbe richiedere anni.
Due vicini del Brasile, il Suriname e la Guyana, hanno già avviato l’esplorazione petrolifera al largo dell’Amazzonia.
“È allarmante che più del 40 per cento dei blocchi abbia trovato acquirenti”, ha commentato Mariana Andrade di Greenpeace Brasile.
“Avendo ottenuto ben dieci blocchi in consorzio con la ExxonMobil, la Petrobras ha assunto un ruolo di primo piano in un progetto politico che mina la credibilità ambientale del Brasile”, ha aggiunto.
Circa cento manifestanti, tra cui molti nativi in abiti tradizionali, si sono radunati davanti all’hotel di Rio de Janeiro in cui si è svolta l’asta.
A dimostrazione del fatto che la questione suscita forti tensioni anche all’interno dell’apparato statale, il 12 giugno la procura federale brasiliana aveva chiesto la sospensione dell’asta, sostenendo che violerebbe “una serie di obblighi legali e impegni climatici”.
“Non possiamo lasciare intoccati i nostri giacimenti offshore perché ci daranno i fondi necessari alla transizione energetica e a preservare le nostre foreste”, aveva dichiarato a febbraio il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, promettendo di evitare “danni ambientali”.
A novembre il paese più grande dell’America Latina ospiterà a Belém la conferenza delle Nazioni Unite sul clima Cop30.
5,3 milioni di barili
“Il Brasile dispone già di riserve di petrolio sufficienti a soddisfare la sua domanda interna nell’ambito di una transizione energetica graduale”, ha affermato il 17 giugno la sezione brasiliana del Wwf.
“La crisi climatica richiede decisioni coraggiose e orientate al futuro, non al passato”, ha aggiunto.
Il Brasile vorrebbe arrivare a produrre 5,3 milioni di barili di petrolio al giorno entro il 2030, contro i 4,68 milioni di barili al giorno dell’aprile 2025, secondo i dati ufficiali.