Il 9 giugno il presidente statunitense Donald Trump ha rafforzato la risposta agli scontri tra polizia e manifestanti a Los Angeles, schierando i marines e richiamando altri duemila riservisti, misure definite sproporzionate e illegali dall’opposizione.
Dopo vari giorni di scontri tra le forze di sicurezza e i manifestanti contrari alle espulsioni di massa degli immigrati irregolari, Trump ha preso la decisione eccezionale di schierare sul territorio statunitense settecento militari in servizio attivo nel corpo d’élite dei marines.
Ha inoltre ordinato l’invio di altri duemila effettivi della guardia nazionale, una forza nazionale di riservisti, che si aggiungono ai circa 2.100 già mobilitati.
A Los Angeles e altrove, tuttavia, la situazione sembra essersi calmata, con incidenti sporadici e localizzati.
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A Santa Ana, cinquanta chilometri a sudovest di Los Angeles, la sera del 9 giugno le forze di sicurezza hanno sparato gas lacrimogeni e granate stordenti contro i manifestanti che scandivano slogan contro gli agenti della United States immigration and customs enforcement (Ice).
Alcuni scontri sono stati segnalati anche a New York e in Texas. A New York la polizia ha effettuato alcuni arresti durante una manifestazione, mentre ad Austin, in Texas, ha sparato gas lacrimogeni.
Il ricorso alle forze militari federali in California ha provocato la rabbia dei manifestanti e di molti esponenti del Partito democratico, che hanno accusato Trump di alimentare le tensioni.
“Dovrebbero proteggerci e invece ci attaccano”, ha dichiarato all’Afp Kelly Diemer, una manifestante di 47 anni, aggiungendo che gli Stati Uniti “non sono più una democrazia”.
Gavin Newsom, il governatore democratico della California, ha affermato che la decisione di schierare i marines “è la folle fantasia di un presidente dittatoriale”.
“Tutto questo non ha niente a che fare con la sicurezza pubblica. È solo un modo per gratificare l’ego di un presidente pericoloso”, ha aggiunto.
L’accademica ed ex ufficiale Rachel VanLandingham ha dichiarato all’Afp che la decisione di schierare un’unità d’assalto come i marines è “estremamente rara e potenzialmente pericolosa, perché non sono addestrati al mantenimento dell’ordine e non sono abituati a collaborare con le forze di sicurezza locali”.
Chiaramente deciso a inasprire ulteriormente i toni, il 9 giugno Trump ha lanciato sul suo social network Truth Social un avvertimento a quelli che definisce “insorti”: “Se ci sputano colpiremo, e posso promettere che colpiremo come mai prima d’ora”.
Lo stesso giorno il procuratore generale della California Rob Bonta ha annunciato che porterà Trump in tribunale, sottolineando che “la decisione di mobilitare la guardia nazionale senza l’approvazione del governatore viola la costituzione”.