La mattina del 6 maggio i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno condotto un nuovo attacco con i droni contro l’aeroporto e una base militare a Port Sudan, nel nordest del paese. La città, colpita per il terzo giorno consecutivo, ospita la sede provvisoria del governo che guidava il paese al momento dello scoppio della guerra civile.
Un corrispondente dell’Afp ha riferito di aver sentito forti esplosioni nella città che finora era stata relativamente risparmiata dal conflitto in corso dall’aprile 2023.
“Un drone ha colpito la parte dell’aeroporto destinata a uso civile”, ha dichiarato all’Afp un responsabile della struttura che ha chiesto di restare anonimo.
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Il 4 maggio la parte dell’aeroporto destinata ai trasporti militari era stata presa di mira da un attacco con i droni che aveva portato alla sospensione dei voli. L’esercito ha puntato il dito contro le Rsf.
Una fonte militare ha riferito all’Afp che il 6 maggio i droni hanno colpito anche la principale base militare nel centro della città e un deposito di carburante vicino al porto.
Il 5 maggio, secondo il ministero dell’energia, era stato invece colpito il più grande deposito petrolifero del paese, sempre a Port Sudan.
Le Rsf, che negli ultimi mesi hanno dovuto ritirarsi da molte aree del paese, usano i droni per colpire in profondità le posizioni delle forze governative.
Queste forze, guidate dal generale Abdel Fattah al Burhan, erano state costrette ad abbandonare la capitale Khartoum all’inizio del conflitto, si erano ritirate verso est e avevano trasferito la sede del governo a Port Sudan, dove si trovano anche le agenzie delle Nazioni Unite e centinaia di migliaia di sfollati. Solo alla fine di marzo di quest’anno hanno riconquistato Khartoum.
La guerra civile tra l’esercito e i paramilitari delle Rsf, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, ha causato decine di migliaia di morti e circa tredici milioni di sfollati. La crisi umanitaria in corso è una delle più gravi della storia recente.
Sia l’esercito sia le Rsf sono accusate di crimini di guerra per aver deliberatamente preso di mira i civili e bloccato gli aiuti umanitari.
Nel Darfur, nell’ovest del Sudan, si sono verificate alcune delle peggiori atrocità del conflitto, tra cui bombardamenti di aree residenziali, attacchi a campi di sfollati e violenze a sfondo etnico sistematiche.