Il 28 aprile i ribelli huthi dello Yemen hanno annunciato che almeno 68 persone sono morte in un raid statunitense contro un centro di detenzione per migranti africani a Saada, nel nordovest del paese.
“Secondo la difesa civile, 68 africani sono morti e 47 sono rimasti feriti nell’atto di aggressione statunitense contro un centro di detenzione per migranti irregolari a Saada”, ha riferito l’emittente tv dei ribelli Al Massira.
Il centro ospitava 115 migranti, secondo un comunicato del ministero dell’interno dell’amministrazione huthi, citato da Al Massira.
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Dal 15 marzo gli Stati Uniti bombardano quasi quotidianamente i ribelli huthi, sostenuti dall’Iran, nell’ambito dell’operazione Rough rider, il cui obiettivo è mettere fine ai loro attacchi alle navi nel mar Rosso e nel golfo di Aden.
Il 27 aprile l’esercito statunitense aveva affermato di aver colpito finora più di ottocento obiettivi nello Yemen, uccidendo centinaia di “combattenti” , tra cui alcuni leader.
Gli huthi, che controllano ampie zone dello Yemen, hanno cominciato a prendere di mira il trasporto marittimo alla fine del 2023, sostenendo di agire in solidarietà con gli abitanti palestinesi della Striscia di Gaza.
Rivendicano inoltre regolarmente il lancio di missili verso Israele, che però vengono intercettati dalla difesa aerea israeliana.
Secondo lo United States central command (Centcom), “l’Iran continua a fornire sostegno agli huthi”.
I ribelli huthi sono attualmente tra gli elementi più attivi del cosiddetto “asse della resistenza” a guida iraniana, dopo l’indebolimento del gruppo libanese Hezbollah e di quello palestinese Hamas, e la caduta del regime di Bashar al Assad in Siria.
Gli Stati Uniti avevano condotto i primi bombardamenti nello Yemen già nel gennaio 2024, ma i raid si sono intensificati dopo l’insediamento di Donald Trump.
Secondo un conteggio dell’Afp basato sui dati forniti dagli huthi, dal 15 marzo i raid statunitensi hanno causato almeno 228 morti nello Yemen.