I sondaggi non lo avevano previsto, e questo alimenta ancora di più il trionfalismo di Javier Milei. Il presidente argentino, l’uomo con la motosega che nessuno aveva preso sul serio quando è stato eletto due anni fa, non prende i successi con modestia: “Il popolo argentino ha deciso di lasciarsi alle spalle cent’anni di decadenza”, ha dichiarato.
Il primo a essersi complimentato con Milei per la vittoria elettoraleè stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. C’era da aspettarselo, considerando che ha contribuito parecchio a questo trionfo.
Due settimane fa aveva promesso venti miliardi di dollari di aiuti all’Argentina per farle superare le difficoltà finanziarie. Ma aveva posto una condizione: Milei avrebbe dovuto vincere le elezioni di metà mandato. Quanto ha pesato questa “carota” sulla scelta degli elettori? Di sicuro si tratta della più grande “compravendita di voti” nella storia…
Trump ha trasformato Milei nel suo principale alleato in America Latina, un continente a cui presta un’attenzione particolare come mostra il suo attivismo militare al largo delle coste del Venezuela e della Colombia. Il risultato ottenuto con Milei lo incoraggerà a intensificare la sua influenza sul continente, contro la sinistra e contro l’espansione della Cina.
Dare tutto il merito alla promessa di Trump sarebbe però un errore, anche se tra i due leader esiste una reale convergenza ideologica.
È importante cercare di capire le ragioni del successo di Milei, un presidente libertario, paladino di un’ideologia che vuole distruggere lo stato in nome della libertà e che si accanisce a colpi di motosega sui programmi sociali.
Come Trump, Milei appare immune a tutto, dagli scandali che coinvolgono il suo entourage ai pensionati che manifestano perché vedono svanire le loro pensioni. Milei va avanti, tra eccessi ripetuti e insulti agli avversari.
Terapia d’urto
Approfittando della polarizzazione dell’Argentina, Milei demonizza i peronisti, la corrente populista di sinistra lontana erede di Juan ed Evita Perón, accusata di essere responsabile della crisi. Il crollo ai minimi storici dei peronisti, dimostra che una parte dell’elettorato ha scelto di bere la pozione amara di Milei.
C’è un dato significativo nel bilancio di Milei: è quello dell’inflazione, passata dal 300 per cento di due anni fa al 32 per cento di settembre. È ancora alta, ma il miglioramento permette al presidente argentino di dire che il paese è sulla buona strada.
Per il momento, però, è una terapia d’urto: quasi metà della popolazione argentina vive al di sotto della soglia di povertà, a cominciare da tutti quelli che non beneficiano più del sistema assistenziale creato dai peronisti. Eppure, nonostante le difficoltà, gli elettori preferiscono ancora affidarsi a Milei per rimettere in sesto il paese, piuttosto che ai politici più attenti ai problemi sociali ma responsabili di aver portato il paese sull’orlo del fallimento.
I seguaci di un regime radicale alla Milei si moltiplicano in altre aree del mondo, Europa compresa. Come in Argentina, si nutrono della sfiducia nei confronti di una classe politica che ha governato senza riuscire a risolvere i problemi. Se l’Argentina può insegnarci qualcosa, è che non bisogna sottovalutare questo rifiuto, anche se l’alternativa non ha prodotto buoni frutti.
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(Traduzione di Andrea Sparacino)
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