I numeri parlano chiaro: nel 2024 il numero delle nascite in Giappone ha toccato il livello più basso dal 1899, quando nel paese si è cominciato a tenerne nota. Se combinato al numero dei decessi, ci sono stati più di due morti per ogni nuovo nato. Un’emergenza da risolvere entro il 2030, avverte il governo, altrimenti sarà troppo tardi per invertire la rotta.

La città di Tokyo – governata dal 2016 da Yuriko Koike, la prima donna a ricoprire la carica – ha messo in campo varie strategie per provare a farlo e da questo mese ha introdotto la settimana lavorativa di quattro giorni per i dipendenti della municipalità, che impiega 160mila persone ed è il principale datore di lavoro del paese.

L’idea alla base della misura è che un miglior equilibrio tra lavoro e vita personale favorirà i matrimoni – nel 2024 per la prima volta in novant’anni sono rimasti sotto il mezzo milione – e quindi le nascite (in Giappone i figli nati fuori dal matrimonio sono pochissimi). Ma anche, stando alle parole della governatrice Koike, che “nessuno deve sacrificare la carriera per eventi legati alla vita privata come la nascita di un figlio”. Per questo, ha detto Koike, “continueremo a rivedere con flessibilità il modo di lavorare”. Finora il governo della capitale aveva osservato un regime che consentiva ai dipendenti di prendere un giorno libero extra ogni quattro settimane. Ora potranno aggiungere un giorno libero in più alla settimana, riducendo a quattro quelli di lavoro.

Il governo giapponese aveva abbracciato l’idea già nel 2021, offrendo consulenze gratuite e sovvenzioni per motivare i datori di lavoro ad aiutare gli impiegati e le impiegate a cercare una miglior equilibrio vita-lavoro. Dal 1 aprile di quest’anno, inoltre, sono entrati in vigore alcuni emendamenti che richiedono alle aziende di offrire ai dipendenti (donne e uomini) con figli piccoli opzioni di lavoro flessibile, come orari ridotti e lavoro da remoto, anche se finora solo l’8 per cento delle imprese ha accolto l’invito. Ma la novità introdotta per i dipendenti della municipalità di Tokyo è finora la misura più rivoluzionaria, considerato anche che è applicata in un paese dove la cultura del superlavoro è ben radicata, gli straordinari (non pagati) sono considerati la norma e incoraggiati, e dove esiste una parola per la morte da troppo lavoro (karoshi).

Il merito è in parte dell’ong britannica 4 day week global, che promuove la settimana lavorativa breve in tutto il mondo e ha avviato dei progetti pilota in venti paesi con contesti socioeconomici e culturali diversi con gli stessi risultati: “La produttività aumenta, la capacità di attirare e trattenere lo staff migliora, e i giorni di malattia si dimezzano”. Il punto è che in qualsiasi contesto o paese le persone dicono di avere troppo poco tempo libero.

A una conclusione e a misure simili, ma per affrontare un problema diverso, sta arrivando la Cina, che deve sì risolvere diverse questioni tipiche dei paesi industrializzati, tra cui l’invecchiamento della popolazione, ma che oggi ha più che altro l’urgenza di spingere i consumi interni per alleggerire la dipendenza dell’economia dall’export e dalle infrastrutture. A marzo il governo di Pechino ha presentato un nuovo “piano d’azione speciale” per aumentare la domanda interna, promettendo di affrontare “importanti punti dolenti come la cultura del lavoro straordinario” e di proteggere “il diritto al riposo e alle vacanze”. Quest’anno ha anche aggiunto al calendario ufficiale due giorni di festa nazionale.

Racconta l’Economist che negli ultimi mesi, inoltre, si è registrata tra alcune grandi aziende la tendenza a limitare le ore di lavoro: il gigante degli elettrodomestici Midea ha lanciato una campagna contro gli “straordinari inutili” (il 95 per cento è solo performance, sostiene il titolare), mandando a casa gli impiegati alle 18 e 20. L’azienda leader mondiale nella produzione di droni commerciali, la Dji, nota per gli orari di lavoro disumani, ha cominciato a chiudere gli uffici alle nove di sera. Qualcuno sostiene che questi cambiamenti, in realtà, hanno a che fare con la nuova norma europea che vieta l’importazione di prodotti del lavoro forzato (definizione che include gli straordinari eccessivi). La popolazione è comunque sensibile all’argomento, dato che finora due giorni di riposo settimanale sono stati tutt’altro che scontati.

Questo testo è tratto dalla newsletter In Asia.

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