Il 7 ottobre Mariam (il nome è stato cambiato per tutelare l’identità della persona) ha cominciato a frequentare le lezioni di economia all’università. Si è seduta tra i banchi con le altre studenti e ha ascoltato il professore spiegare alcune nozioni di economia. Le sembrava tutto irreale. Pochi giorni prima era nella città di Gaza con la madre, il padre e i fratelli, sotto bombardamenti incessanti. È per questo che non riesce a trattenere le lacrime mentre parla: è al sicuro ora, ma i suoi familiari sono rimasti nella Striscia di Gaza. E una parte di lei è rimasta con loro. “Non riesco ancora a realizzare completamente quello che è successo, sono molto contenta di essere arrivata in Italia, ma con la testa sono ancora a Gaza, sono preoccupata per la mia famiglia e per i miei amici”, dice in un inglese perfetto, che ha studiato all’università Al Aqsa in Palestina.
Mariam, 27 anni, è una dei 39 studenti e ricercatori arrivati in Italia dalla Striscia di Gaza il 1 ottobre grazie a un “corridoio universitario”, cioè un sistema di accoglienza per studenti stranieri in situazioni di necessità. Ha vinto una borsa di studio nel programma Italian universities for Palestinian students (Iupals) a luglio, ma ha dovuto aspettare mesi prima di ricevere il visto e poter lasciare il paese.
A un certo punto sembrava che arrivare in Italia fosse diventato impossibile ma alla fine di settembre, una settimana prima del trasferimento, è stata avvertita con un’email e una telefonata che era tutto pronto e che avrebbe fatto parte del primo gruppo di studenti e ricercatori gazawi in partenza con un ponte aereo.
Ora ha una camera tutta sua in uno studentato nel centro di una città dell’Italia del nord, condivide la cucina e i servizi con altre ragazze, si gode il sole di ottobre all’aria aperta durante una passeggiata. “Sono tutti molto gentili con me, mi stanno aiutando molto”, racconta, ma poi ripercorre le ore che hanno preceduto l’evacuazione dalla Striscia.
L’operazione è stata avviata nella notte tra il 28 e il 29 settembre e ha coinvolto un gruppo di 72 palestinesi, tra cui “studenti e persone che si ricongiungevano alle famiglie”. Si è svolta “nei pressi dell’ospedale Shuhada Al Aqsa, situato a Deir Al Balah, nel cuore della Striscia di Gaza”, informa un comunicato del governo italiano.
“Ci hanno chiamato e ci hanno chiesto di raggiungere l’ospedale”, racconta Mariam. “Poi abbiamo aspettato per ore dentro alcuni pullman che i soldati israeliani ci lasciassero partire”, racconta.
Tra i bombardamenti, gli studenti hanno raggiunto il valico di Karem Shalom, poi si sono diretti in Giordania, dove hanno ricevuto il visto e si sono imbarcati sui voli che li hanno portati in Italia. “Sono arrivata di notte, mi sembrava tutto irreale. Sono da sola qui, non ho nessuno, sono l’unica palestinese in questa università”, racconta.
I 72 palestinesi, tra cui i 39 studenti, sono arrivati all’aeroporto di Roma e a quello di Milano con due voli messi a disposizione dalla guardia di finanza e dalla protezione civile. La missione è stata coordinata dalla presidenza del consiglio, dal ministero degli esteri e dal ministero della difesa, in collaborazione con i servizi segreti italiani.
Nelle stesse ore è stato organizzato anche un altro corridoio umanitario verso l’Italia, che ha portato qui ottanta palestinesi con problemi gravi di salute, tra cui alcuni bambini, trasferiti negli ospedali italiani per essere curati.
Studiare per tornare
“Ora voglio finire i miei studi, ma poi vorrei tornare a Gaza. La cosa più importante per me è tornare a Gaza, dalla mia famiglia, mettere a disposizione quello che so, per il benessere del mio popolo”, afferma Mariam, che comincerà presto a frequentare anche dei corsi di italiano e che ha chiesto di essere seguita da una psicologa. Non riesce a dormire e ha delle improvvise crisi di pianto.
“A Gaza internet non c’è sempre, va e viene. Ogni volta che non riesco a sentire la mia famiglia sto male”, racconta. Ma ci sono ancora almeno 150 studenti e ricercatori che aspettano il via libera dalle autorità italiane per essere trasferiti, probabilmente nelle prossime settimane. Alcuni sono già stati contattati, ma c’è molta confusione. Nelle chat di WhatsApp gli studenti beneficiari delle borse di studio in Italia si scambiano messaggi di continuo, temono di essere lasciati indietro. Chiedono che tipo di documenti portare, come prepararsi al trasferimento o aprire un conto in banca in Italia.
“A Gaza ci sono ancora circa 150 studenti che hanno già ottenuto una borsa di studio e aspettano di partire. Non abbiamo tempi certi, ma speriamo avvenga il più presto possibile”, spiega Maria Grazia Pataria, dell’associazione Fiori dai cannoni, che da luglio segue la vicenda.
“Ma è difficile fare previsioni esatte perché la situazione sul campo cambia rapidamente”, continua. L’associazione Fiori dai cannoni ha lanciato una raccolta di beni di prima necessità per gli studenti arrivati: prodotti per la cura della persona, biancheria per la casa, scarpe e abbigliamento, farmaci di base e primo soccorso, computer, cellulari e tablet, occhiali e lenti a contatto, cancelleria, zaini, borse.
“Abbiamo anche avviato partnership con delle aziende per cofinanziare borse di studio e per garantire tirocini e supporto professionale”, conclude Patania. Le prime collaborazioni istituzionali sono state firmate con la regione Sardegna, la regione Puglia e altri atenei. Intanto, secondo alcune fonti, il prossimo corridoio dovrebbe partire alla fine di ottobre.
Ma gli studenti ancora a Gaza temono che qualcosa possa cambiare, anche se sono contenti che sia stato appena annunciato il cessate il fuoco previsto dalla prima fase dell’accordo tra Israele e Hamas. Gli hanno detto di non credere a nessuna informazione che non arrivi direttamente dalle autorità italiane e dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui).
“A Gaza anche il mare è imprigionato, ma continua a muoversi. Possiamo imparare dal mare? Andare avanti nonostante tutto, parlare nel silenzio, guarire e provare ancora?”, chiede Mariam in una poesia che ha scritto qualche mese fa, mentre era ancora a Gaza. “Spero che anche tutti gli altri studenti arrivino sani e salvi il prima possibile, Inshallah”.
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